Cancellare i commenti

Quando ho iniziato a scrivere su questo blog non sapevo bene cosa avrei fatto. Per la verità anche ora, dopo quasi sette anni che scrivo, navigo abbastanza a vista perché anche se so che mi occuperò di determinati argomenti decido cosa scrivere di giorno in giorno. Però ci sono anche cose di cui non ho mai immaginato che avrei scritto fino al momento in cui non mi sono messa a farlo.

In genere non scrivo cose personali, proprio perché sono cose personali e non mi va di metterle in piazza. Non scrivo nemmeno di politica o attualità, perché ho notato che sono argomenti che fanno nascere discussioni lunghissime che non approdano a nulla, in cui in genere le due parti in causa si arrabbiano e magari si insultano a vicenda senza che nessuna delle due modifichi la sua opinione di un’unghia. Con premesse di questo tipo certe discussioni mi sembrano inutili, e anche se non lo fossero io non ho l’energia per sostenerle.

Io parlo di libri. Amo i libri fin da quando ho imparato a leggere, prima ancora di iniziare la scuola elementare. Mi piace leggere e mi piace anche scrivere, e questo blog è il risultato delle mie passioni. Non ho la pretesa di essere infallibile, di non fare errori, né ho mai pensato che quel che piace a me debba piacere a tutti. Però questo è il mio spazio, e anche se chiunque può commentare ed esprimere la sua opinione, a gestirlo sono io. Non ho problemi con chi mi dice che la pensa in modo diverso da me, ho problemi con chi mi dice cosa devo fare.

Quasi sette anni. Di solito non intervengo sulle pagine vecchie, se non per rispondere agli eventuali commenti fatti da qualcuno che si è imbattuto in un vecchio articolo del mio blog per caso o per correggere i refusi che noto quando per qualche motivo mi capita di rileggere qualcosa che ho scritto in precedenza. I refusi sono fetenti, si nascondono dietro al fatto che noi sappiamo quel che volevamo scrivere e così quando rileggiamo un testo vediamo quel che avremmo voluto scrivere e non quel che abbiamo scritto davvero. Solo quando il testo ha avuto modo di sedimentare un po’, di uscire dai nostri ricordi, lo rileggiamo per come è scritto davvero.

Togliere i refusi è una modifica insignificante sul testo che faccio perché quando li vedo mi irritano. A volte faccio modifiche più consistenti, aggiungo un dettaglio importante quando lo vengo a sapere in seguito, anche se, se è davvero importante e riguarda qualcosa di cui mi occupo abitualmente, è più facile che dedichi a quel dettaglio un articolo apposito. In qualche caso dei lettori mi hanno fatto notare un mio errore, e ho sempre corretto lasciando comunque una traccia visibile dell’errore. In genere segnalo le modifiche più grandi rispetto alla semplice correzione di un refuso con la dicitura EDIT. Io non ho la pretesa di essere perfetta, se sbaglio lo riconosco, sistemo quel che posso, ringrazio e vado avanti.

In un caso ho cancellato un intero articolo. Al suo interno definivo “molto brava” (o “in gamba”, o in modo simile, non ricordo le parole precise) una persona, poi, conoscendo meglio questa persona, ho cambiato idea. Potevo convivere con una definizione in cui non mi riconoscevo più, se non fosse che questa persona continuava a rinfacciarmi quelle parole per dimostrarmi che io ero una persona falsa che si divertiva a pugnalare gli altri alle spalle. Non voleva accettare il fatto che la mia affermazione iniziale fosse stata sincera e che poi il suo comportamento mi avesse fatto cambiare idea, perché lui sapeva meglio di me quel che pensavo io e quindi tutte le mie parole più recenti erano solo menzogne. Ho tentato più volte di spiegare che si stava sbagliando e che si era offeso perché aveva interpretato male quel che avevo scritto. Il fatto che io in seguito mi fossi arrabbiata perché lui mi accusava di un bel po’ di cose (anche di cose fatte da altri, e di cui io non sapevo nulla fino a quando non me ne aveva parlato lui) ma rifiutava di ascoltare ogni mia spiegazione, era un’ulteriore prova della mia falsità. Stanca del suo vittimismo ho cancellato un articolo che riportava opinioni che non condividevo più.

Quest’episodio mi ha confermato che non bisogna mai discutere con chi non vuole ascoltare, è solo tempo perso. Io dico quel che penso, se chi parla con me ha voglia di dialogare andiamo avanti, se però rifiuta anche solo di provare ad ascoltarmi perché è convinto di sapere già tutto il discorso finisce lì. Tutte le discussioni con il tizio di cui sopra sono finite perché io ho smesso di scrivere (in più discussioni) lasciandogli l’ultima parola, anche se pensavo che la sua ultima parola fosse una fesseria, perché mi ero stancata di perdere tempo.

Fino a ora non avevo mai cancellato commenti. Al di là del puro e semplice spam non avevo lasciato apparire sul blog solo un semplice commento di insulti (sì, una volta un simpaticone ha deciso, senza nessun tipo di spiegazione, che non aveva niente di meglio da fare che fermarsi per insultarmi un po’) e un altro che rimandava a un sito di download illegali. Chissà perché se percepisco che c’è qualcosa di illegale non consento al commento di apparire…

Ora mi sono ritrovata una persona, per comodità lo chiamerò Egocentrico, che non vuole più apparire sul mio blog e quindi vuole tutti i suoi commenti cancellati. Tranquillo, Egocentrico, il tuo nome sul mio blog non c’è più, ho cancellato i commenti prima di pubblicare quest’articolo. Quello che ho cancellato, però, è solo il tuo preziosissimo nome, il resto l’ho solo spostato. Qui.

La discussione, che ora non c’è più, è nata in coda a un articolo su Robert Jordan: https://librolandia.wordpress.com/2013/01/24/a-memory-of-light-una-conclusione-per-la-ruota-del-tempo/.

Ora, nessuno è obbligato a venire a scrivere qualcosa sul mio blog. Nessuno è obbligato a leggermi, figuriamoci a scrivermi. Se lo fa è una sua libera iniziativa. E se io rispondo è per gentilezza, non ho alcun obbligo di rispondere, né di fare quel che mi viene chiesto. Ovvio, se non rispondo mai a chi mi scrive finisco con il perdere i lettori, ma questi sono cavoli miei. Obblighi non ce ne sono, in nessun senso.

Ho salvato le varie immagini della nostra conversazione con il tasto Stamp, le riporto qui (con il nome di Egocentrico e il suo avatar debitamente oscurati, così nessuno può sapere chi è e la sua preziosa privacy è salva) con qualche commento mio. Magari esiste un modo migliore per salvare una conversazione di questo tipo cancellando l’identità di uno dei due interlocutori ma io non lo conosco, le mie conoscenze informatiche sono quelle che sono e io faccio del mio meglio con quello che so fare. Ovvio che quando il testo, per via della sua lunghezza, esce da una schermata, a me servono due o più foto per riportarlo nella sua interezza. Non ho comunque cambiato nulla nelle nostre parole.

Egocentrico chiede informazioni su una saga, fin qui tutto bene. Quanti di voi hanno fatto altrettanto? Per me è un commento come chissà quanti altri. Io ho cercato di rispondere dando un’idea della saga nei suoi elementi fondamentali, positivi e negativi: inizio tolkieniano, struttura, importanza delle donne – con sottolineatura del fatto che qualcuno le trova insopportabili, elemento che mi pare importante per chi deve decidere se leggere o no i libri – presenza di elementi quali magia, duelli, intrighi politici, congiure, avventura, romanticismo, dramma ed eroismo. Ho dimenticato di citare la guerra, ma si potrebbe parlare anche di tanti altri elementi. Io comunque volevo dare un’idea generale, non analizzare compiutamente un’opera per la cui analisi serve ben più che poche righe. Ho parlato anche della prolissità di Jordan, o almeno di quella che molti percepiscono come prolissità. Elementi positivi ed elementi negativi, e se il mio giudizio è positivo è perché, come ben sa chi mi legge abitualmente, a me questa saga piace davvero tanto. Però ho avuto l’impressione che non fosse adatta ai gusti di Egocentrico e tanto nella prima quanto nell’ultima frase gli ho detto di lasciar perdere la lettura. Per me è un commento equilibrato. Mi sto sbagliando? Il suo successivo intervento è arrivato a oltre un anno di distanza.

Da qui in poi Egocentrico ha iniziato a firmarsi con nome e cognome, scelta sua che io non ho mai richiesto. Gli avevo risposto quando aveva firmato con il solo nome, rispondo a chi firma con una sigla o con un nickname, la scelta di come firmarsi è una scelta personale di cui non m’importa nulla e di cui non mi reputo responsabile.

Avevo scritto che i personaggi femminili sono fondamentali, ma senza spiegare come e perché, e senza specificare che per tutte le Aes Sedai e regine che abbiamo in circolazione, i tre personaggi principali sono uomini e al loro fianco si muovono un bel po’ di guerrieri di sesso maschile. Probabilmente avevo dato la cosa un po’ troppo per scontata, ma in qualsiasi posto in cui si parla di La Ruota del Tempo è evidente quanto meno che il personaggio principale è Rand, un uomo. La risposta di Egocentrico, che parla di azioni di stampo maschile ed eroismo di stampo maschile per i personaggi femminili, per me richiedeva ulteriori precisazioni perché era frutto di una non conoscenza della saga. Io avevo toccato superficialmente un argomento, lui aveva frainteso le mie parole, magari perché io non ero stata abbastanza chiara nelle mie spiegazioni. Quando mi vedo fraintesa il mio primo pensiero è sempre di non essermi spiegata bene, ma forse dovrei smettere di dare la colpa a me stessa in situazioni di questo tipo.

Non mi pare che le varie Egwene, Nynaeve, Elayne, Min, Siuan, Verin, Tuon, Faile, Berelain e via dicendo siano personaggi che agiscono come gli uomini, anche se ricoprono ruoli importanti all’interno della saga. Certo, c’è anche Birgitte che usa arco e frecce. Di tutti gli Eroi del Corno lei è l’unica donna. Min e Faile circolano imbottite di pugnali, ma quante persone, o quante creature dell’Ombra le due uccidono, con i loro pugnali? Quando vuole Perrin ribalta Faile con una mano sola, e se Rand non lo fa con Min è solo perché non vuole, non perché non ne sia in grado. Oltretutto Min non ha una sua trama, è importantissima ma lo è come personaggio di supporto, Verin e Tuon sono poco più autonome e pure Faile trascorre la maggior parte del tempo all’ombra di Perrin. Aviendha è l’unica che corrisponde abbastanza alle figure criticate da Egocentrico, ma Aviendha proviene da una cultura particolare che accetta le donne come lei. Noi abbiamo le leggende delle Amazzoni, perché Jordan non potrebbe avere le sue Fanciulle della Lancia?

Penso anch’io che Legolas e Gimli debbano essere di sesso maschile, una cosa che Egocentrico non ha capito è che io amo Il signore degli anelli e non penso che se fosse stato diverso, con più donne o con donne più mascoline, sarebbe stato migliore. Però non tutti i romanzi sono Il signore degli anelli, e quello che andava bene per J.R.R. Tolkien non deve per forza andare bene per tutti gli scrittori che sono venuti dopo di lui. Quello che non accetto è che una donna “non dev’essere al centro dell’attenzione della storia”. Egocentrico è libero di trovare brutte (è solo un esempio, io in realtà non ho idea di quali siano i suoi gusti) Le cronache del ghiaccio e del fuoco di George R.R. Martin, ma non si può negare l’importanza di Daenerys Targaryen nella saga. Non si può togliere Althea Vestrit da I mercanti di Borgomago di Robin Hobb. Jill è fondamentale in La saga di Deverry di Katharine Kerr. La catena spezzata di Marion Zimmer Bradley ruota intorno a diverse figure di donne, e se loro non ci fossero il romanzo non potrebbe esistere. Al centro della trilogia Mistborn Brandon Sanderson ha messo Vin e non Kelsier per motivi ben precisi.

La mia risposta nasce da queste considerazioni, non per polemizzare o “convertire” ma per far capire. La Ruota del Tempo non ti attira? Non leggerla. Le donne devono stare ai margini dei romanzi? E perché mai? Se la loro presenza nella storia è ben fondata hanno tutto il diritto di stare in primo piano. Come, e a volte anche più, degli uomini. Dipende dalla storia, non da una presunta impossibilità per le donne di essere coraggiose o di fare cose difficili.

 

Egocentrico ha scritto una risposta lunghissima, provo a rivedere alcuni passaggi.

Se in un fantasy devi mettere come protagonista un cavaliere con spada, se lo dipingi donna, scadi nel ridicolo, forzando una collazione naturale che non ci stà. Tu riportando le mie ultime frasi estrapolate dal contesto, hai mediamente strumentalizzato, perche mi pare di aver detto perche preferisco che i personaggi principali siano uomini ma anche che le donne non è che non possano avere una loro importanza

Egocentrico si sente strumentalizzato, e io non capisco dove lo avrei fatto. Se qualcuno pensa che lo abbia fatto mi potrebbe indicare come e perché? Non sto prendendo in giro, a me piace non solo spiegare le cose in modo chiaro ma anche capire chiaramente quel che gli altri mi dicono e agire di conseguenza. Se ho sbagliato lo voglio sapere, in modo da cercare di non sbagliare più. In compenso mi pare che sia Egocentrico a strumentalizzare quel che scrivo io o a dimenticarsi di leggere con attenzione le mie parole, perché lui parla di un cavaliere con spada di sesso femminile, e io non ho mai citato un personaggio di questo tipo. Non ho citato neppure Brienne di Tarth, visto che proviene da un’altra saga, e secondo me Brienne è un cavaliere che ha senso. Ho scritto chiaramente

Non è che le fanciulle di Jordan si mettano a tirare spadate a tutti, anzi non ce n’è una che impugni la spada. Una usa arco e frecce, una i pugnali – ma quando vuole il suo uomo la ribalta con una mano sola e senza nemmeno impegnarsi – e c’è una società guerriera stile Amazzoni che usa le lance, ma è una sola società in un mondo in cui ad adoperare le armi al 99% sono uomini. Le donne sono fondamentalmente regine e maghe, e per usare la magia la differenza di forza fisica non è importante.

Quindi dov’è il cavaliere con la spada qui? Che motivo c’è per scaldarsi tanto? Più sotto Egocentrico parte con una bella filippica maschilista che, se ha solo un briciolo di capacità intuitive, avrebbe dovuto immaginare che non sarebbe stata gradita da una donna. Restando un attimo sui romanzi, quanti sono i lettori di Jordan che mi stanno leggendo ora? Le donne sono importanti nella saga? Al di là del fatto che a volte siano irritanti- e con questo mi riferisco agli abiti, ai tic vari e al modo in cui gestiscono le relazioni sentimentali – il loro ruolo nella saga è sbagliato? Sono ridicole? Compiono azioni che fanno crollare la volontaria sospensione d’incredulità che sempre mettiamo in atto quando leggiamo un romanzo? Gli uomini sono sminuiti dal loro ruolo nella storia? Per come la vedo io di volta in volta uomini e donne fanno fesserie, ma sono importanti tutti e tutti hanno un preciso ruolo che non potrebbe essere ricoperto da nessun altro (tranne il Popolo del Mare, ma qui non gradisco un intero popolo e il suo ruolo secondo me insignificante nella storia, non un singolo personaggio). Mi sto sbagliando?

Per quanto riguarda il resto, io non conto quante azioni compiono i singoli personaggi e non mi serve che le donne compiano lo stesso numero di azioni eroiche degli uomini, e se Egocentrico la pensa così vuol dire che non mi ha minimamente capita. Della sua comprensione di me m’importa ben poco, del suo modo di rapportarsi con me m’importa un po’ di più.

La storia non deve ruotare attorno ad una donna. Mi suona una forzatura per far contente le femmine. E le donne devono accontentarsi dello spazio che hanno, senza pretenderne di più, perchè non è che se l’uomo fà 234 azioni, allora solo se la donna ne farà altrettanto sarà pari. E’ ridicolo. Si chiama ignoranza.

Mai detto che La Ruota del Tempo ruoti attorno a una donna, anche se La catena spezzata, che ho citato più su in questo articolo – ma che non avevo citato nella mia discussione con Egocentrico – ruota intorno ad alcune donne, e gli uomini sono solo personaggi minori. Che lui non abbia letto attentamente le mie parole e non le abbia capite tutto sommato non è importante, che si permetta di darmi dell’ignorante (anche se lo fa perché non ha capito quello che stavo dicendo io) mi fa incazzare. Se con le frasi maschiliste che avevano preceduto queste parole mi aveva moderatamente fatta arrabbiare, qui ha perso ogni possibilità di avere un dialogo con me. Abbiamo poi le perle di politica

guardacaso la vittoria di Trump mette fine all’emancipazione, facendo capire che c’è un limite a tutto

c’è un limite a tutto? Mi sbaglio o questa frase significa che le donne sono inferiori e che non possono sognarsi di ricoprire alcun tipo di ruolo importante in nessun campo? Non ho intenzione di entrare in discorsi di politica, ma se ci guardiamo intorno anche se gli Stati Uniti non hanno ancora avuto un presidente donna (ma prima di Obama non c’era mai stato un presidente nero, prima o poi anche questo cambierà) di capi di stato donna ce ne sono ora e ce ne sono stati in passato. Egocentrico può pensare di loro quel che gli pare, ma non può negare l’esistenza delle donne anche in ruoli importantissimi. Sono meno degli uomini, visto che non solo non prendono (giustamente) i voti di coloro che a livello politico la pensano in modo diverso da loro, ma neppure quelli di persone che, come Egocentrico, hanno i paraocchi ed evidentemente non voterebbero mai una donna, indipendentemente dalle sue capacità e dalle sue idee politiche. Che la donna debba accontentarsi dello spazio che ha senza pretenderne di più (nella narrativa e nella  vita, visto che Egocentrico cita entrambi gli ambiti) è una stronzata che può andare a scrivere altrove.

Nella realtà, tutte le azioni eroiche e coraggiose le vedo fare agli uomini. Alle donne non ho mai visto fare alcunché. Mai proteggere un indifeso, mai difendere qualcuno, mai salvare qualcuno.

Mai fatto nulla. Mai rischiato in prima persona. Mai. Chiedere a Emanuela Loi per una conferma. Peccato solo che non possa rispondere visto che è morta. Lei è l’unica agente donna della Polizia di stato uccisa in servizio? Considerando che per molto tempo le donne non hanno potuto entrare nella Polizia di stato per un bel po’ di tempo non hanno potuto certo correre rischi in servizio, no? Comunque come non ho fatto un elenco delle donne in politica prima, ora non ho intenzione di fare l’elenco delle donne che hanno corso rischi o che sono state ammazzate per una causa in cui credevano (staffette partigiane, Anita Garibaldi… le mie dita non hanno resistito e sono andate da sole sui tasti). Dopo aver cancellato chissà quante donne reali dalla realtà Egocentrico parla di un personaggio inventato, Wonder Woman.

Se poi si pensa che l’emancipazione passi dalle azioni del personaggio di un film, siete molto messe male. Vedo quanto questo personaggio sia forzato, finto, costruito a tavolino usando l’archetipo dell’eroe maschile, solo rapportato al femminile, così anche le femmine ammazzano con le spade, fanno le dure e tutti contenti. Ridicolo. Chi vuol capire capisca. Se in una storia c’è un pg femminile importante, bene. Se la storia deve ruotare attorno al pg femminile, no, grazie. Mi tengo Aragorn, Legolas e Gimli, di certo migliori di una ridicola wonder woman.

Al di là del fatto che non ho visto Wonder Woman perché non mi incuriosisce, e che non posso giudicare un’opera che non conosco, Wonder Woman anche nella finzione viene presentato come un personaggio straordinario, non come la donna comune. Il personaggio straordinario è, appunto, straordinario, si può tifare per lui, magari ci si può pure identificare, ma si sa che è un’eccezione in mezzo a personaggi completamente diversi. Superman vola. Mi sembra altrettanto irrealistico di una donna dotata dei muscoli di Wonder Woman. Cosa ha a che fare l’emancipazione della donna con un personaggio come Wonder Woman? Dire che l’emancipazione femminile passa attraverso un personaggio inventato, di cui tutti siamo consapevoli dell’eccezionalità, per me è ancora una volta uno sminuire la donna. Io non sono Wonder Woman, lo so bene, come Egocentrico sa di non essere Superman. Se io gli riconosco la capacità di distinguere la realtà dalla fantasia, perché lui non la riconosce a me?

La mia risposta è seccata? Certo che lo è, come avrebbe potuto essere diversa? Egocentrico è venuto sul mio blog di sua iniziativa, non sono stata io ad andare a cercarlo, di lui potevo benissimo fare a meno. Per come la vedo io una sua domanda, seguita dalle mie spiegazioni, è degenerata in un’aggressione verbale da parte sua, solo che lui è talmente Egocentrico – e avrei potuto scegliere senza difficoltà un altro soprannome – per accorgersene. Viste le posizioni inconciliabili gli ho chiesto di andarsene, secondo me in modo fin troppo educato.

Il mio un commento fuori luogo? Non gli va di rispondere, non voleva neppure che ci fosse la discussione, però va avanti. Lo so, sto passando spesso da un discorso diretto con Egocentrico a commenti fatti con una terza persona. Dovrei rileggere il testo – che è disomogeneo perché l’ho scritto in momenti diversi – e scegliere solo una delle due persone come interlocutore, ma non ho voglia di perdere altro tempo.

La discussione è finita perché io ho smesso di rispondere, non lui, e non è la prima volta che faccio una scelta di questo tipo. Anche con il tizio che ho citato all’inizio ho smesso di rispondere io – e pure in un altro paio di discussioni in altre sedi – perché altrimenti saremmo ancora qui a parlare senza capirci. Se Egocentrico non voleva che ci fosse la discussione perché ha scritto? È stato lui a venire da me, non io ad andare da lui, io ho perso tempo a rispondergli ricavandoci solo un’arrabbiatura. E la saga non gli interessava più alla fine, dopo che gli ho detto chiaramente che non faceva per lui, ma all’inizio era curioso.

Quello che voleva erano solo commenti pertinenti alla saga di Jordan? Se non sbaglio è stato lui a tirare fuori Trump, i carabinieri e Wonder Woman, tutti argomenti su cui io all’epoca non ho neppure risposto. Ho risposto solo su Il signore degli anelli, anche se Egocentrico non ha capito quello che ho scritto.

Tu invece, anzichè rispondere normalmente, te ne uscisti subito enfatizzando sulle donne, sulla presenza delle donne, su quanto sono fondamentali, che le ami, e sai cosa? questa cosa mi diede un immenso fastidio, perchè mi fece pensare di te come l’ennesima “sono orgogliosa di dirti che in questo libro ci siamo noi, è tutto sotto il nostro potere, girl powaaa yeee”, come se stessi facendo la guerra alla supremazia tipo adolescente di 14 anni che deve infilare la donna per ripagare la sua frustrazione, incapace di capire che non ci dev’essere nessuna lotta alla supremazia. Insomma non appena lessi “le donne sono fondamentali, ah si ci sono le donne, c’è anche il mago (una donna)” ebbi subito questa impressione di te. Pensai che dovevi avere 16 anni. Buttasti il termine “donna” 10 volte in neanche 2 frasi, come se fossi nel piego di una foga. Ci lessi un sotto-testo da “orgoglio donna” che sinceramente ha rotto i coglioni. Fu questo ciò che vidi e mi diede non poco fastidio, perchè non era pertinente alla domanda. Io chiedevo se il libro mi veniva consigliato, non se il mago era donna, se i pg fondamentali erano donna, se le donne erano al 56% della presenza o altro, se nel libro avevano vinto le elezioni o se il presidente era donna. Sono dati che non mi interessano, che mi fanno pensare ad una pubblicità di partito ridicola (ma che è, na lotta a quale sesso domina l’altro? Ma quanti anni hai? Dio santo).

Forse Egocentrico non se n’è accorto, ma dire che le donne sono fondamentali è parlare della saga. Riprendo le parole del primo messaggio

Fra i personaggi, alcuni dei quali sono ingenui ragazzi di campagna, ci sono il mago (qui è una donna) e un valente guerriero. E a un certo punto la compagnia si scioglie.
Detto questo il mondo è diversissimo, la magia molto presente e ben costruita e le donne sono fondamentali (io le amo ma qualcuno le trova insopportabili).

Dico che il mago è una donna, dico che le donne sono fondamentali ma anche che qualcuno le trova insopportabili. Riconosco onestamente che non a tutti piacciono. Sono nel pieno di una foga? Non mi pare. Per una persona con i paraocchi come Egocentrico in realtà le mie parole sono una risposta importante perché gli fanno capire che La Ruota del Tempo non è adatta a lui, proprio perché le donne sono importanti e lui questo non lo concepisce. Voleva una risposta chiara? L’ha avuta. Perché poi se ne lamenta? Le elezioni le ha tirate in ballo lui, non io. Ma già, sono una donna, quindi è sempre colpa mia. Mi sono beccata anche un “orgoglio donna” che sinceramente ha rotto i coglioni che mi ha ulteriormente fatta arrabbiare. Io ho rotto i coglioni quando è stato lui a venire da me e io ho semplicemente risposto alle sue domande? Ma davvero è un Egocentrico, per non dire un TDC, e per usare le sue parole chi vuol capire capisca. Per la cronaca, io penso che certi aspetti del femminismo come il girl power siano idiozie, ma per Egocentrico è troppo difficile capire la differenza fra abbiamo gli stessi diritti e io ho più diritti di te. C’è anche il Dio santo, messo lì come se lui fosse la povera vittima dei miei asfissianti tentativi di conversione che mi sembrava eccessivo all’epoca e mi sembra ancor più fuori luogo ora, visto che ora so che Egocentrico si professa cristiano. Io sono atea e trovo assurdo tirare in ballo Dio per delle cavolate, e un cristiano fa queste piazzate? Boh…

Il tuo finale, dal consiglio di lasciare perdere Jordan fino ad andarmi a cercare un altro blog, mi sembra un risvolto da “sono offesa, vattene”. Chi vuol capire capisca, in realtà, non significherebbe esattamente quella frase che hai detto.

No, non è un risvolto da sono offesa, vattene, è un chiaro invito ad andartene fuori dai piedi perché tu mi hai offesa. Servivano un paio di insulti per fartelo capire chiaramente? Di solito non insulto, ma all’occorrenza posso farlo anch’io. E se chi vuol capire capisca non significa quel che ho detto io me ne potresti cortesemente spiegare il significato? Perché io non l’ho capito.

 

Piccolo passo indietro. Luca, mi spiace ma ho cancellato anche il tuo commento. Da solo non avrebbe avuto alcun significato, e poi tu avevi fatto il grave errore di scrivere il nome di Egocentrico. La risposta di Luca è chiaramente datata 16 settembre, e dall’ora di pubblicazione (e anche dalle sue parole) si vede che lui ha risposto dopo di me, e non ha visto nulla di assurdo in quel che ho scritto. Le parole di Luca sono arrivate quindi dopo solo il primo messaggio di Egocentrico e la mia prima risposta, poi, oltre un anno dopo, Egocentrico ha risposto prima a Luca e poi a me. Nel marzo di quest’anno ho ricevuto un messaggio da Egocentrico, messaggio che, non so perché, il blog non ha pubblicato automaticamente, e che io non mi sono preoccupata né di pubblicare né di cancellare. L’ho semplicemente ignorato. Il messaggio era questo:

Ciao, volevo chiederti cortesemente se potresti cancellare tutti i miei post scritti in questa pagina. Non desidero piu fare parte di questa discussione. Grazie.

Egocentrico mi chiedeva una cortesia, e chiudeva ringraziando. Allora perché ignorarlo? Perché Egocentrico non ha capito una cosa: le cortesie si fanno se si ha voglia di farle, ma non sono assolutamente dovute. Quando mi fate una domanda io rispondo per cortesia, non perché sono obbligata a farlo. Certo, se non rispondessi mai finirei con il perdere i lettori, ma non ho alcun tipo di obbligo. Quello che faccio lo faccio per mia libera scelta, perché ho voglia di farlo. E allora, perché non fare a Egocentrico una cortesia?

mi sembra un risvolto da “sono offesa, vattene”

Ah, ecco. Forse Egocentrico si è accorto di avermi offesa. E se se n’è accorto perché non si è scusato per le sue parole? Cortesia non è solo dire grazie alla fine, è anche scusarsi quando si è offeso qualcuno, anche se magari lo si è fatto involontariamente. Dopo un periodo in cui l’ho ignorato lui si è rifatto vivo con il messaggio che compare nella foto precedente. Ma, onestamente, considerando come lui si è rivolto a me, a me cosa dovrebbe importare dei suoi desideri?

 

La mia risposta, come prevedibile, è stata piuttosto fredda. Egocentrico era un elemento marginale del blog, non notato da nessuno se non da me, e anch’io avrei volentieri fatto a meno di lui. Spesso vedo persone che nei commenti mi fanno domande che mi ha già fatto qualcun altro due o tre commenti prima, segno che non si sono presi il disturbo di leggere quel che avevo scritto. Le risposte vengono lette davvero da poche persone, a parte lo stesso destinatario, perciò quello che c’è scritto è quasi invisibile. Le mie parole sul fatto che nessuno lo notava erano vere. Ora non lo sono più, visto che ho deciso di mettere in evidenza tutta la discussione, anche se ho cancellato il suo nome.

Perché non ho semplicemente cancellato i commenti? Perché io sono contraria alla cancellazione del passato. Dal passato bisogna imparare, ma negare quello che è avvenuto mi sembra un’assurdità. Perché io cancelli qualcosa mi serve ben più di una richiesta senza scuse di una persona che, per come la vedo io, mi ha offesa senza motivo. Privacy? Non si sente ridicolo? Io non ho pubblicato niente di privato, tutto quello che è apparso sul blog è qualcosa che hai scritto lui, di sua iniziativa, e al di là del suo nome (che non porta solo lui, quindi non è detto che qualcuno, leggendolo, lo identificasse immediatamente e senza alcun dubbio) non c’è alcun tipo di dato sensibile. Dov’è la privacy? Cosa c’è di tanto terribile in queste parole, al di là della dimostrazione che è un egocentrico maschilista? A questa definizione corrispondono un bel po’ di persone, probabilmente anche diverse persone che hanno il suo stesso nome. Che danno possono fare le sue parole? Al di là dell’arrabbiatura che hanno procurato a me, ovvio.

Comunque visto che io non mi sono dimostrata particolarmente propensa ad accontentarlo, chissà come mai, lui è passato alle minacce. Vie legali? Venirmi a trovare in negozio? Per favore, no, Egocentrico, mi stai già abbastanza antipatico via internet, non vorrei avere il dispiacere di conoscerti dal vivo. Mi chiedi di agire in modo adulto definendomi, ora che vuoi che faccia una cosa che interessa a te, intelligente, adulta e consapevole, ipotizzando che io abbia quarant’anni, quando in un precedenti messaggi avevi citato le adolescenti di 14 anni, avevi detto di aver pensato che avessi 16 anni e avevi fatto una domanda retorica sulla mia età per sminuire le mie parole come quelle di una persona immatura. Per la cronaca ho 48 anni, e visto che comunque sei consapevole del fatto che io sia una donna e non una ragazzina questo conferma che le tue parole avevano il solo scopo di sminuirmi. E poi ti stupisci che io mi sia offesa?

Dici che hai cose più serie di cui occuparti come ragazzi in difficoltà. Nessuno ti dice di non occupartene, non capisco come questi messaggi possano essere un ostacolo. E se a te dà fastidio vedere le tue stesse parole, prova a chiederti se magari nel momento in cui le hai scritte, o ora che sei tornato a rompere le scatole, non potessi avere io problemi al di fuori di internet, senza il bisogno che venisse uno sconosciuto ad aggredirmi perché non aveva un modo migliore per trascorrere il tempo. Se per te il mio è solo un capriccio per vendicarmi, per me è stato un non fare una cosa che non sono abituata a fare, che non mi piace fare in generale e che soprattutto non mi va di fare semplicemente per accontentare il capriccio di una persona che prima fa una cosa di sua iniziativa e poi se ne pente, insultando nel mezzo ed evitando di scusarsi. Quanto alla tua richiesta cortese, noto che invece di scusarti hai reputato più utile iniziare a urlarmi quanto sei CORTESE e a minacciare. Non c’è bisogno che tu ti rifaccia vivo ora per scusarti, la cosa migliore che puoi fare è fare quel che interessa anche a te: pensare ai fatti tuoi senza più apparire qui. Ho cancellato dalla discussione i commenti e il tuo nome non appare più sul blog, anche se non l’ho fatto per fare un favore a te. Hai ottenuto quello che volevi – più o meno, perché dubito che questo messaggio rientrasse in quello che volevi – non perché sei gentile, o perché meriti da me una qualsiasi cosa, ma perché mi hai stancata. Ora non sei più riconoscibile neanche per sbaglio, anche se visto che sei stato tu a venire da me sul mio spazio e a scrivere quel che ti pareva non capisco quali problemi di privacy potessi avere. Per quanto riguarda le tue parole, mi hai infastidita abbastanza e non vedo perché dovrei far finta di nulla per farti un favore. E se per te questo è un capriccio, per me è un vaffanculo.

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Rick Riordan: Percy Jackson racconta gli eroi greci

Dopo Percy Jackson racconta gli dei greci Rick Riordan ha proseguito il suo insolito viaggio nella mitologia greca con Percy Jackson racconta gli eroi greci. Visto che la voce narrante è quella di Percy Jackson le vicende sono raccontate con un tono molto particolare, che strappa ben più di un sorriso ma che fa anche nascere un bel po’ di dubbi.

La mitologia greca è piena di storie complicate, fra relazioni sentimentali e sessuali improbabili, imprese eroiche di vario genere, mostri disparati e via dicendo. Parte delle storie raccontate nel libro le conoscevo, ma su altre avevo i miei dubbi. Considerati i libri di mitologia che ho letto – uno per tutti I miti greci di Robert Graves – io devo aver letto di tutti questi personaggi, ma un certo numero di vicende le avevo dimenticate. Risultato? Non sempre ero sicura di dove finisse la battuta e di dove iniziasse il mito, anche se forse questa non è una cosa negativa. Quando Danae prega

«Ciao! Ehm… Sono io, Danae. Non avevo intenzione di disturbarti, ma mio padre mi ha cacciato di casa. Al momento sono in una cassa. In mezzo al mare. E c’è Perseo con me. Quindi… ecco. Se mi puoi richiamare, o anche solo mandare un SMS o qualcosa del genere, sarebbe fantastico.»

è ovvio che a parlare di SMS sia Riordan, ma quando scrive che Zeus si è presentato da lei sotto forma di pioggia d’oro, cosa ne deve pensare un lettore digiuno di mitologia greca? In più di un’occasione io ho avuto la tentazione di andare a fare un controllo su un libro di mitologia serio, per vedere cosa esattamente narrassero gli antichi miti, e se la tentazione di controllare è venuta a me, quale può essere la reazione di uno che i miti non lo conosce affatto? Non con Danae, la pioggia d’oro la ricordavo bene, ma non tutti i miti sono ugualmente vivi nella mia mente. Riordan ha insegnato mitologia, i romanzi di Percy Jackson sono nati in parte dalle sue lezioni, come ho scritto anche nel saggio Essere dei mezzosangue è pericoloso, ma non si corre il rischio di annoiarsi contenuto in Il Fantastico nella Letteratura per ragazzi. Per lui era importante che i ragazzi leggessero, che fossero curiosi di imparare cose nuove e anche che capissero che nessuna difficoltà è insormontabile se viene affrontata nel modo giusto. Percy Jackson, come ho ricordato nel saggio, è dislessico e iperattivo, eppure questo non gli impedisce di affrontare notevoli difficoltà e di venirne fuori senza perdere la voglia di scherzare.

la ragione principale per leggere le imprese degli eroi greci è che alla fine vi sentirete meglio. Non importa quanto schifo pensiate faccia la vostra vita: quella di questi tizi è stata senz’altro peggiore. Di tutta la faccenda celeste, a loro è toccata decisamente la fregatura più grossa.

Comunque, per chi non mi conoscesse, mi chiamo Percy Jackson, sono figlio di Poseidone, e sono un semidio dei giorni nostri. Anch’io a suo tempo ho avuto la mia dose di brutte esperienze, ma gli eroi di cui vi parlerò sono stati gli antesignani dei casi disperati che si vedono a scuola. Hanno brillantemente incasinato le cose là dove nessun altro era mai riuscito a incasinarle.

Facciamo che ne scegliamo dodici. Dovrebbero essere più che sufficienti. Quando avrete finito di leggere quanto sia stata miserabile la loro vita – tra avvelenamenti, tradimenti, mutilazioni, assassinii, parenti psicopatici e animali da cortile carnivori – se non vi sentirete un po’ meglio riguardo alla vostra esistenza, allora non so cos’altro potrebbe riuscirci.

Gli eroi in questione sono Perseo, Psiche, Fetonte, Otrera, Dedalo, Teseo, Atalanta, Bellerofonte, Cirene, Orfeo, Ercole e Giasone. Rileggendo le loro storie ho visto alcuni elementi che avevo dimenticato e che Riordan ha fatto confluire nei suoi romanzi, come la profezia relativa alla morte di Meleagro, riproposta nella pentalogia Eroi dell’Olimpo. La vicenda di Atalanta, che comprende parte della storia di Meleagro, comprende anche un’interessante considerazione:

No significa No.

Chiaro il concetto? No? Allora faccio un passo indietro.

I due saltarono fuori dagli alberi, gridando e agitando le aste.

«Sposami o morirai!» gridò Reco.

Si aspettava che Atalanta crollasse in una pozzanghera di lacrime. Invece la ragazza lasciò cadere la carcassa, con tutta calma incoccò una freccia e colpì Reco in mezzo alla fronte. Il centauro si accasciò a terra, morto.

Ileo ruggì furioso. «Come hai osato uccidere il mio amico?»

«Indietro» lo avvertì Atalanta. «O sarai il prossimo.»

«Io ti avrò come mia sposa!»

«Non credo proprio.»

Ileo bilanciò l’asta e caricò.

Atalanta gli piantò una freccia nel cuore. Poi immerse la punta di una freccia nel sangue di centauro e scrisse sui loro garresi: No significa No. E poi li lasciò lì a decomporsi.

Dopodiché nessun altro centauro la disturbò più.

Riordan la butta sul ridere, Graves, che situa l’episodio poco più avanti, durante la caccia al cinghiale calidonio, scrive

due centauri, Ileo e Reco, che si erano uniti alla caccia, tentarono di usarle violenza. Ma non appena si precipitarono verso di lei, Atalanta li fulminò entrambi con le sue frecce

Atalanta quindi non reagisce male a una proposta di matrimonio, per quanto fatta in modo rozzo, ma si difende da un tentativo di stupro. No significa no, a quanto pare anche nell’antica Grecia era necessario ripeterlo perché non tutti avevano chiaro il concetto. Peccato che non tutte le donne abbiano le doti di combattente di Atalanta…

Con Ercole passo a tutt’altro genere di considerazione.

Era non ebbe bisogno di farlo diventare pazzo. Dovette solo spingerlo un po’ più vicino al limite.

Comunque sia, Ercole uccise Megara. Uccise i servi che cercavano di fermarlo. I due figli urlarono e scapparono, ma Ercole prese arco e frecce e li trafisse, convinto nella sua mente obnubilata che fossero chissà quali nemici.

Ercole, accecato dalla follia, stermina la sua intera famiglia. A me leggere queste parole ha inevitabilmente portato alla mente Lews Therin Telamon.

C’erano cadaveri dappertutto: uomini, donne e bambini abbattuti, mentre tentavano la fuga, dai fulmini che avevano colpito ogni corridoio, oppure raggiunti dall’incendio o travolti dalle pietre del palazzo, volate in cerca di bersaglio, quasi vive, prima che la quiete tornasse. Come bizzarro contrappunto, arazzi e quadri pittoreschi, veri capolavori, erano rimasti intatti, tranne in qualche punto, dove le pareti rigonfie li facevano pendere di traverso. I mobili finemente lavorati con intarsi d’avorio e d’oro erano ugualmente integri, eccetto dove il pavimento, sollevandosi, li aveva ribaltati. Lo sconvolgimento della mente aveva colpito al cuore, senza toccare le cose marginali.

Lews Therin Telamon vagava nel palazzo, tenendosi in equilibrio quando la terra sussultava. «Ilyena!» gridò. «Amore mio, dove sei?» L’orlo del mantello grigio chiaro strusciò nel sangue quando Lews scavalcò il corpo d’una donna dai capelli biondi, la cui bellezza era segnata dall’orrore degli ultimi istanti di vita e i cui occhi erano ancora sbarrati nell’incredulità. «Dove sei, moglie mia? Dove vi siete nascosti tutti quanti?»

È il prologo di L’Occhio del Mondo di Robert Jordan, e io non posso non proporre un’altra citazione, questa volta da Il signore degli anelli di J.R.R. Tolkien:

«Pensandoci bene, apparteniamo anche noi alla medesima storia, che continua attraverso i secoli! Non hanno dunque una fine i grandi racconti?».

«No, non terminano mai i racconti», disse Frodo. «Sono i personaggi che vengono e se ne vanno, quando è terminata la loro parte.»

I grandi racconti, come quelli dei miti, tornano anche nelle storie più recenti, cambiando un po’ aspetto ma donando le stesse emozioni. Non sono sicura che un ragazzo riesca a cogliere tutti i riferimenti extra-mito inseriti da Riordan nelle sue pagine, certo Percy Jackson e gli eroi dell’Olimpo è divertente de leggere e fornisce una prima infarinatura di mitologia, stuzzicando la curiosità e il desiderio di saperne di più.

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Novità di settembre 2017 – seconda parte

 

Michael Ende, La notte dei desideri, Salani, 9,00 €

Nuova edizione. La sinossi:

Le sorti dell’umanità sono nelle mani di un vecchio corvo spelacchiato e di un piccolo gatto grasso: prima della mezzanotte del 31 dicembre i due devono sventare le perfide trame di Belzebù Malospirito e della sua crudele spia Tirannia Vampiria. Infatti nella notte di San Silvestro, grazie al leggendario Grog satanarchibugiardinfernalcolico essi possono formulare i loro più raccapriccianti desideri, trasformandola in una notte infernale. Una favola moderna, un racconto appassionante che con sottile umorismo rivela verità inquietanti, capaci di conquistare e far riflettere, in perfetto stile Ende. «Un libro che dà coraggio e allegria. E anche un po’ di benefica insolenza ». Italo A. Chiusano, la Repubblica «Torna Michael Ende con una storia di maghi ed è un mago egli stesso per quel suo saper fare libri buoni per grandi e piccoli, senza stufare né gli uni né gli altri, ma appassionandoli entrambi ». Isabella Bossi Fedrigotti, Corriere della Sera

 

 

Carrie Fisher, I diari della principessa, Fabbri, 18,00 €

La sinossi:

Se vivono nella nostra galassia, tutti sanno chi è la principessa Leia di Star Wars, e quindi, inevitabilmente, conoscono l’attrice che l’ha interpretata: Carrie Fisher. Ma qual è la vera storia di una ragazza di diciassette anni, figlia d’arte, improvvisamente proiettata verso la fama mondiale grazie a uno dei film di maggiore successo di tutti i tempi? Questo memoir, ricco di foto d’epoca e delle pagine originali del diario di Carrie, descrive la sua parabola da ingenua, problematica, insicura ragazza, affamata di felicità ma tormentata, ai primi passi come attrice, fino alla relazione avuta in segreto con Harrison Ford, suo compagno nel film e allora sposato. Ma è anche una profonda riflessione sulle conseguenze della fama e sulla difficoltà di dover convivere per tutta la vita con un personaggio ingombrante, raccontata da una donna intelligente e spiritosa, capace di commuovere, far ridere e rivelare i propri demoni senza perdere dignità e senza mai scadere nel gossip. Un libro che piacerà agli innumerevoli fan della saga, a caccia di curiosità sui “dietro le quinte”, ma che è destinato a conquistare un pubblico molto più ampio.

Un estratto: http://www.rizzolilibri.it/wp-content/uploads/2017/08/25/349595/4031151-9788891517517_abstract.pdf

 

 

Ken Follett, La colonna di fuoco, Mondadori, 27,00 €

La sinossi:

Gennaio 1558, Kingsbridge. Quando il giovane Ned Willard fa ritorno a casa si rende conto che il suo mondo sta per cambiare radicalmente. Solo la vecchia cattedrale sopravvive immutata, testimone di una città lacerata dal conflitto religioso. Tutti i principi di lealtà, amicizia e amore verranno sovvertiti. Figlio di un ricco mercante protestante, Ned vorrebbe sposare Margery Fitzgerald, figlia del sindaco cattolico della città, ma il loro amore non basta a superare le barriere degli opposti schieramenti religiosi. Costretto a lasciare Kingsbridge, Ned viene ingaggiato da Sir William Cecil, il consigliere di Elisabetta Tudor, futura regina di Inghilterra. Dopo la sua incoronazione, la giovane e determinata Elisabetta I vede tutta l’Europa cattolica rivoltarsi contro di lei, prima tra tutti Maria Stuarda, regina di Scozia. Decide per questo di creare una rete di spionaggio per proteggersi dai numerosi attacchi dei nemici decisi a eliminarla e contrastare i tentativi di ribellione e invasione del suo regno. Il giovane Ned diventa così uno degli uomini chiave del primo servizio segreto britannico della storia. Per quasi mezzo secolo il suo amore per Margery sembra condannato, mentre gli estremisti religiosi seminano violenza ovunque. In gioco, allora come oggi, non sono certo le diverse convinzioni religiose, ma gli interessi dei tiranni che vogliono imporre a qualunque costo il loro potere su tutti coloro che credono invece nella tolleranza e nel compromesso. Dopo il successo straordinario de I pilastri della terra e Mondo senza fine, la saga di Kingsbridge che ha appassionato milioni di lettori nel mondo continua con questo magnifico romanzo di spionaggio cinquecentesco, in cui Ken Follett racconta con sapiente maestria la grande Storia attraverso gli intrighi, gli amori e le vendette di decine di personaggi indimenticabili, passando dall’Inghilterra e la Scozia, alla Francia, Spagna e Paesi Bassi. Ambientato in uno dei periodi più turbolenti e rivoluzionari di tutti i tempi, La colonna di fuoco è un romanzo epico sulla libertà, con un forte richiamo all’attualità di oggi.

Un estratto: http://www.lastampa.it/2017/09/12/cultura/ken-follett-lamore-ai-tempi-delle-guerre-di-religione-8unw7L2KDuDCHyy3PSo3CO/pagina.html

 

 

Neil Gaiman e Yoshitaka Amano, Cacciatori di sogni, Dana editore, 15,90 €

La sinossi:

Un monaco viveva in solitudine accanto a un tempio, sulle pendici di una montagna. Era un tempio piccolo, e il monaco era giovane, e la montagna non era la più bella né la più maestosa del Giappone.

Ha inizio così la tormentata storia d’amore che vede intrecciarsi i destini di un giovane monaco eremita e di una magica volpe dall’aspetto mutevole, ambientata in un mondo fantastico e onirico.

L’ambigua creatura, dapprima pronta a usare i suoi poteri per tendere una trappola all’uomo, si scopre in un secondo momento perdutamente innamorata di lui e avvinta dal suo animo nobile e pacifico.

Quando un fosco presagio si abbatterà sul monaco, e un indovino senza scrupoli ordirà un terribile piano per procurargli la morte e sottrargli per sempre la sua serenità, la volpe non esiterà a rinunciare al suo tesoro più prezioso, e a usare tutta la sua creatività pur di salvarlo. Mettendo a repentaglio la sua stessa vita.

È il Neil Gaiman migliore quello che ritroviamo in questo raffinato romanzo dalle atmosfere cupe e minacciose, dove la paura, il mistero, spiriti ed echi soprannaturali aleggiano in ogni pagina, caricandolo di suspense e tensione narrativa. Una storia colta e avventurosa in cui il reale si mescola al sogno, arricchita dalle eccezionali illustrazioni di Yoshitaka Amano, artista giapponese di fama mondiale.

Una versione in volume rara e sofisticata, che torna finalmente in libreria a distanza di anni, e che può essere apprezzata da tutti, indipendentemente se si conosca o meno la serie Sandman.

Cacciatori di Sogni ha vinto nel 1999 il Bram Stoker Award per la narrativa illustrata, ed è entrato in nomination, nel 2000, per l’Hugo Award, premio assegnato ogni anno dagli appassionati di fantascienza.

Un estratto: https://gallery.mailchimp.com/3e0f6b0f8f8f70d4edae3b0b0/files/be6b6128-0a14-42fd-b43a-cbfd4b30c357/Cacciatore_di_sogni_Capitolo_primo_1.pdf

 

 

Giuseppe Genna, History, Mondadori, 24,00 €

La sinossi:

Anno del Signore 2018: il mondo è trasformato. Il futuro è crollato nel presente, aggiornandolo e mutandolo. L’accelerazione tecnologica riconfigura tutto e tutti. Le macchine e gli algoritmi si candidano a mutare geneticamente il pianeta e l’umanità. Nulla e nessuno è indenne: il lavoro non è più lavoro, il denaro è puro fantasma, la specie umana è pronta a ibridarsi, persino la biologia rischia di non essere più biologica e la Storia non è più storia. Nella città più avanzata d’Italia si è installato un tecnopolo, in cui sta vedendo la luce un nuovo tipo di mente: un’intelligenza artificiale misteriosa e incomprensibile, a cui gli umani lavorano con dedizione cieca e speranze supreme. In questo bacino occidentale prospera allo stato bacillare il personaggio di uno scrittore, disoccupato e privo di qualunque riconoscimento, che riesce a trovare l’ultimo lavoro: interagirà, a vantaggio della mente artificiale, con una bambina altrettanto misteriosa, History, figlia di un tycoon della finanza, che soffre di una forma di autismo assoluto. L’intelligenza artificiale è molto interessata ai modi in cui History sente e reagisce alla realtà, vivendo in se stessa scene terrifiche e visioni infernali, dominate dalla presenza di una Trista Figura, una sorta di Uomo Nero che la invita alla scomparsa. In una deflagrazione di complotti e di sorprendenti svolte, il teatro umano che agisce in questo libro va incontro al momento decisivo nella storia della specie, entrando in un piano di realtà ulteriore, dove va in scena la verità di tutte le verità, un inedito horror della mente e dei corpi. Per raccontare il futuro che sta velocemente alterando il nostro presente, la scrittura metafisica di Genna intraprende una sfida all’ultimo sangue con la materia e con la lingua della narrazione estrema, rappresentando una tragedia classica in forma di autofiction e di profezia. A partire da un antefatto visionario, che consegna al lettore un intero tempo italiano trascorso e che vale un libro all’interno del libro, History è un lungo e vertiginoso precipitare verso una scena assoluta, in cui si assiste all’ultima trasformazione: quella dell’umano in una nuova forma rivista e corretta, non meno commovente e demonica della precedente, a cui noi tutti ancora apparteniamo, ogni giorno sempre meno.

 

 

James Kahn, I Goonies, Magazzini Salani, 13,90 €

Nuova edizione. La sinossi:

È estate nella piccola cittadina di Astoria. I Goonies – un gruppo di giovani ragazzi del quartiere Goon Docks – devono dare addio alle case dove sono nati e cresciuti: i signorini del club del golf hanno dato lo sfratto alle loro famiglie, per radere al suolo il quartiere e costruire nuovi, esclusivi campi da gioco. Poco prima di andarsene, però, uno di loro scopre in soffitta un’antica mappa del tesoro, appartenuta a Willy l’Orbo – un temibile pirata spagnolo del Seicento. Se i Goonies riusciranno a mettere le mani sul bottino del vecchio corsaro, potrebbero ancora salvare le loro case! Età di lettura: da 9 anni.

 

 

Christopher Paolini, Eragon. Colouring book, Rizzoli, 16,00 €

Illustrazioni di Ciruelo. La sinossi:

Eragon, Saphira, Brom e Nasuada: ma anche Galbatorix, Shruikan, Durza e i Ra’zac: la terra di Alagaesa creata da Christopher Paolini ha popolato l’immaginazione dei suoi avidi lettori di ritratti indimenticabili: eroi e terribili tiranni, elfi e alberi incantati, nani e creature mostruose ma dal candido, infinito coraggio. Ora, grazie a questo albo che raccoglie più di 40 tavole originali firmate da uno dei più celebri illustratori fantasy, gli appassionati del Ciclo dell’Eredità potranno rituffarsi nel mondo del Cavaliere dei Draghi e della sua Dragonessa, e personalizzarlo con la loro speciale, irripetibile fantasia.

 

 

Mervyn Peake, Gormenghast, Adelphi, 14,00 €

Edizione economica. La sinossi

Soverchiato dalla cima ad artiglio e dalle giogaie scoscese dell’omonimo monte, il reame di Gormenghast ha il suo centro in un immane agglomerato tirannico con le sembianze di un castello. Qui ogni antica bellezza si è corrotta in cupa fatiscenza: le mura sono sinistre «come banchine di moli», e le costruzioni si tengono tra loro «come carcasse di navi sfasciate». E qui, intorno al piccolo Tito – divenuto il settantasettesimo conte dopo la misteriosa morte di Sepulcrio –, si muovono gli esseri inconcepibili che sono la sostanza stessa di cui è composto il castello: la gigantesca contessa Gertrude, la madre, dalle spalle affollate di uccelli e dallo spumoso strascico di gatti bianchi; l’amata sorella Fucsia dai capelli corvini, che col suo abito cremisi infiamma i corridoi grigi; il fanatico custode delle leggi, Barbacane, nano storpio che raggela il sangue col secco schiocco della sua gruccia; e il gelido Ferraguzzo, che non cessa di ascendere verso il culmine della sua bramosia di potere. Prigioniero di riti decrepiti e di trame che falciano la sua livida Corte, Tito, che pure vorrebbe sfuggire a Gormenghast, dovrà combattere per salvare dal Male il cuore del castello – e trovare se stesso: perché forse un altrove non è nemmeno pensabile, e tutto conduce a Gormenghast.
Nel secondo pannello della sua trilogia, Peake raggiunge il nucleo più oscuro di una narrazione che molti hanno paragonato, per vastità di respiro e potenza visionaria, al Signore degli anelli. In realtà egli va molto oltre, riuscendo a saldare in un travolgente flusso romanzesco il male della storia e il Male metafisico, e a far dono al lettore di una scrittura che fonde lo smalto imprevedibile dei colori alla precisione iperrealistica dei dettagli – quasi la ‘trascrittura’ dell’arte di un pittore fiammingo gettato dal caso nel cuore di un altro mondo, che non abbandonerà più la nostra memoria.

 

 

J.K. Rowling, Il quidditch attraverso i secoli, Salani, 12,00 €

Nuova edizione. La sinossi:

Se vi siete mai domandati l’origine del Boccino d’Oro, da dove siano spuntati i Bolidi e perché i Wigtown Wanderers abbiano l’immagine di una mannaia d’argento sulla divisa, allora Il Quidditch attraverso i secoli è il libro che fa per voi. Questa edizione limitata è una copia del volume custodito nella Biblioteca di Hogwarts e consultato quasi quotidianamente dai giovani tifosi del Quidditch. Età di lettura: da 8 anni.

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Virginia Woolf: Una stanza tutta per sé

Una stanza tutta per sé è nato da due conferenze che Virginia Woolf ha tenuto nel 1928 nei collegi femminili dell’Università di Cambridge. Il tema, le donne e il romanzo, era abbastanza generico da consentire alla scrittrice di spaziare nella direzione in cui avesse voluto, e lei lo ha fatto.

Questo è il primo libro della Woolf che leggo, ma non è certo la prima cosa che lei ha scritto. Tralasciando saggi e racconti, Virginia aveva già pubblicato La crociera nel 1915, Notte e giorno nel 1920, La stanza di Jacob nel 1922, La signora Dalloway nel 1925, Gita al faro nel 1927 e Orlando nel 1928. A questi sei romanzi la Woolf aveva affiancato una notevole attività intellettuale all’interno del circolo culturale Bloomsbury Group, e sociale, accostandosi al movimento delle suffragette. Nel Regno Unito il diritto di voto alle elezioni politiche venne concesso alle donne in modo parziale nel 1918 (solo alle mogli dei capofamiglia con più di 30 anni) e in modo totale nel 1928, poco prima delle conferenze della Woolf. Il tema delle discriminazioni nei confronti delle donne quindi per Virginia era fondamentale e attuale.

Il saggio inizia con una lunga divagazione. Virginia immagina di passeggiare per il campus dell’Università di Oxbridge – unione dei nomi Oxford e Cambridge – e di essere gentilmente richiamata a un comportamento decoroso perché sta camminando sul prato, cosa consentita agli uomini mentre a lei, evidentemente una creatura inferiore, è concesso di camminare solo sul vialetto di ghiaia. I suoi pensieri poi le fanno sentire la necessità di controllare determinati testi in biblioteca, ma quando prova ad accedervi scopre di non poterlo fare perché

le signore possono entrare in biblioteca soltanto se accompagnate da un professore del college o in possesso di una lettera di presentazione.

Se la divagazione si fosse limitata a questo mi sarebbe piaciuta, la Woolf invece ha scelto di proseguire con il suo racconto arrivando ad annoiarmi un po’. Questo prima di arrivare nel vivo del discorso, cosa che comunque è in parte già in nuce nelle poche parole che ho citato.

Le signore non possono entrare in biblioteca da sole. Il che significa che se una donna aveva bisogno di fare una ricerca, se doveva controllare un dettaglio per un progetto su cui stava lavorando o se stava seguendo un particolare filo di pensiero e le servivano conferme o smentite, o anche solo spunti di riflessione, non poteva farlo, a meno di essere accompagnata. Se io decido di scrivere un articolo su un particolare argomento posso consultare i libri che ho in casa, fare ricerche su internet, o andare in un’infinità di biblioteche. Nel corso degli anni sono andata a cercare libri o informazioni in una ventina di biblioteche diverse, e in qualche caso ho fatto uso del prestito interbibliotecario per far arrivare da me libri che io non riuscivo a raggiungere. Questo negli ultimi due decenni del XX secolo e nel XXI secolo. Ma in passato le cose come stavano? Ora può sembrare scontato, ma nel 1929 Virginia Woolf faceva notare che se le donne di genio ricordate dalla storia erano molte meno degli uomini uno dei motivi era che alle donne mancava la possibilità di farsi un’istruzione da cui partire per dimostrare il proprio genio. Ne parla diffusamente più avanti, come parla dei pregiudizi che lei e le altre signore si trovavano ad affrontare, pregiudizi talmente radicati che a volte erano le donne stesse a reputare ciò che facevano loro inferiore rispetto a ciò che facevano gli uomini. Pregiudizi nati per un motivo eminentemente utilitaristico. Come nota la scrittrice

La vita per entrambi i sessi […] è faticosa, difficile, una lotta infinita. Richiede coraggio e forza immensi. Più di ogni altra cosa, forse, poiché siamo creature dell’illusione, richiede fiducia in se stessi. Senza fiducia in noi stessi siamo come neonati nella culla. E come possiamo generare questa qualità imponderabile, eppure così inestimabile, nel modo più veloce possibile? Pensando che gli altri siano inferiori a noi.

Detta in altri termini, se la donna è inferiore allora l’uomo è superiore. Sia pure in modo inconscio la cultura dominata dagli uomini si è sviluppata in modo tale da far sentire anche il più misero degli uomini come una creatura in qualche modo eletta, perché inferiore a lui c’erano tutte le donne. Ritenere che gli altri siano inferiori a noi non è solo sbagliato, è anche pericoloso, e tutte le culture che guardano all’altro come qualcuno di inferiore cadono nello stesso pregiudizio e rischiano, prima o poi, un amaro risveglio. Anche se la strada per il risveglio non è mai facile o lineare.

La Woolf nota che per la nascita di una letteratura femminile sono essenziali un paio di condizioni (al di là di istruzione, volontà e doti naturali): un reddito minimo, che pone la donna nelle condizioni di non dover dipendere da quel che le concede un uomo, sia esso padre o marito, e una stanza tutta per sé, dove può ritirarsi e scrivere in pace senza essere continuamente interrotta dalle infinite incombenze quotidiane. E, anche queste condizioni sono presenti, resta comunque un divario.

è ovvio che i valori delle donne molto spesso sono diversi dai valori stabiliti dall’altro sesso; è naturale che sia così. Eppure sono i valori maschili a prevalere. Per dirlo in modo grossolano, il calcio e lo sport sono “importanti”; il culto della moda, l’acquisto dei vestiti, “banali”. E questi valori vengono inevitabilmente trasposti dalla vita alla narrativa. Questo è un libro importante, ritiene il critico, perché tratta della guerra. Quest’altro è un libro insignificante perché parla dei sentimenti delle donne in un salotto. Una scena su un campo di battaglia è più importante della scena in un negozio – ovunque e molto più sottilmente la differenza di valori persiste.

La donna parla di argomenti insignificanti, l’uomo di argomenti importanti. Io personalmente sono più interessata allo sport (non al calcio però) che alla moda, ma il fatto che George R.R. Martin (un uomo) passi parecchio tempo a descrivere gli abiti indossati dai suoi personaggi non rende meno drammatici gli avvenimenti della guerra, o meno complicati gli intrighi. Ritirando il premio Nobel per la Letteratura William Faulkner ha detto – e Martin ha fatto suo questo principio – che l’unica cosa di cui valga la pena narrare è il cuore umano in conflitto con sé stesso, e qualche pagina dedicata ai vestiti non impedisce allo scrittore di approfondire la psicologia dei suoi personaggi o di dargli problemi morali dalle risposte complesse.

Quando decidete di leggere un libro siete influenzati dal fatto che l’autore sia un uomo o una donna? Quando ho comprato due manuali di gravidanza io li ho scelti anche perché le loro autrici oltre a essere ginecologhe erano mamme, ma questa è una situazione particolare. Nei libri che in qualche modo trattano di donne, anche a livello sociologico o psicologico, sono sempre molto consapevole del sesso dell’autore, ma nella narrativa per me non ha alcuna importanza il fatto che l’autore sia un uomo o una donna, e la conferma è data dal fatto che gli autori che su di me hanno la maggior presa emotiva sono un uomo – Guy Gavriel Kay – e una donna – Mercedes Lackey. Con loro è praticamente sicuro che io mi metterò a piangere. E uomini e donne mi hanno donato storie straordinarie, e un bel po’ di occasioni per riflettere. Ma questo non vale per tutti.

Pensiamo, non troppi anni fa, a Joanne Rowling, scrittrice sconosciuta a cui l’editore chiese di adoperare uno pseudonimo tale da celare il suo sesso in modo da non scoraggiare i potenziali lettori maschi. Ennesimo caso dell’uso di una maschera come già fatto in passato da Alice Sheldon/James Tiptree Jr., prima ancora da C.L. Moore, o, ancora prima, da Mary Anne Evans/George Eliot, citata pure dalla Woolf. L’elenco potrebbe andare avanti a lungo, ma non ne vale la pena. A me interessa il tipo di problema, altri nomi possono essere reperiti da chiunque abbia voglia di fare un’apposita ricerca. Per me non ha alcuna importanza che l’autore sia un uomo o una donna, è un dato che la mia mente registra e passa oltre, così come passa oltre sulla nazionalità dell’autore, per concentrarsi poi sul contenuto delle pagine, ma diverse persone (tutti uomini) mi hanno detti di non leggere libri scritti da donne perché non gli interessano. Questo senza aggiungere ulteriori considerazioni. È una donna? Allora, per loro, o scrive male o scrive di banalità, e non servono altri elementi per valutare il libro, non serve neppure provare a conoscerlo.

A volte i libri scritti dalle donne contengono effettivamente un problema di base. Parlando di alcuni romanzi ottocenteschi la Woolf ha scritto che

È sufficiente sfogliare quei vecchi romanzi dimenticati e ascoltare il tono di voce con cui furono scritti, per capire che la scrittrice andava incontro a più di una critica; nel dire questa cosa si dimostrava aggressiva, nel dire quell’altra conciliante. Ammetteva di essere «soltanto una donna» o rivendicava il fatto di «valere quanto un uomo». Andava incontro a quelle critiche, a seconda del suo temperamento, con docilità e diffidenza, o con rabbia e veemenza. Non importa quale prevalesse; in quel momento pensava ad altro rispetto al romanzo stesso. Il libro ci crolla in testa.

Ecco, quando l’autrice è consapevole di essere un’autrice, effettivamente ci sono problemi, ma nei quasi novant’anni trascorsi da quando la Woolf ha tenuto le sue conferenze molte cose sono cambiate, compreso l’aumento del numero di scrittrici e la costruzione di una traduzione sempre più lunga e variegata su cui poggiarsi per andare avanti. Ora è abbastanza raro che un’autrice tiri in ballo il suo essere autrice, anche se rivendicazioni di questo tipo esistono ancora. Ottimi spunti di riflessione in questo senso sono forniti da Kameron Hurley nel suo The Geek Feminist Revolution.

La Woolf – e sono consapevole del fatto che non dovrei mettere l’articolo davanti al cognome, ma certe consuetudini sbagliate sono così radicate in noi che a volte è difficile scegliere di fare la cosa corretta – ha scritto un bel po’ di cose interessanti, cose su cui vale la pena riflettere, e un commento approfondito al suo testo richiederebbe molto più tempo di quello che posso permettermi di dedicare a questo blog. Mi limito perciò a consigliarne la lettura e a citare giusto un altro paio di passaggi che mi hanno colpita per motivi diversi.

i libri si continuano l’un l’altro, nonostante la nostra abitudine di giudicarli separatamente.

Passaggio che mi richiama alla mente la scena in cui Adso da Melk visita la biblioteca in Il nome della rosa di Umberto Eco e si sofferma a riflettere sui libri che dialogano fra loro. All’epoca quella riflessione mi aveva colpita, ora ho la certezza che sia vera. In caso contrario perché così spesso quando parlo di un libro non posso fare a meno di parlare di altri libri? Ricordo anche che, contemporaneamente ai diversi libri di cui ho parlato in questi giorni, sto leggendo un saggio di Umberto Eco, e ieri mi sono soffermata a pensare a qualcosa che avevo appena letto chiedendomi se l’autore di quelle parole fosse il semiologo italiano o la scrittrice inglese. I libri parlano fra loro, e se Umberto conosceva certamente Virginia non posso sottrarmi del tutto all’idea che in qualche modo anche Virginia parlasse con Umberto. Parli con lui, perché, come ha scritto Cees Nooteboom in Tumbas, I poeti morti continuano a parlare. E se loro parlano io mi sento legittimata a passare da un libro all’altro a seconda del dialogo in cui mi trovo coinvolta. La prova viene da un altro passaggio:

all’altra difficoltà che dovevano affrontare (mi riferivo ancora alle romanziere di inizio Ottocento) nel momento in cui arrivavano a mettere per iscritto i loro pensieri – e cioè il non avere alle spalle una tradizione, o l’averne una così breve e parziale da essere di scarso aiuto. Perché se siamo donne pensiamo a ritroso attraverso le nostre madri. È inutile andare in cerca di aiuto dai grandi scrittori, per quanto si vada da loro con piacere. Lamb, Browne, Thackeray, Newman, Sterne, Dickens, De Quincey – o chiunque altro – non sono mai stati d’aiuto a una donna, sebbene qualcuna possa aver imparato da loro qualche trucco, per poi adattarlo alle proprie necessità. Il peso, il ritmo, l’andatura della mente maschile sono troppo diverse dalle sue perché possa ricavarne con successo qualcosa che abbia sostanza.

Il che, facendo un salto enorme ma non impossibile, significa che per quanto possano volerlo, in L’ascesa dell’Ombra di Robert Jordan Egwene ed Elayne non hanno alcuna possibilità d’insegnare a Rand a incanalare saidin perché saidar, la metà femminile dell’Unico Potere, è infinitamente diverso dalla metà maschile.

Finisco sempre a parlare di donne e di fantasy? Può darsi, le tematiche femminili mi interessano – basta che non si tratti di moda o del modo migliore per conquistare un uomo – e io sono una lettrice di fantasy, anche se reputo che il fantasy da solo, se non è affiancato da classici e saggistica, non sia completo. I libri parlano e io prendo da loro quel che hanno da darmi. E nonostante una lunga e in parte noiosa sezione introduttiva Una stanza tutta per sé è davvero un libro interessante.

laddove si parla di libri, è notoriamente molto difficile fissare delle etichette di merito in modo tale che poi non si stacchino più. Forse che le recensioni di letteratura contemporanea non sono una perpetua dimostrazione di quanto sia difficile dare un giudizio? «Questo grande libro», «questo inutile libro», lo stesso libro è chiamato in entrambi i modi. Tanto la lode quanto il biasimo non hanno valore.

Il mio giudizio è il mio giudizio, non necessariamente il vostro. Più importanti del mio giudizio sono la lettura personale e la riflessione, non come obbligo ma come arricchimento. Ascoltate quel che hanno da dire i libri e leggete per vivere.

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Cube Kid: Diario di un guerriero

Cube Kid è lo pseudonimo di Erik Gunnar Taylor, un giovane autore che vive in Alaska, Usa. Da sempre fanatico di videogame – e in particolar modo di Minecraft – ha scoperto molto presto la passione per la scrittura di fanfiction. Il suo primo libro, Diary of a Wimpy Villager, è uscito nel febbraio del 2015 in e-book e ha scatenato l’entusiasmo dei lettori online e dei giocatori di Minecraft. Il romanzo è stato pubblicato per la prima volta in Francia nel febbraio 2016 nella sua versione attuale, illustrato da Saboten. E da qui ha fatto il giro di mondo, dando il via a una serie di grande successo. Quando non scrive, Cube Kid viaggia, armeggia con la sua automobile, divora fanfiction e… gioca con il suo videogame preferito!

E com’è che io, che non amo né le fanfiction né i videogame, sono riuscita a passare da Bartleby lo scrivano di Herman Melville, di cui ho fatto finta di parlare ieri, a Diario di un guerriero? Al primo sono arrivata dopo essermi imbattuta nell’ennesima citazione del libro in un articolo (che per altro avevo già letto almeno un paio di volte in passato) di Emanuele Mancohttp://www.fantasymagazine.it/13934/vero-e-verosimile-una-riflessione. Al secondo sono arrivata perché sono una mamma. Io voglio che le mie figlie leggano, e l’unico modo per avere buone probabilità di riuscire in quest’obiettivo è farle divertire. Sto continuando a leggere ad alta voce per entrambe, in modo che possano godersi la storia senza dover fare la fatica della decifrazione, anche se ormai entrambe sono oltre la fase della semplice decifrazione dei testi. E cerco di proporgli testi che possano piacergli. Devono piacere a loro, non necessariamente a me. Se a loro piace leggere, con il tempo il loro gusto si evolverà, se non gli piace i libri rimarranno sempre un oggetto inutile e distante dai loro interessi.

Quest’estate Alessia ha giocato parecchio a Minecraft con un cugino di qualche anno più grande. Io ho visto il suo divertimento e ho pensato a quei libri che ho venduto a non so quanti ragazzini. La serie di Cube Kid – i titoli sono Diario di un guerriero, Diario di un super-guerriero!!!, Diario di un megaguerriero e Diario di un vero guerriero, ma in francese lo scorso agosto è stato pubblicato un quinto titolo, Journal d’un noob – Guerrier ultime – è una delle poche per cui ho visto un buon numero di giovani lettori venire a cercare avidamente il nuovo volume per poter andare avanti nella lettura. Inevitabilmente appena possibile ho comprato il primo volume, divorato da Alessia in… tre giorni? A quel punto ha iniziato a chiedere il secondo, e visto che eravamo in vacanza, dove le librerie fanno ancora orari normali, ed era sabato sera, lei ha dovuto aspettare quasi due giorni per poter andare avanti con la storia. Intanto ha iniziato a leggere anche Ilaria. Ora Alessia ha letto tutti e quattro i libri, Ilaria è nel terzo. Quanto a me, domenica ho letto il primo. Le due parlavano, e per capire il senso di ciò che stavano dicendo ho deciso di leggere almeno il primo volume. Del resto ho letto anche il primo Diario di una schiappa di Jeff Kinney, altra serie che Alessia adora (Ilaria non tanto).

La presentazione dell’editore:

Minecraft non è solo un videogioco, ma un fenomeno mondiale studiato da analisti di ogni paese. Creato nel 2009 da uno sviluppatore indipendente ha raggiunto velocemente grande notorietà raggiungendo il boom tra il 2010 e il 2011. Ad oggi è il gioco per PC più venduto di tutti i tempi con ben 20 milioni di copie all’attivo e se si prendono in considerazione tutte le piattaforme sulle quali è presente (PC, Xbox, Play Station e le principali piattaforme mobile), il numero totale di copie vendute sale a ben 70 milioni!

Sono stati pubblicati diversi libri su Minecraft: sia dei veri e propri manuali che libri sulla storia e sul fenomeno del gioco svedese. È stato persino girato un documentario, ma solo ora con ElectaKids arriva in Italia la prima fan fiction sul mondo Minecraft destinata ad un pubblico di ragazzi dagli 8 ai 13 anni. Minus a 12 anni, frequenta le medie ed è destinato a fare il contadino, il fabbro o il macellaio come gli altri suoi coetanei del villaggio. Ma il suo sogno è un altro: Minus vuole combattere per difendere il suo villaggio dagli attacchi dei mostri. Così, quando viene a sapere che i cinque migliori allievi della scuola potranno avere una formazione da guerrieri, Minus ce la mette tutta. Vuole diventare un valoroso guerriero. Autopubblicato negli Stati Uniti con un venduto di 120.000 copie, questa fanfiction è ispirata all’universo di Minecraft, il celebre videogioco, riproponendone in forma narrata i luoghi, i personaggi e le creature che ne animano le avventure. Primo di una serie di 4 libri, Il diario di un guerriero punta sui giovanissimi che in tutto il mondo, anche in Italia, si appassionano al videogioco di Minecraft. La serie è in corso di pubblicazione dai principali editori del mondo ragazzi negli USA, in Francia, Spagna, Germania, Portogallo.

Il romanzo è preceduto da una dedica, e prima o poi dovrò raccontare ad Alessia e Ilaria di come le vite di tutti sono collegate e di come non possiamo restare indifferenti di fronte all’ingiustizia, anche se non ci tocca in modo diretto:

Per Lola Salines, l’editor di questa serie di libri, che ha perso

la vita durante gli attentati di Parigi. il 13 novembre 2015.

Grazie per aver creduto in me.

Dal secondo romanzo il testo è lievemente diverso:

Per Lola Salines, l’editor di questa serie di libri,

che, quel venerdì 13 novembre, è andata a ballare al Bataclan.

Grazie per aver creduto in me.

È facile far scivolare lontani anche gli avvenimenti più drammatici quando non ci toccano direttamente, e invece certe cose vanno ricordate. Lo dobbiamo a chi non c’è più, ma anche a chi c’è ancora e sa che queste cose non si devono ripetere.

I libri sono chiaramente per bambini e ragazzi. Il volume più lungo, il primo, è di 299 pagine, e visto che il testo è scritto piuttosto largo e che le illustrazioni sono molte la lettura è davvero veloce. La forma è quella di un diario con Minus, il protagonista, che descrive le sue giornate, fra lezioni, bisticci con i compagni e attacchi di mostri. Lo stile è semplice e diretto, e visto che si tratta di un diario l’autore non si è dovuto preoccupare troppo né dei dialoghi né di descrizioni particolarmente approfondite di quel che lo circonda. Minus ha dodici anni ed è un villico, con una capacità di osservazione e introspezione legata alla sua età e alla sua scarsa cultura. Quella di Cube Kid non è certo alta letteratura, ma della letteratura non ha mai avuto le pretese. La storia è divertente, ricca di gag e di colpi di scena e scorre rapidamente grazie alla sua capacità d’incuriosire i giovani lettori proponendogli una trovata dietro l’altra. I pochi commenti sui mondi paralleli fanno intuire una buona conoscenza del fantasy da parte dell’autore, e il cammino di Minus dimostra la necessità d’impegnarsi per ottenere il risultato sperato, quella di capire cosa viene richiesto in un determinato compito e quanto sia importante non lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà e avere al proprio fianco amici veri. Per i giovani appassionati di Minecraft – ma anche per quelli che non conoscono il gioco e vogliono solo divertirsi un po’ con una storia d’avventura – si tratta di un buon libro, probabilmente di una buona serie anche se non ho letto i seguiti.

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Le preferenze di Bartleby lo scrivano di Herman Melville

Al di là del commento personale che è scritto talmente bene che si legge in un soffio, cosa potrei mai dire di nuovo, di profondo, su Bartleby lo scrivano di Herman Melville?

Davvero devo parlarne?

Preferirei di no.

La sinossi:

Bartleby, scrivano, un giorno si rifiuta di svolgere il proprio lavoro. “Preferirei di no”: questa è l’unica spiegazione che concede. Bartleby semplicemente si ferma, seduto alla scrivania, al centro dell’ufficio o nella prigione di New York, e fissa il muro. Perché? Sulle motivazioni si sono interrogati filosofi e letterati, senza trovare una risposta unanime. E il fascino del piccolo capolavoro di Melville, apparso per la prima volta nel 1853 e oggi considerato uno dei più bei racconti dell’era moderna, è proprio qui, nel mistero di un uomo che nega l’accesso al proprio animo e alle proprie ragioni, mentre sfida pacificamente la rigida società di Wall Street e sconvolge equilibri e aspettative, che crollano come un castello di presunzioni senza fondamento. Bartleby è un sognatore o un disilluso? Sergio Perosa, nella limpida introduzione, ne esplica la natura, consapevole dell’impossibilità di un giudizio definitivo sulla vita e le azioni dello scrivano di Wall Street.

P.S.: Forse è ora che io inizi a pensare di leggere Moby Dick.

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Cees Nooteboom, Tumbas. Tombe di poeti e pensatori

Per un certo periodo Filippo Tuena ha ripetuto sulla sua pagina Facebook l’esortazione “Leggete bei libri”, affiancata dalla copertina del libro di Cees Nooteboom Tumbas. Tombe di poeti e pensatori.

Io sono abbastanza refrattaria ai consigli, ne ricevo troppi da troppe persone diverse per potermi comportare in un altro modo, ma alcuni consigli meritano maggiore considerazione di altri. Tuena non si rivolgeva specificamente a me ma ai suoi contatti in generale, eppure la percezione di un invito personale a leggere l’opera di Nooteboom c’è stata. Tumbas, come dice lo stesso sottotitolo, parla di tombe, di poeti e di pensatori, e non è sorprendente che Tuena sia affascinato da un libro di questo tipo. La sua bibliografia parla chiaro, tralasciando la saggistica, le opere composite e quelle più autobiografiche, dal 2011 in poi ha pubblicato La grande ombra, che ruota intorno alla figura di Michelangelo Buonarroti e al suo lascito materiale e spirituale dopo la morte, Le variazioni Reinach, che narra della lenta discesa agli inferi di una ricca famiglia ebrea parigina scomparsa ad Auschwithz, Ultimo parallelo, che ricostruisce la tragica spedizione di Robert Falcon Scott al Polo Sud, Memoriali suo caso Schumann, che s’interroga sul compositore tedesco a partire dal suo fallito tentativo di suicidio, e infine Com’è trascorsa la notte. Il sogno, che parte da Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare per arrivare a quella che, per tutti, è l’ultima scena. Tombe, poeti e pensatori.

Chi giace nella tomba di un poeta? In ogni caso non il poeta, questo è sicuro. Il poeta è morto, altrimenti non avrebbe una tomba. Ma chi è morto non si trova più da nessuna parte, nemmeno nella propria tomba. Le tombe sono ambigue: custodiscono qualcosa e non custodiscono niente. Questo, naturalmente, vale per qualsiasi tomba, ma nel caso di quelle dei poeti e degli scrittori c’è anche qualcosa d’altro. C’è una differenza. La maggior parte dei morti tace. Non dice più niente. Ha – letteralmente – già detto tutto. Per i poeti non è così. I poeti continuano a parlare. A volte si ripetono. Succede ogni volta che qualcuno legge o recita una poesia per la seconda o per la centesima volta. Parlano anche ai non nati, a chi non viveva ancora quando hanno scritto quel che hanno scritto.

Perché si va sulla tomba di una persona che non si è mai conosciuta? Perché ci dice ancora qualcosa, perché dice qualcosa a te, qualcosa che ti risuona ancora nelle orecchie, che ti è rimasta in testa e probabilmente non potrai mai dimenticare, qualcosa che conosci a memoria e che di tanto in tanto, a bassa o ad alta voce, ripeti. Con una persona di cui si ricordano le parole si ha una relazione di qualche tipo. Ma questo non è ancora sufficiente per andare sulla sua tomba.

E allora Nooteboom s’interroga nel suo girovagare fra le tombe, attraverso i suoi testi ma anche con l’ausilio dei testi dei poeti, o di coloro che dai poeti sono stati toccati. Il suo pellegrinaggio è accompagnato dalle foto scattate di volta in volta da Simone Sassen, e anche qui non posso non pensare a Tuena. Nella nuova edizione di Cacciatori di notte, libro in cui mi ero accidentalmente imbattuta in biblioteca fra il 1999 e il 2000 – è buffo cosa si fissi nella mente, io so in quale biblioteca ho preso in prestito il libro e so di averla frequentata solo nel periodo in cui ho fatto un lavoro che mi portava a passare da quelle parti, quindi riesco a circoscrivere il tempo – e che ho potuto comprare solo recentemente grazie a una nuova edizione spiega che

allora [all’epoca della prima edizione, nel 1997] non usavo corredare i testi di immagini esplicative.

A questa mancanza ha rimediato ora con una manciata di foto aggiunte nelle ultime pagine. La grande ombra, almeno l’edizione che ho io, non contiene foto, il successivo La passione dell’error mio è invece arricchito da un inserto fotografico, ma in questo caso si tratta di un saggio su un artista: che sia corredato da fotografie è una cosa normale. Le foto iniziano a comparire nella narrativa in Le variazioni Reinach e non ne escono più, con l’ispirazione per questo modo di procedere arrivata grazie alla lettura di Winfried G. Sebald.

Nooteboom compie un lungo pellegrinaggio fisico, andando a cercare le tombe in luoghi molto lontani fra loro, e spirituale, interrogandosi sulla morte, e di conseguenza sulla vita, sulla letteratura e sul pensiero. Tumbas non è un libro che possa essere riassunto, è un percorso da compiere, che cambia per ciascuno di noi perché ciascuno di noi ha letto autori diversi e ha reazioni diverse nel trovarsi davanti ai vari personaggi. Quando si è recato da Ludwig Wittgenstein, per esempio, non ha potuto non parlare della scala e ha citato una frase famosissima che troppo spesso, in più modi, non teniamo a mente:

Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere.

A me questa frase, ma anche il passaggio sulla scala, ha riportato in mente Il nome della rosa di Umberto Eco. Io ho scoperto di Wittgenstein leggendo quel romanzo, anzi leggendo di quel romanzo. I miei studi non comprendevano la filosofia, quel che so l’ho approfondito in seguito, per curiosità personale. Wittgenstein è giunto a me grazie al libro curato da Renato Giovannoli Saggi su Il nome della rosa.

Non solo, Tumbas cambia anche a seconda del momento in cui lo si legge, perché nella prefazione Nooteboom ha scritto

Nerval, che si suicidò nel 1855, non avrebbe mai immaginato quel che Proust avrebbe scritto su di lui e sulla sua famosa novella Sylvie in Contro Sainte-Beuve. Eco, che ha tradotto Sylvie e che per fortuna è ancora vivo, ne parla nel suo libro Sulla letteratura. Tesse una ragnatela in cui cattura Proust e Nerval, e come a volte capita, passeggiando in un bosco, di imbattersi in una ragnatela che resta per un attimo attaccata alla faccia, così ho qui la sensazione che il ragno Eco ne abbia intessuta una di mille fili tra le due tombe.

E io sono rimasta impigliata in un’altra ragnatela, perché Tumbas è del 2007, è stato tradotto in italiano nel 2015 e io l’ho letto nel 2017, con Eco che è morto il 19 febbraio 2016, quindi il per fortuna è ancora vivo di Nooteboom è ormai scaduto. Volendo posso aggiungere alla ragnatela la mia abitudine di leggere più libri nello stesso periodo, saltando dall’uno all’altro senza problemi a seconda di quel che sento il bisogno di leggere in un dato momento, e che qualche giorno prima di iniziare a leggere Tumbas avevo iniziato Sugli specchi e altri saggi proprio di Eco.

Quello di Tumbas è un cammino complicato che, davanti alla tomba di Virgilio, porta l’autore a chiedersi

Di quante vite abbiamo bisogno?

e parla dell’importanza di una corretta lettura delle opere letterarie

Per essere utilizzabile dopo la totale disintegrazione dell’Europa causata dalla Seconda guerra mondiale, la poesia di Virgilio deve essere letta come letteratura viva, come il racconto di una maledizione e di una catastrofe, un racconto sul destino e l’eroismo.

Tumbas non è un libro per tutti, ma per chi riesce ad ascoltare quello che ha da dire è davvero un bel libro.

Dal sito dell’editore è possibile scaricare le prime pagine: http://iperborea.com/titolo/429/.

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Le torri di mezzanotte di Robert Jordan e Brandon Sanderson. Dal prologo al capitolo 18

Rilettura di Le torri di mezzanotte di Robert Jordan e Brandon Sanderson.

Presto divenne evidente, perfino all’interno dello stedding, che il Disegno si stava sfilacciando. Il cielo si oscurava. I nostri morti apparivano, disposti in anelli fuori dai confini dello stedding, guardando dentro. Cosa più inquietante, gli alberi erano malati e nessuna canzone riusciva a guarirli.

Fu in questo tempo di sofferenze che presi la parola al Grande Comizio. Sulle prime mi era stato proibito, ma mia madre, Corvil, pretese che avessi la mia opportunità. Non so cosa fu a farle cambiare idea, dal momento che lei stessa aveva argomentato con decisione per lo schieramento opposto. Le mani mi tremavano. Sarei stato l’ultimo oratore, e molti parevano aver preso la decisione di aprire il Libro della Traslazione. Mi consideravano un ripensamento.

E io sapevo che, se non avessi detto loro la verità, l’umanità sarebbe stata lasciata sola ad affrontare l’Ombra. In quel momento il mio nervosismo svanì. Provai solo una tranquillità, un calmo senso di determinazione. Aprii la bocca e cominciai a parlare.

da Il Drago Rinato, di Loial, figlio di Arent figlio di Halan, dello Stedding Shangtai

Prologo: Distinzioni

Adoro la trama di Lan. Il suo viaggio sembra un po’ troppo tranquillo considerando ciò che avviene in altre pagine di questo stesso libro, mi sa che qui abbiamo una bella sfasatura temporale. In fondo Nynaeve lo ha portato in Saldaea in La lama dei sogni, e per tutto Presagi di tempesta non abbiamo saputo nulla di lui. Abbiamo già incontrato Bulen, all’epoca un ragazzo, in Nuova primavera, impegnato a tenere in ordine le cose di Lan nel Palazzo Aesdaishar a Chachin e a lucidargli gli stivali. Una presenza troppo fuggevole perché un lettore la possa ricordare, specie se passa parecchio tempo fra la lettura di un libro e quella dell’altro. Quel che conta è che ora Bulen è qui per seguire il suo re.

Perrin sogna un sogno da lupi e si interroga sulle parti da cui è composta la sua vita.

Stava costruendo qualcosa di importante. Di molto importante. Era un pezzo di qualcosa di più grande. Il primo passo per creare qualcosa era comprenderne le parti. Mastro Luhhan lo aveva insegnato a Perrin il suo primo giorno alla forgia. Non potevi fare un badile senza capire come il manico si inseriva nella lama. Non potevi fare un cardine senza sapere come le due bandelle si muovevano con il perno. Non potevi nemmeno fare un chiodo senza conoscerne le parti: testa, fusto, punta.

Comprendi i pezzi, Perrin.

Sono anni che dico che i libri parlano fra loro. Lo hanno fatto anche stavolta, in modo del tutto inaspettato. Uno dei libri che sto leggendo in questi giorni è Tumbas, di Cees Nooteboom. Nelle pagine dedicate a Goethe e Schiller si trova una riflessione conclusa con queste parole:

è vero infatti, purtroppo, che conosciamo solo quello che scomponiamo.

Nooteboom riflette sui due poeti e drammaturghi tedeschi ma, senza saperlo, parla anche dei tormenti di un fabbro americano.

Altra bolla di male, questa volta sotto forma di serpenti. Ormai stanno diventando la norma.

Graendal. Credevamo di esserci liberati di lei e invece no, in fondo Lews Therin era ben consapevole di come la sua avversaria fosse più intelligente di lui. Certo la freddezza nell’eliminare Aran’gar per far credere a Rand che lei stessa è morta è notevole. Come sapeva Verin, la caratteristica più spiccata dei Reietti è l’egoismo. Rand si danna l’anima con questi omicidi, ma vista la quantità di fuoco malefico che sta usando i suoi gesti hanno un altro risvolto terribilmente pericoloso:

Una sensazione sbagliata si riversò su di lei come un’onda, una deformazione nell’aria, il Disegno stesso che si increspava. Un urlo malefico era chiamato: un momento in cui la creazione stessa strillava di dolore.

La creazione stessa che urla di dolore? Ehm… Magari smetterla?

A differenza di Gawyn, che mi è sempre piaciuto anche quando prendeva delle cantonate enormi, Galad mi ha sempre preoccupata molto. Probabilmente la diversa reazione ai due è stata influenzata da Elayne, che ama il fratello ma si fida poco del fratellastro. La sua rigidità stannisiana (da Stannis Baratheon, ovviamente, anche se Stannis è nato diversi anni dopo di Galad) ha contribuito alla mia diffidenza, come pure il fatto che si sia unito alla Santa Inquisizione ai Manti Bianchi, che odiamo fin dai tempi di L’Occhio del Mondo. Galad si è riscattato solo in La lama dei sogni, quando ha sconfitto Valda ed è diventato il Lord Capitano Comandante dei Figli della Luce. Ora fa del suo meglio per fare la cosa giusta, capisce di doversi alleare alle streghe di Tar Valon perché nessuna malvagità può essere più grande di quella del Tenebroso e si sacrifica per il bene dei suoi Figli.

Breve intermezzo su Padan Fain di cui avrei tranquillamente potuto fare a meno.

Quanto è intensa la parte di Malenarin Rai? Non lo abbiamo mai visto, compare per una manciata di pagine nel tredicesimo romanzo della saga, quando vogliamo sapere cosa combinano gli altri personaggi che abbiamo seguito fin qui, e muore subito, perché non c’è modo che lui e gli altri possano essere sopravvissuti. Ma quanto è forte questa scena? La Ruota del Tempo è grande non solo per la sua complessità ma perché è capace di mostrarci personaggi mai visti prima, scene separate da tutto il resto anche se la conoscenza del mondo permette di collocarle facilmente nel giusto tempo e nel giusto luogo, e di farci venire i brividi per i sentimenti espressi, per la grandezza dei personaggi. In Malenarin, in suo figlio Keemlin, io vedo James Rigney, l’uomo che non si è mai arreso.

1: Prima le mele

Per quanto tempo abbiamo visto l’oscurità farsi sempre più fitta? Avevamo davvero bisogno di prima le mele. Avevamo già incontrato Almen Bunt in L’Occhio del Mondo, quando aveva dato un passaggio a Rand e Mat nel loro cammino verso Caemlyn e suggerito a Rand di nascondere la spada. E Che Rand abbia toccato profondamente Bunt fin dall’inizio ce lo dice Gawyn nel capitolo 24 di La grande caccia:

C’era un vecchio fattore che venne a Caemlyn giusto per vedere Logain, che si trovava lì per essere poi portato a Tar Valon; eppure il fattore è rimasto per schierarsi con mia madre quando sono iniziati i tumulti. Per via di un ragazzo che era in giro a vedere il mondo, e che gli aveva fatto pensare che c’era altro nella vita e non solo la sua fattoria. Rand al’Thor. Uno potrebbe quasi credere che è un ta’veren.

Sì, anch’io potrei quasi pensare che Rand sia un ta’veren.

«Ti sei… ti sei perso tra le colline?»

L’uomo si fermò, voltandosi di colpo. Parve sorpreso di trovare Almen lì. Con un sussulto, Almen si rese conto che il braccio sinistro dell’uomo terminava in un moncherino.

Lo sconosciuto si guardò attorno, poi inspirò a fondo. «No, non mi sono perso. Finalmente. Sembra passato parecchio tempo da quando ho compreso il sentiero davanti a me.»

e poi

«Ci sono sempre cose utili in giro, se guardi con sufficiente attenzione. Non puoi fissarle troppo a lungo. Imparare senza essere sopraffatti, questo è l’equilibrio.»

Non è più possibile dubitare di questo Rand, anche quando non condivido le sue decisioni.

2: Questioni di comando

Perrin continua ad avere dubbi e va in cerca di Basel Gill mentre i Manti Bianchi decidono che preferiscono la guida di Galad a quella di Asunawa.

3: La rabbia dell’Amyrlin

Aspettavamo già da un po’ questa rabbia. Nel prologo di La corona di spade Elaida aveva detto:

«La Torre Bianca sarà di nuovo integra, a parte le poche cacciate via e schernite, integra e più forte che mai. Rand al’Thor affronterà l’Amyrlin Seat e conoscerà la sua ira. La Torre Nera sarà dilaniata da sangue e fiamme, e le sorelle cammineranno sul suo suolo. Questo io Predico.»

La Torre Bianca è di nuovo integra e più forte che mai, vero, ma sotto il dominio di Ewgene, e le poche cacciate vie sono le Nere che sono riuscite a sfuggire alla giustizia. La rabbia affrontata da Rand al’Thor sta arrivando, e ci sono già Sorelle che camminano sul suolo della Torre Nera: quelle catturate dagli Asha’man. Sangue e fiamme… anche senza indicare uno spoiler, avendo visto con certezza che Mazrim Taim è asservito al Tenebroso è ovvio che prima o poi arriveranno guai.

Egwene sogna. Al di là di Gawyn e del messaggio a Nynaeve sono altri i sogni importanti:

Tutto era polvere attorno a lei, e tredici torri nere si elevavano in lontananza sotto un cielo nero come catrame.

Una crollò, poi un’altra, rovinando al suolo. Mentre lo facevano, quelle che restavano in piedi divennero sempre più alte. La terra tremò mentre diverse altre torri cadevano. Un’altra torre tremò e si infranse, crollando quasi completamente a terra… ma poi si riprese e crebbe più alta di tutte.

Alla fine del terremoto, rimasero tre torri a incombere sopra di lei. Egwene era caduta al suolo, che era diventato un terreno morbido ricoperto da foglie avvizzite.

I Reietti, come ben sappiamo, sono 13:

  • Aginor, ucciso da Rand alla fine di L’Occhio del Mondo torna come Osan’gar. Assumendo la falsa identità di Corlan Dashiva si è unito agli Asha’man ed è stato ucciso da Elza Penfell durante la pulizia di saidin alla fine di Il cuore dell’inverno;
  • Asmodean, balefirizzato da Graendal alla fine di I fuochi del cielo;
  • Balthamel, ucciso dall’Uomo Verde alla fine di L’Occhio del Mondo torna come Aran’gar. Intrappolato/a da Graendal a Fortezza di Natrin e ucciso/a da Rand in Presagi di tempesta, anche se la verità si conosce solo in Le torri di mezzanotte;
  • Be’lal, balefirizzato da Moiraine nella Pietra di Tear alla fine di Il Drago rinato;
  • Demandred, piaga di cui ci dobbiamo ancora occupare;
  • Graendal, piaga di cui credevamo di esserci già occupati e invece no, comunque ha una buona percentuale nell’uccidere Reietti;
  • Ishamael, lievemente fuori di testa al punto di credersi il Tenebroso in persona, ucciso da Rand alla fine di La grande caccia e tornato nuovamente a creare guai come Moridin, il Nae’blis. È lui la torre che dopo essere quasi crollata è diventata più alta di tutte;
  • Lanfear, spinta da Moiraine nella terra degli Eelfinn alla fine di I fuochi del cielo, è tornata a creare problemi come Cyndane;
  • Mesaana, altra piaga di cui ci dobbiamo ancora occupare;
  • Moghedien, ennesima piaga di cui ci dobbiamo occupare;
  • Rahvin, balefirizzato da Rand a Caemlyn alla fine di I fuochi del cielo;
  • Sammael, ucciso da Mashadar, ovviamente a Shadar Logoth (Padan Fain non aveva ancora il suo Mashadar portatile) alla fine di La corona di spade;
  • Semirhage, balefirizzata da Rand in Presagi di tempesta.

Alcuni hanno avuto bisogno di essere ammazzati più volte, comunque ora ne rimangono sei. Tre dopo un terremoto? Per questo al momento non ho una risposta.

La visione cambiò. Stava guardando giù verso un nido. In esso, un gruppo di piccoli di aquila strillava verso il cielo per chiamare la propria madre. Uno degli aquilotti si srotolò e non era affatto un’aquila, ma un serpente. Iniziò a colpire i piccoli uno alla volta, inghiottendoli interi. Gli aquilotti continuarono semplicemente a fissare il cielo, immaginando che il serpente fosse loro fratello mentre li divorava.

Questa è Mesaana che, nascosta nella Torre, elimina – o potrebbe eliminare – le Aes Sedai.

La visione cambiò. Egwene era in una sfera enorme fatta del cristallo più puro. Scintillava alla luce di ventitré enormi stelle, che brillavano sulla scura cima di una collina dove era posata. La sfera aveva delle crepe ed era tenuta insieme da corde.

C’era Rand che risaliva il fianco della collina, impugnando una scure da boscaiolo. Raggiunse la sommità e soppesò la scure, poi la vibrò contro le corde una alla volta, tagliandole via. L’ultima si staccò e la sfera iniziò ad andare in pezzi, i frammenti di quel bellissimo globo che cadevano. Rand scosse il capo.

Rand che rompe i Sigilli della prigione del Tenebroso. Malgrado quel che pensa Egwene, è logico che Rand li debba rompere per poter costruire una prigione più solida di prima.

Rand arriva alla Torre, chiacchiera con Siuan e rivede Egwene dopo tanto tempo. Per Egwene non è facile, la sua posizione alla Torre è tutt’altro che stabile e su di lei gravano un bel po’ di preoccupazioni – Mesaana, il timore per l’Ultima Battaglia, la paura per la follia di chi ha toccato saidin a lungo – ma avrebbe dovuto ricordare un po’ di più di parlare con Rand e un po’ meno con il Drago. Quanto a Rand, visto che sapeva che Egwene non aveva visto la sua Trasfigurazione sulla Montagna avrebbe potuto spiegare qualche dettaglio in più. Uno dei principali problemi affrontati dai protagonisti di La Ruota del Tempo? Si dicono molte meno cose di quanto dovrebbero, presumendo che anche gli altri personaggi stiano leggendo i romanzi e che quindi abbiano le stesse conoscenze del lettore. Bah!

«L’ultima volta che ho cercato di sigillare il Foro, sono stato costretto a farlo senza l’aiuto delle donne. Questo è stato parte di ciò che ha condotto al disastro, anche se forse sono state sagge a negarmi la loro forza. Be’, la colpa deve essere ripartita in modo uguale, ma non commetterò gli stessi errori una seconda volta. Credo che saidin e saidar debbano essere usati entrambi. Non ho ancora le risposte.»

Ennesima prova che la Ruota sta ultimando il circolo. Lews Therin Telamon non si è accordato con Latra Posae Decume, ha agito da solo e saidin è stato contaminato. L’equilibrio è fondamentale, saidin e saidar sono ugualmente necessari, perciò Rand ed Egwene devono trovare quell’accordo che Lews Therin e Latra Posae non sono riusciti a trovare.

Comunque dopo tutta l’aspettativa per la rabbia dell’Amyrlin profetizzata da Elaida quel che abbiamo avuto mi sembra un po’ poco.

4: Il disegno geme

Altra bolla di male, con un pezzo di Macchia che si è spostato sulla strada di Perrin. Perrin sogna ancora, e se tutti notiamo la presenza di Hopper uno dei lupi è Boundless, Sconfinato. Vi ricordate chi è Sconfinato?

Mat era lì in piedi. Stava combattendo contro sé stesso, una dozzina di uomini differenti che indossavano la sua faccia, tutti con indosso tipi diversi di abiti eleganti. Mat fece roteare la sua lancia, ma non si avvide della figura in ombra che strisciava dietro di lui, impugnando un coltello insanguinato.

«Mat!» urlò Perrin, ma sapeva che non serviva a nulla. Quello che stava vedendo era qualche tipo di sogno o visione del futuro.

Mat è un bel po’ di uomini, o almeno ha in sé i ricordi di molti uomini, ma non capisco perché debba combattere con sé stesso. Alle sue spalle comunque c’è il gholam.

Si voltò dall’altra parte e un’altra oscurità si aprì nel cielo. Vide delle pecore, all’improvviso, che correvano in un gregge verso i boschi. Dei lupi le inseguivano, e una bestia tremenda attendeva fra gli alberi, non vista. Lui era lì, in quel sogno, percepì. Ma chi stava cacciando, e perché? Pareva esserci qualcosa di sbagliato in quei lupi.

I Reietti che vanno a caccia di Perrin e di coloro che lo seguono?

Una terza oscurità, da un lato. Faile, Grady, Elyas, Gaul… tutti camminavano verso un dirupo, seguiti da migliaia di altri.

Che stiano camminando verso il pericolo è certo, non sono sicura che il pericolo sia nettamente identificabile. O è l’Ultima battaglia?

Galad cattura Basel Gill e gli altri e viene a sapere di Perrin. Peccato che fra gli uomini di Galad ci sia qualcuno che per Perrin ha davvero poca simpatia.

5: Scritti

Gawyn riesce a immedesimarsi in Chubain e a capire come farsi accettare da lui invece di farsi percepire come una minaccia. Gli manca ancora un passaggio, quello di capire che Egwene può essere sua moglie ma che certamente è l’Amyrlin, ma ora è sulla buona strada. Il lembo di seta e le circostanze indicano che l’assassino è un Seanchan e non le Nere, il sogno di Egwene che l’avvisava della minaccia di Mesaana era veritiero ma tralasciava un altro piccolo pericolo.

Moridin convoca Graendal, la sgrida, la mette sulle tracce di Perrin e le dà in prestito un onirichiodo e Isam/Luc.

6: Dubbie intenzioni

Morgase riflette sui cambiamenti occorsi nella sua vita mentre serve il te, si interroga su Perrin reputandolo contemporaneamente un bravo leader ma anche un ribelle e rifiuta un matrimonio che vorrebbe anche lei, ma non in questi termini.

7: Più lieve di una piuma

A Lan e Bulen si aggiungono Andere, Nazar e Rakim.

Perrin e Galad iniziano a ronzarsi intorno in attesa di un vero confronto.

8 La ragazza a sette strisce

Mat si trova a Caemlyn, portato lì da Verin, e gioca con la sua lettera. I dettagli che riempiono le pagine sono tanti: informazioni sulla torre di Ghenjei, il tentativo d’incontrare Elayne, la notizia che il gholam è in città, i saluti di Teslyn, e alla fine il sangue.

9: Sangue nell’aria

Eccolo, il gholam. Ovviamente lo scontro con lui è un po’ concitato, combattere con un medaglione contro una creatura che si muove in modo innaturalmente veloce non è proprio la cosa più facile del mondo, per fortuna Teslyn capisce come può aiutare Mat e bilancia lo scontro fino a quando il gholam non decide di fuggire. Non senza essersi lasciato dietro altri morti, però: Lopin e quattro Braccia Rosse, Gorderan, Fergin e Riddem e Will Reeve e il soldato Derry. E se anche in guerra e con gli assassini i soldati muoiono, un gholam è tutto fuorché naturale.

L’uomo verde, l’ultimo dei Nym, alla fine di L’Occhio del Mondo. 1.

Changu e Nidau, guardie a Fal Dara. Dena, la donna di cui è innamorato Thom. Ingtar Shinowa in La grande caccia. 2, 3, 4 e 5.

Leya la Calderaia che ha portato un messaggio a Moiraine. Dailin, la Fanciulla della Lancia guarita da Nynaeve in Il Drago rinato. 6 e 7.

La bambina che Rand prova a riportare in vita scoprendo che non può realmente fare tutto. La donna che Egwene vede sgozzare che con la sua morte le fa capire gli orrori della guerra. I genitori, il fratello, le sorelle, gli zii, i cugini e la prozia di Perrin uccisi da Padan Fain. Owein, custode di Alanna. Colly Garren, Jared Aydaer, Dael al’Taron, Ren Chandin, Kenley, Bili al’Dai, Hu, Tim, Teven, Haral, Had, e altri sedici ragazzi della banda di Perrin. La madre di Aram. Alric, custode di Siuan. Hammar e Coulin, maestri d’armi alla Torre Bianca uccisi da Gawyn durante il colpo di stato di Elaida. Seana, Sapiente e camminatrice dei sogni in L’ascesa dell’Ombra. 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 35, 36, 37, 38, 39, 40, 41, 42, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 49, 50, 51, 52, 53, 54, 55 e 56.

Teodora, sorella di Kadere. Jolien, una delle Fanciulle che si erano recate alla Pietra di Tear, morta nel crollo della torre. Ilyena, moglie di Lews Therin Telamon, morta all’inizio di L’Occhio del Mondo e il cui nome è appena entrato nella lista di Rand. Melidhra, Fanciulla della Lancia Amica delle Tenebre uccisa da Mat. Un Aiel precipitato per l’eternità dove durante il viaggio di Rand a Caemlyn. Lamelle, Fanciulla della Lancia uccisa da un Trolloc a Caemlyn. Pevin, il portabandiera di Rand, ucciso da un Trolloc a Caemlyn in I fuochi del cielo. 57, 58, 59, 60, 61, 62 e 63.

Cabriana Mecandes e il suo Custode, uccisi da Semirhage. Mangin, impiccato da Rand perché ha infranto la legge per motivi di Toh. Desora, Fanciulla della Lancia uccisa da una freccia destinata a Rand. Una donna di mezz’età uccisa in un’imboscata solo perché si è trovata vicino a Rand nel momento sbagliato. Herid Fel, bibliotecario, ucciso da un gholam in Il Signore del Caos. 64, 65 66, 67, 68 e 69.

Isan, della setta Jarra degli Aiel Chareen, 69. Chuonde dei Miagoma della Dorsale, 70. Agirin, degli Shelan Daryne, 71. E altre 148 Fanciulle della Lancia, morte ai Pozzi di Dumai. Totale: 220.

Lawtin e Belvyn, uomini di Mat uccisi da Moghedien nel tentativo di assassinare Nynaeve. Janira e Melore, membri della Famiglia, e Nalesean, Corevin, Mendair, Tad Kandel, Wat e altri due membri della Banda della Mano rossa uccisi dal gholam al momento del ritrovamento della Scodella dei Venti. Liah, Fanciulla della Lancia uccisa da Rand con il Fuoco Malefico per evitare che fosse consumata da Shadar Logoth in La corona di spade. 221, 222, 223, 224, 225, 226, 227, 228, 229, 230, 231 e 232.

Gille la damane, uccisa nello scontro fra Rand e i Seanchan. Jonan Adley, Asha’man ucciso da Rand quando perde il controllo di Callandor. Adeleas Namelle, Aes Sedai dell’Ajah Marrone uccisa dalla Nera Careane Fransi (insieme a Ispan) durante il viaggio di Elayne e Nynaeve verso Caemlyn. Somara dei Daryne Cima Piegata, Jendhilin, una Fanciulla dei Miagoma di Cimafredda, e altre quattro Fanciulle della lancia, uccise dagli Asha’man traditori quando hanno provato ad ammazzare Rand. Fedwin Morr, avvelenato per pietà da Rand dopo che la contaminazione di saidin gli ha portato via il cervello in Il sentiero dei pugnali. 233, 234, 235, 236, 237, 238, 239, 240, 241 e 242.

Kumira, Aes Sedai dell’Ajah Verde e Eben Hopwill, Asha’man e Custode di Daigian, uccisi rispettivamente da Graendal e Aran’gar (Halima) durante la pulizia di saidin in Il cuore dell’inverno. 243 e 244.

Tylin, regina di Ebou Dar, uccisa dal gholam. Anayia dell’Ajah Azzurra e il suo custode Setagana, e Kairen Stang, uccisi con l’Unico Potere da Halima. Renna la sul’dam, uccisa da Harnan su ordine di Mat in Crocevia del crepuscolo. 245, 246, 247, 248 e 249

L’ambulante visto da Mat sprofondare sotto terra in un villaggio nello Shiota. Il Seanchan visto da Perrin morire vomitando scarafaggi. Reanne Corly, Mirane Larinen e altri otto membri della Famiglia assassinati da Careane a Caemlyn. Aram, ammazzato da uno Shaido mentre sta duellando con Perrin a Malden. Rolan, ammazzato da Perrin dopo che lui ha salvato Faile. Kinhuin e Jhoradin, due Mera’din uccisi da Faile e Lacile nel momento in cui vengono liberate da Malden. Vandene e Sareitha, assassinate da Chesmal Emry subito dopo la scoperta della vera Ajah di appartenenza di Careane (a sua volta ammazzata da Vandene prima di morire). Cieryl Arjuna e Tavan Shandare, Custodi di Careane (a differenza del terzo Custode, Venr Kosaan, che ovviamente non conto, loro non sono Amici delle Tenebre), Jaem, Custode di Vandene e Ned Yaran, Custode di Sareitha, entrati nella casa in cui sono state ammazzate le loro Aes Sedai da un gruppo di Nere in La lama dei sogni. 250, 251, 252, 253, 254, 255, 256, 257, 258, 259, 260, 261, 262, 263, 264, 265, 266, 267, 268, 269 e 270.

Adrin, arso vivo dal tocco del Tenebroso. Marthea, Fanciulla della Lancia Shaido che ha protetto Arrela ed è morta nella battaglia di Malden in Presagi di tempesta. 271 e 272.

Verin, Aes Sedai dell’Ajah Marrone forzatamente vincolata al Tenebroso e morta suicida pur di poter aiutare Egwene a ricostruire la Torre Bianca. Il suo custode Tomas, già servo del Tenebroso in cerca di riscatto, in Presagi di Tempesta. 273 e 274.

Malenarin Rai e suo figlio Keemlin, uccisi dai Trolloc nell’attacco alla Torre Heeth in Kandor. 275 e 276 in Le torri di mezzanotte.

Lopin il servitore, le Braccia Rosse Gorderan, Fergin e Riddem e Will Reeve e il soldato Derry, uccisi dal gholam in Le torri di mezzanotte. 277, 278, 279, 280, 281, 282.

10: Dopo la corruzione

In mezzo a tutti i problemi, eserciti, battaglie, corruzione, mostri, tradimenti, la vita semplice tende a sparire. Il fatto che Grady, che finalmente può sperare, voglia rivedere brevemente la moglie è bello, anche se per ora la cosa non è possibile. Perrin e Galad s’incontrano e non risolvono nulla.

11: Una lettera inattesa

Ritorno su Elayne, dopo che l’abbiamo ignorata per tutto Presagi di tempesta. I personaggi di Jordan sono tanti, a turno stanno fuori dai libri. Perrin non c’era in I fuochi del cielo, Mat in Il sentiero dei pugnali, Egwene in Il cuore dell’inverno ed Elayne nello scorso romanzo. Non ho fatto caso ad Aviendha, che comunque ha pochi punti di vista dedicati a lei, e a Nynaeve. Rand c’è sempre stato, in fondo lui è il Drago, ma in Il Drago rinato lo si è visto davvero poco, quasi solo all’inizio e alla fine, e in alcuni punti ha fatto davvero dubitare della sua sanità mentale.

Elayne percepisce Rand arrabbiato nell’Arad Doman, quindi anche qui abbiamo un passo indietro nel tempo. Governare non è proprio facile, per fortuna a risollevare l’umore arriva una lettera di Mat:

Sua Reale Dannata Seccatura nel Mio Didietro,

siamo dannatamente qui ad aspettare di parlare con te, e siamo sempre più infuriati sconcertati. (Questo significa infuriati.) Thom dice che sei una regina ora, ma suppongo che questo non cambia nulla, datoché ti sei comportata sempre e comunque come una regina. Non dimenticare che io ho salvato portato via il tuo grazzioso sederino da un buco a Tear, ma tu ti comportavi come una regina allora, perciò immagino che non so perché sono sorpreso ora che ti comporti come una regina quando sei davvero una regina.

Perciò sto pensando che dovrei trattarti come una dannata regina e mandarti una dannata lettera e tutto quanto, utilizzando dei paroloni per ottenere la tua attenzione. Ho adirittura usato il mio anello come sigillo, come si dice addice. Perciò ecco i miei ossecui formali. Quindi SMETTILA DANNATAMENTE DI FARMI MANDAR VIA così possiamo parlare. Ho bisogno dei tuoi campanari. È dannatamente importante.

Mat

P.S.: Ossecui significa saluti.

P.P.S.: Non badare alle parole cancellate e agli errori. Avevo intensione di riscrivere questa lettera, ma Thom sta ridendo così forte di me che voglio finirla e basta.

P.P.P.S.: Non badare che ho chiamato il tuo sedere grazzioso. Non ho mai passato molto tempo a guardarlo, datoché sono concio che mi caveresti gli occhi se mi vedessi. Inoltre adesso sono sposato, perciò tutto questo non ha importanza.

Thom sta ridendo? Chissà come mai!

12: Una boccetta di inchiostro vuota

Alanna sparisce.

13: Per quello che è stato fatto

Rand ritorna e con lui torna il sole e i cibi sono più buoni. Con tutti gli effetti collaterali indesiderati che ci sono in Randland almeno stavolta gli effetti sono buoni. Min naturalmente ha nuove visioni:

Una caverna aperta, spalancata come una bocca. Rocce macchiate di sangue. Due uomini morti sul terreno, circondati da file e file di Trolloc, una pipa da cui si arricciava del fumo.

La caverna la conosciamo tutti, è stata raffigurata da Michael Whelan sulla copertina americana di A Memory of Light, è l’ingresso di Shayol Ghul. Le rocce macchiate di sangue fanno parte delle profezie, nulla di nuovo. Di morti sul terreno nell’Ultima battaglia ne vedremo un bel po’ anche personaggi a cui siamo affezionati, quindi la cosa dice poco. E anche i fumatori di pipa sono parecchi.

Rand fa del suo meglio per sistemare ciò che non va: accetta d’incontrare il suo toh, informa che Egwene è l’Amyrlin, perdona Cadsuane e le dà una missione, chiede a Min di continuare a indagare su Callandor, rassicura Nynaeve circa il fatto che farà il possibile per aiutare Lan e riconosce Amici delle Tenebre solo guardandoli. Io al suo posto non avrei mai liberato Weiramon e Anaiyella, donargli la libertà significa rischiare di doverli affrontare più avanti, e proprio non ha bisogno di ulteriori problemi. L’ascia del boia avrebbe chiuso ogni discussione. Alla fine Rand presenta Min a Tam, riaggiustando un rapporto fondamentale. Prima avevamo avuto un dialogo molto interessante:

«Tra tutti quanti,» disse Cadsuane in tono severo «proprio tu non puoi permettere che siano le pressioni della vita a guidarti.»

«Al contrario. Sono quello che sono diventato per via di quelle pressioni, Cadsuane. Il metallo non può essere forgiato senza i colpi del martello. Ma non è questo il punto. Tu hai cercato di manipolarmi e hai fallito miseramente. Ma in quel fallimento mi hai mostrato qualcosa.»

«Ossia?»

«Pensavo di essere forgiato in una spada» disse Rand, i suoi occhi che si facevano distanti. «Ma mi sbagliavo. Non sono un’arma. Non lo sono mai stato.»

Ricordiamo come si svolge il confronto di Rand con il Tenebroso? Lui non è un’arma, anche se le sue doti di combattente gli sono servite in più occasioni per uscire dai guai più o meno intero.

14: Un voto

Nel Mondo dei sogni Egwene si confronta prima con Amys e Bair (che bello, non ricordavo l’incontro con Amys dopo la sua partenza da Cairhien in Il signore del caos!) e poi con Nynaeve, che alla fine si rende conto che la sua ex alunna è davvero l’Amyrlin. All’arrivo di Elayne si parla di Bastone dei Giuramenti e prova da Aes Sedai, poi arrivano due Nere e l’incontro diventa un po’ movimentato. Alviarin uccide accidentalmente la sua compagna, Talva, ed Egwene capisce che se vuole vincere deve sfruttare meglio le caratteristiche del Mondo dei sogni.

15: Usare un ciottolo

Ennesima bolla di male, con una piccola zona della città tramutata in polvere. Certo non si può accusare il Disegno di non essere fantasioso.

Nynaeve ha uno dei suoi momenti di grandezza e guarisce la follia di Naeff. Per Rand non può fare nulla, lui è un caso a sé, ma prima di andare da Egwene promette di occuparsi di Narishma e Flinn. Mi piace molto il suo colloquio con Rand, lei che lo informa di dover andare, lui che le dice di conservare la sua passione e le chiede di restare al suo fianco a Shayol Ghul.

Saerin spiega a Egwene come Mesaana può aver aggirato il Bastone dei giuramenti.

16: Shanna’har

Perrin e Faile si parlano (era ora!) e fanno sciogliere tutte le tensioni che c’erano fra loro.

17: Separazioni e un incontro

Le Aes Sedai Teslyn, Joline (con i suoi Custodi) e Edesina, le ex sul’dam Bethamin e Seta,  e poi Juilin e Thera, Domon e Egeanin Leilwin, e Vanin partono per Tar Valon. Il posto, incidentalmente, dove è custodito il Corno di Valere, anche se non lo sa quasi nessuno.

«Andate con le Aes Sedai» disse Mat. «Vi darò dei cavalli per conto vostro, in modo che non dobbiate dipendere da loro. Imparate a incanalare. Quello sarà più utile che morire. Forse un giorno voi due riuscirete a convincere Tuon della verità. Aiutarmi a trovare un modo per aggiustare tutto questo senza far crollare l’impero.»

Le due donne guardarono verso di lui, tutt’a un tratto più decise e fiduciose. «Sì, altezza» disse Bethamin. «È un buon proposito per noi. Grazie, altezza.»

Seta aveva addirittura le lacrime agli occhi! Luce, cosa pensavano che lui avesse appena promesso loro?

Io avrei davvero voluto leggere un romanzo – o anche più di uno – in cui Mat si recava con Tuon a Seanchan e insieme demolivano l’intera struttura delle damane perché lui le aveva fatto capire quanto fosse sbagliata.

Elayne offre un posto dove stare alla Famiglia facendo contemporaneamente un favore a loro e rafforzando l’Andor.

18: La forza di questo posto

Perrin esplora il mondo dei sogni dei lupi, si esercita e si trova di fronte una strana parete.

Ituralde è seriamente impegnato a tenere i trolloc fuori da Maradon. Uno dei suoi pià validi aiutanti, Rajabi, viene ucciso nella battaglia.

L’uomo verde, l’ultimo dei Nym, alla fine di L’Occhio del Mondo. 1.

Changu e Nidau, guardie a Fal Dara. Dena, la donna di cui è innamorato Thom. Ingtar Shinowa in La grande caccia. 2, 3, 4 e 5.

Leya la Calderaia che ha portato un messaggio a Moiraine. Dailin, la Fanciulla della Lancia guarita da Nynaeve in Il Drago rinato. 6 e 7.

La bambina che Rand prova a riportare in vita scoprendo che non può realmente fare tutto. La donna che Egwene vede sgozzare che con la sua morte le fa capire gli orrori della guerra. I genitori, il fratello, le sorelle, gli zii, i cugini e la prozia di Perrin uccisi da Padan Fain. Owein, custode di Alanna. Colly Garren, Jared Aydaer, Dael al’Taron, Ren Chandin, Kenley, Bili al’Dai, Hu, Tim, Teven, Haral, Had, e altri sedici ragazzi della banda di Perrin. La madre di Aram. Alric, custode di Siuan. Hammar e Coulin, maestri d’armi alla Torre Bianca uccisi da Gawyn durante il colpo di stato di Elaida. Seana, Sapiente e camminatrice dei sogni in L’ascesa dell’Ombra. 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 35, 36, 37, 38, 39, 40, 41, 42, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 49, 50, 51, 52, 53, 54, 55 e 56.

Teodora, sorella di Kadere. Jolien, una delle Fanciulle che si erano recate alla Pietra di Tear, morta nel crollo della torre. Ilyena, moglie di Lews Therin Telamon, morta all’inizio di L’Occhio del Mondo e il cui nome è appena entrato nella lista di Rand. Melidhra, Fanciulla della Lancia Amica delle Tenebre uccisa da Mat. Un Aiel precipitato per l’eternità dove durante il viaggio di Rand a Caemlyn. Lamelle, Fanciulla della Lancia uccisa da un Trolloc a Caemlyn. Pevin, il portabandiera di Rand, ucciso da un Trolloc a Caemlyn in I fuochi del cielo. 57, 58, 59, 60, 61, 62 e 63.

Cabriana Mecandes e il suo Custode, uccisi da Semirhage. Mangin, impiccato da Rand perché ha infranto la legge per motivi di Toh. Desora, Fanciulla della Lancia uccisa da una freccia destinata a Rand. Una donna di mezz’età uccisa in un’imboscata solo perché si è trovata vicino a Rand nel momento sbagliato. Herid Fel, bibliotecario, ucciso da un gholam in Il Signore del Caos. 64, 65 66, 67, 68 e 69.

Isan, della setta Jarra degli Aiel Chareen, 69. Chuonde dei Miagoma della Dorsale, 70. Agirin, degli Shelan Daryne, 71. E altre 148 Fanciulle della Lancia, morte ai Pozzi di Dumai. Totale: 220.

Lawtin e Belvyn, uomini di Mat uccisi da Moghedien nel tentativo di assassinare Nynaeve. Janira e Melore, membri della Famiglia, e Nalesean, Corevin, Mendair, Tad Kandel, Wat e altri due membri della Banda della Mano rossa uccisi dal gholam al momento del ritrovamento della Scodella dei Venti. Liah, Fanciulla della Lancia uccisa da Rand con il Fuoco Malefico per evitare che fosse consumata da Shadar Logoth in La corona di spade. 221, 222, 223, 224, 225, 226, 227, 228, 229, 230, 231 e 232.

Gille la damane, uccisa nello scontro fra Rand e i Seanchan. Jonan Adley, Asha’man ucciso da Rand quando perde il controllo di Callandor. Adeleas Namelle, Aes Sedai dell’Ajah Marrone uccisa dalla Nera Careane Fransi (insieme a Ispan) durante il viaggio di Elayne e Nynaeve verso Caemlyn. Somara dei Daryne Cima Piegata, Jendhilin, una Fanciulla dei Miagoma di Cimafredda, e altre quattro Fanciulle della lancia, uccise dagli Asha’man traditori quando hanno provato ad ammazzare Rand. Fedwin Morr, avvelenato per pietà da Rand dopo che la contaminazione di saidin gli ha portato via il cervello in Il sentiero dei pugnali. 233, 234, 235, 236, 237, 238, 239, 240, 241 e 242.

Kumira, Aes Sedai dell’Ajah Verde e Eben Hopwill, Asha’man e Custode di Daigian, uccisi rispettivamente da Graendal e Aran’gar (Halima) durante la pulizia di saidin in Il cuore dell’inverno. 243 e 244.

Tylin, regina di Ebou Dar, uccisa dal gholam. Anayia dell’Ajah Azzurra e il suo custode Setagana, e Kairen Stang, uccisi con l’Unico Potere da Halima. Renna la sul’dam, uccisa da Harnan su ordine di Mat in Crocevia del crepuscolo. 245, 246, 247, 248 e 249

L’ambulante visto da Mat sprofondare sotto terra in un villaggio nello Shiota. Il Seanchan visto da Perrin morire vomitando scarafaggi. Reanne Corly, Mirane Larinen e altri otto membri della Famiglia assassinati da Careane a Caemlyn. Aram, ammazzato da uno Shaido mentre sta duellando con Perrin a Malden. Rolan, ammazzato da Perrin dopo che lui ha salvato Faile. Kinhuin e Jhoradin, due Mera’din uccisi da Faile e Lacile nel momento in cui vengono liberate da Malden. Vandene e Sareitha, assassinate da Chesmal Emry subito dopo la scoperta della vera Ajah di appartenenza di Careane (a sua volta ammazzata da Vandene prima di morire). Cieryl Arjuna e Tavan Shandare, Custodi di Careane (a differenza del terzo Custode, Venr Kosaan, che ovviamente non conto, loro non sono Amici delle Tenebre), Jaem, Custode di Vandene e Ned Yaran, Custode di Sareitha, entrati nella casa in cui sono state ammazzate le loro Aes Sedai da un gruppo di Nere in La lama dei sogni. 250, 251, 252, 253, 254, 255, 256, 257, 258, 259, 260, 261, 262, 263, 264, 265, 266, 267, 268, 269 e 270.

Adrin, arso vivo dal tocco del Tenebroso. Marthea, Fanciulla della Lancia Shaido che ha protetto Arrela ed è morta nella battaglia di Malden. Verin, Aes Sedai dell’Ajah Marrone forzatamente vincolata al Tenebroso e morta suicida pur di poter aiutare Egwene a ricostruire la Torre Bianca. Il suo custode Tomas, già servo del Tenebroso in cerca di riscatto, in Presagi di tempesta. 271, 272, 273 e 274.

Malenarin Rai e suo figlio Keemlin, uccisi dai Trolloc nell’attacco alla Torre Heeth in Kandor in Le torri di mezzanotte. 275 e 276.

Lopin il servitore, le Braccia Rosse Gorderan, Fergin e Riddem e Will Reeve e il soldato Derry, uccisi dal gholam in Le torri di mezzanotte. 277, 278, 279, 280, 281, 282.

Rajabi, ufficiale al servizio di Ituralde, ucciso dalla Progenie dell’Ombra davanti a Maradon. 283.

Faile si confronta con Berelain, che le suggerisce di fingere amicizia per mettere a tacere le voci.

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Novità di settembre 2017 – prima parte

 

Jennifer L. Armentrout, La vendetta degli dei. Covenant series. Vol. 4, HarperCollins Italia, 16,00 €

La sinossi:

Alexandria ha sempre avuto paura di due cose: perdere sé stessa dopo il Risveglio, ed essere ridotta in servitù per mezzo dell’elisir. Ma l’amore è sempre stato più forte del fato e Aiden è pronto a dichiarare guerra all’Olimpo – e al lato oscuro di Alex – pur di riaverla con sé. Intanto il mondo è sull’orlo del caos. Gli dei hanno già ucciso una moltitudine di persone e potrebbero distruggere intere città nel tentativo di impedire ad Alex di cedere il suo potere a Seth, il primo Apollyon, rendendolo così l’invincibile Sterminatore di Dei. E interrompere l’oscuro legame tra lei e Seth non è l’unico problema, perché la sola persona che potrebbe sapere come arginare il disastro è morta da secoli. Ad Alex e Aiden non resta dunque che penetrare negli Inferi per parlare con lei e poi trovare il modo di tornare indietro. È un’impresa disperata e i pericoli in agguato sono inimmaginabili, eppure non esiste altro modo per impedire a Seth di diventare lo Sterminatore… o ad Alex di prendere il suo posto.

Un estratto: https://www.harpercollins.it/HarperCollins/Libri/Young-Adult/La-vendetta-degli-dei

 

 

Ray Bradbury, L’uomo illustrato, Mondadori, 14,00 €

Nuova edizione. La sinossi:

È in una serata di settembre, nei Wisconsin, che appare l’Uomo illustrato. È ormai anziano, cerca un lavoro. Invano. Tutti fuggono da lui quando osservano gli strani, bellissimi disegni di cui è ricoperta la sua pelle. Non sono tatuaggi ma opere d’arte. O forse di stregoneria… A guardarle a lungo, quelle figure si animano, raccontano storie. Non storie qualunque: svelano a ciascuno ciò che lo attende, la storia della sua vita e della sua morte. La sfrenata fantasia di Ray Bradbury trascina il lettore in un mondo futuribile e tanto più inquietante.

 

 

Anna Ferrari, Dizionario dei luoghi letterari immaginari, Utet, 24,00 €

Nuova edizione. La sinossi:

«Come si arriva a Trapananda?» domanda un personaggio del libro “Patagonia Express” di Luis Sepùlveda. E come si arriva ad Atlantide, alla caverna di Ali Babà, a Camelot o a Narnia? «Con pazienza, amico» è la risposta, «con molta pazienza.» Infatti, come tutti i luoghi immaginari della letteratura, nessuno è segnato sulla mappa. Ma questo non li rende meno reali: ciascuno ha nutrito per anni, o addirittura per secoli, la vita interiore dei suoi lettori. Nel “Dizionario dei luoghi letterari immaginari” Anna Ferrari ne raccoglie moltissimi: sono isole del giorno prima, collocate oltre i limiti dello spazio o del tempo; paesi del tutto simili a quelli esistenti ma anche città perdute o invisibili; caverne e palazzi sotterranei così come asteroidi alieni e metropoli galleggianti nell’aria; giardini dai sentieri che si biforcano e terre di mezzo abitate da nani, elfi e draghi. Questo dizionario è un vero e proprio elogio della fantasia e del genio letterario e, pagina dopo pagina, disegna una vasta, sorprendente mappa della creatività occidentale.

 

 

Elisabetta Gnone, Olga di carta, Salani, 14,90 €

Nuova edizione. La sinossi:

Olga Papel è una ragazzina esile come un ramoscello e ha una dote speciale: sa raccontare incredibili storie, che dice d’aver vissuto personalmente e in cui può capitare che un tasso sappia parlare, un coniglio faccia il barcaiolo e un orso voglia essere sarto. Vero? Falso? La saggia Tomeo, barbiera del villaggio sostiene che Olga crei le sue storie intorno ai fantasmi dell’infanzia, intrappolandoli in mondi chiusi perché non facciano più paura. Per questo i racconti di Olga hanno tanto successo: perché sconfiggono mostri che in realtà spaventano tutti, piccoli e grandi. Un giorno, per consolare il suo amico Bruco, dal carattere fragile, Olga decide di raccontargli la storia della bambina di carta che un giorno partì dal suo villaggio per andare a chiedere alla maga Ausolia di essere trasformata in una bambina normale, di carne e ossa. Il viaggio fu lungo e avventuroso: s’imbatté in un venditore di tracce, prese un passaggio da un ragazzo che viveva a bordo di una mongolfiera e da un altro che attraversava il mare remando. Più volte rischiò la vita, si perse, ma fu trovata da un circo. E quando infine trovò la maga, solo allora la bambina di carta comprese quante cose fosse riuscita a fare… Con un poster in regalo.

 

 

Sabaa Tahir, Una fiamma nella notte, Nord, 19,00 €

La sinossi:

Servire l’impero. Quello era il destino di Elias, il risultato di anni di addestramento fisico e psicologico. Ma tutto è cambiato quando, assecondando il proprio istinto, lui si è rifiutato di giustiziare Laia, una schiava colpevole soltanto di sognare un mondo migliore. È stato allora che Elias ha aperto gli occhi e ha capito di non voler essere complice di un regime oppressivo e autoritario. E, ora, è lui il condannato a morte. Tuttavia in suo aiuto accorre Laia, che gli propone un patto: lei lo farà scappare se, in cambio, lui la guiderà fino a Kauf, la famigerata prigione in cui sono reclusi i traditori, e l’aiuterà a organizzare l’evasione di suo fratello Darin. Elias accetta e, ben presto, i due si ritrovano a marciare attraverso una terra selvaggia e irta di pericoli, costantemente braccati dall’esercito imperiale. Ed Elias scoprirà troppo tardi che tra i soldati che danno loro la caccia c’è anche Helene, la sua compagna d’armi all’accademia, la sua amica più fidata. L’unica che è sempre stata in grado di prevedere ogni sua mossa. E adesso Helene ha un solo, straziante obiettivo: ucciderlo…

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Da Come un romanzo di Daniel Pennac

Ho letto Come un romanzo di Daniel Pennac un bel po’ di anni fa. Non so con precisione quanti, sono sicurissima che già lavoravo in libreria, quindi dev’essere stato dopo il 2001, e ragionevolmente certa che ancora non avessi conosciuto mio marito, quindi dev’essere stato prima del 2004. Non ho mai comprato il libro, me lo sono fatto prestare e poi l’ho restituito, e il ricordo generale è che non mi fosse particolarmente piaciuto. Sì, avevo apprezzato i diritti del lettore, ma per il resto il libro mi aveva lasciata indifferente. I diritti, per la cronaca, sono questi:

  1. Il diritto di non leggere
  2. Il diritto di saltare le pagine
  3. Il diritto di non finire il libro
  4. Il diritto di rileggere
  5. Il diritto di leggere qualsiasi cosa
  6. Il diritto al bovarismo (malattia testualmente contagiosa)
  7. Il diritto di leggere ovunque
  8. Il diritto di spizzicare
  9. Il diritto di leggere ad alta voce
  10. Il diritto di tacere

L’1 l’ho soppresso, non sono capace di non leggere. Il 2 è un’eresia, non si possono saltare le pagine. Il 3 alle volte è l’unico modo per sopravvivere a quella porcheria che erroneamente è finita nelle nostre mani. Il 4 è fondamentale per le opere più importanti, e può essere ripetuto all’infinito. Il 5 è la libertà. Il 6 è inevitabile. Il 7 è l’opzione che ci salva quando siamo intrappolati in luoghi da cui vorremmo fuggire. L’8 può essere il preludio alla lettura di un saggio o il seguito a qualsiasi lettura. Come la rilettura, lo spizzico mantiene vivo il libro. Il 9 è il modo in cui diffondo la lettura. Sul 10 taccio perché è un mio diritto.

Di cosa parla Come un romanzo? Non ne ho idea, al di là dell’impressione generale non ricordo nulla. Però fra qualche giorno Alessia inizierà la prima Media e io ho già comprato alcuni libri. Non tutti, solo quelli comuni a tutte le prime della sua scuola, visto che non ho idea di quale sarà la sua sezione. All’inizio dell’antologia, Lettori senza frontiere, è riportato – adattato – un passaggio di Come un romanzo. Ne ripropongo qui una parte.

«Bene», dice il prof, «visto che non vi piace leggere… sarò io a leggervi dei libri».

Senza transizione, apre la cartella e tira fuori un librone grossissimo, un affare cubico, veramente enorme, dalla carta patinata. Quanto di più impressionante si possa immaginare in fatto di libri. «Ci siete?».

Non credono né ai loro occhi né alle loro orecchie. Quel tizio ha intenzione di leggere tutto quell’affare? Ma ci vorrà l’intero anno scolastico!

Perplessità… Anche una certa tensione… Non esiste! Un prof che si propone di passare tutto l’anno a leggere. O è proprio uno che non ha voglia di far niente, oppure… gatta ci cova. C’è sotto qualche fregatura. Ci toccherà farci la quotidiana lista di vocaboli, il resoconto di lettura…

Si guardano. Alcuni, non si sa mai, si piazzano davanti a un foglio e mettono le bic in posizione di attacco.

«No, no, è inutile prendere appunti. Cercate solo di ascoltare».

Si pone allora il problema dell’atteggiamento. Che cosa ne è di un corpo in un’aula scolastica, se non ha più l’alibi della penna a sfera e del foglio bianco? Che cosa si può mai fare di sé in una simile circostanza?

«Mettetevi comodi, rilassatevi…».

(Sì, figuratevi, rilassatevi…)

Ma siccome la curiosità finisce per avere la meglio, un allievo domanda: «Ci leggerà tutto quel libro… a voce alta?».

«Non vedo come potreste sentirmi se leggessi a voce bassa…»

Discreta ridacchiata. Ma una ragazza non ci sta. In un mormorio abbastanza forte per essere sentito da tutti, dice: «Abbiamo passato l’età».

Pregiudizio comunemente diffuso… soprattutto fra coloro che non hanno mai ricevuto il vero dono di una lettura. Gli altri sanno che non c’è età per questo genere di regali.

«Se fra dieci minuti sarai ancora dell’idea di aver passato l’età, alzi la mano e facciamo qualcos’altro. D’accordo?».

«Che libro è?» domanda un ragazzo, con un tono che ha detto cose peggiori.

«Un romanzo».

«E di cosa parla?».

«Difficile dirlo prima di averlo letto. Bene, ci siamo? Fine delle trattative. Si parte».

Ci sono… Scettici, ma ci sono.

Il romanzo, mi informa una nota a margine (e poco più avanti lo dice Pennac stesso), è Il profumo di Patrick Süskind, e anche se non ho mai letto il romanzo forse lo avrei riconosciuto comunque in base ai successivi commenti sulla puzza descritta dal testo. Piccola nota: secondo i siti di vendita l’edizione Tea di Il profumo attualmente in commercio è lunga 259 pagine, come si può definire un libro così corto un librone grossissimo, un affare cubico, veramente enorme? Va bene, non tutti i lettori di Come un romanzo hanno un’immediata percezione della lunghezza di Il profumo, ma io che in mezzo ai libri trascorro davvero tanto tempo sono infastidita da questa incongruenza. Pennac non avrebbe potuto indicare un altro libro che davvero è grossissimo? Fra i romanzi di Alexandre Dumas, per esempio, avrebbe potuto avere ampia scelta. In caso contrario si sarebbe potuto evitare quella frase che personalmente mi butta fuori da ciò che lui sta scrivendo.

 

Va bene, paranoie mie che non toccano tutti i lettori, anche perché difficilmente qualcuno che non ha letto Il profumo collega immediatamente il libro alle due dimensioni approssimative. Qualche giorno fa, pianificando la rilettura di Le torri di mezzanotte di Robert Jordan e Brandon Sanderson, Simona ha scritto

Visto che il libro 13 è solo di 900 pagine e che ormai siamo agli sgoccioli, suggerisco una ripartizione in tre tappe, di 300 pagine ciascuna.

Come hanno notato Lucia e Chiara, solo noi possiamo considerare breve un romanzo di 900 pagine, altro che le 259 di Il profumo. Solo noi inteso come noi lettori di fantasy, non come noi quattro e basta. Probabilmente per la maggior parte dei lettori di fantasy nessun romanzo è troppo lungo: per visitare qualsiasi mondo serve tempo ed è bello fare le cose con calma e godersi ogni dettaglio. Comunque, visto che Le torri di mezzanotte è circa un quattordicesimo della saga, è una parte breve, no?

Altra cosa che non apprezzo è l’eccessivo uso dei puntini di sospensione, ma visto che io sto trascrivendo non dal libro di Pennac ma da un’antologia che dice esplicitamente che ha pubblicato un adattamento non so se tutti quei puntini siano di Pennac o dei curatori del libro. Nel testo che ho trascritto ho tolto i soprannomi degli studenti, molto coloriti e quindi capaci di distrarre in un brano estrapolato dal testo più grande, per sostituirli con termini generici quali allievo, ragazza e ragazzo.

Per quanto riguarda il discorso sull’età noto che io ancora adesso leggo libri alle mie figlie. Leggono anche da sole, ma alcune cose glie le leggo io.

Salto qualche riga e vado avanti.

Il fatto è che il piacere di leggere era vicinissimo, imprigionato in quelle soffitte adolescenti da una paura segreta: la paura (molto antica) di non capire.

Avevano semplicemente dimenticato che cos’era un libro, cos’aveva da offrire. Avevano dimenticato, per esempio, che un romanzo racconta prima di tutto una storia. Non sapevano che un romanzo deve essere letto come un romanzo: placare prima di tutto la nostra sete di racconto. Per soddisfare questa voglia  si erano affidati da tempo al piccolo schermo, che sbrigava il suo lavoro a catena, infilando cartoni animati, telefilm, telenovele e film gialli in una collana senza fine di stereotipi intercambiabili: la nostra dose quotidiana di finzione. La testa si riempie come si riempie la pancia, ci si sente sazi, ma il corpo non assimila niente. Digestione immediata. Dopo, ci si sente soli come prima.

Salto qualche altra riga.

Certo, la voce del professore ha contribuito alla riconciliazione. Risparmiando lo sforzo della decodificazione, delineando chiaramente le situazioni, dipingendo le scene, incarnando i personaggi, sottolineando i temi, accentuando le sfumature, facendo nel modo più chiaro possibile il suo lavoro di rivelatore fotografico

Ma ben presto la voce del professore diventa un’interferenza: piacere parassita di una gioia più sottile.

«Il fatto che lei legga ci aiuta, prof, ma poi sono contento di ritrovarmi solo con il libro».

Il vero piacere del romanzo è tutto nella scoperta di questa intimità paradossale: l’autore e io… La solitudine della scrittura che invoca la resurrezione del testo attraverso la mia voce muta e solitaria.

In tutto questo il professore è soltanto una mezzana ed è giunto il momento che se ne vada in punta di piedi.

Il brano presente nell’antologia finisce qui, alla pagina successiva c’è un brano sulle passioni umane tratto da La storia infinita di Michael Ende, brano che ho già in parte citato alcuni anni fa.

 

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