Sulle saghe interrotte e i libri mai tradotti

il libro è davvero bellissimo, da leggre per chi ama il fantasy atipico ma molto accattivante.
Unica nota dolente: ho scritto alla casa Editrice NORD delucidazioni riguardo il seguito (I pirati dell’oceano rosso; introvabile) e su eventuali nuovi libri. Mi hanno risposto che non è nei loro piani ristampare il secondo libro nè proseguire con la serie pubblicando i futuri libri perchè hanno avuto una bassa accoglienza.
Colgo l’occasione per dire che è una vergogna che in Italia si pensi solo al profitto e non a fidelizzare la clientela. Mi sono appassionato molto alla serie e grazie a questi incompetenti ora so che non riuscirò mai a leggerne la fine. Siccome non è la prima volta che mi succede una cosa del genere ho deciso di boicottare la NORD finchè non avranno più rispetto per i clienti.

Commento firmato V.F. pubblicato il 2 settembre 2013 nello spazio riservato alle impressioni dei lettori di amazon.it del romanzo Gli inganni di Locke Lamora di Scott Lynch: http://www.amazon.it/product-reviews/8842914827/ref=cm_cr_dp_see_all_btm?ie=UTF8&showViewpoints=1&sortBy=bySubmissionDateDescending
Onestamente mi prudono le dita dal desiderio di correggere gli accenti e togliere il refuso, ma se cito qualcuno mi sento in dovere di citare il testo così come l’ha scritto, e questo vale anche per i commenti successivi. Almeno al momento il romanzo non l’ho letto, mi sono imbattuta in queste righe mentre cercavo di decidere se leggerlo o no.

In un paese civile l’Armenia in questo momento sarebbe nel mezzo di un uragano mediatico da fine del mondo.
Italia: se cerchi bene bene su google trovi un paio di discussioni in qualche forum di appassionati.
Una casa editrice che tratta in questo modo i propri lettori (come se la qualità delle loro pubblicazioni non fosse già un insulto di per se) MERITA il fallimento… il problema è che non essendoci competizione nel settore chi si vuol leggere Malazan/Dragonlance/altro in Italiano è costretto a rivolgersi a ‘sti buffoni (si, buffoni).
Se una casetta indipendente acquistasse i diritti delle loro serie e le pubblicasse in paperback economico con copertina in carta straccia monocolore e una traduzione semidecente l’Armenia si troverebbe nell’abisso del fallimento nel giro di due mesi.
Invece no, ci son solo loro quindi possono permettersi di fare ste porcate, di dividere tutto, di far pagare prezzi ridicoli e quant’altro perchè tanto quando finalmente si degneranno di tirar fuori l’ennesimo mezzo hardback maltradotto con due o tre anni di ritardo rispetto al resto del mondo i lettori italiani, non avendo alternative, lo compreranno.
Odio.
Puro.

 

Questo invece è un commento in cui mi sono imbattuta mentre cercavo informazioni relative al fallimento dell’editore Armenia, cosa di cui ancora non sono certa. Il messaggio è datato 23 dicembre 2013, firmato da Tehol e il link è questo: http://malazan-italia.forumfree.it/?t=67474052&st=30

Sognalettori, questo è un post che non poteva mancare su Atelier dei Libri. Giusto qualche giorno fa avevo parlato di un paio di petizioni contro l’interruzione di due serie che io adoro e, proprio in seguito all’annuncio di tali interruzioni, i lit-blog si sono uniti per far sentire nel web la voce dei lettori. E non è una voce felice, quella che stiamo amplificando nei nostri spazi virtuali. E’ una voce rabbiosa, che gronda delusione. E’ la voce dei lettori traditi.
Potrebbero sembrare parole forti, le mie, eppure sono quanto mai vere. Da lettrice è così che mi sento quando una Casa Editrice decide, per motivi aziendali, di interrompere una serie: tradita.
Iniziare una serie letteraria equivale a mettere la propria fantasia e i propri sogni, tra le pagine di un libro, iniziare un viaggio avventuroso che possa condurci verso lidi sconosciuti. Ma, sempre più spesso, questo viaggio non vede la fine. Perché? Be’, perché non siamo stati fortunati abbastanza da scegliere di iniziare una serie di successo! E che succede quando una serie non vende? Viene interrotta o sospesa a tempo indeterminato.
E sì, miei cari, il precariato colpisce anche le serie libresche, in particolare quelle di genere “paranormal romance”, “urban fantasy” e “romace”. Noi, lettori precari, siamo in balia delle decisioni delle Case Editrici, che fanno il bello e il cattivo tempo. Se da una parte sembrano volerci accontentare iniziando sempre nuove e interessanti saghe, dall’altra ci infliggono colpi bassi, interrompendo le serie a cui già ci eravamo affezionati!
#ODIOLESERIEINTERROTTE vuole far luce sull’assurdità della situazione in cui i lettori italiani devono muoversi. La lista delle serie interrotte è così lunga da non poter essere contenuta in un intero Rotolone Regina, ed è destinata ad allungarsi ulteriormente. Perché? Ma perché, a quanto pare, alcune Case Editrici italiane preferiscono tentare la fortuna iniziando serie tutte nuove, piuttosto che fidelizzare i propri lettori portando a termine ciò che hanno iniziato.

 

Questo invece è un articolo del blog atelier dei libri, in cui mi sono imbattuta seguendo un link da un altro link con una serie di articoli che mi interessavano. Quando si parla di editoria in modo serio io divento sempre attenta, anche se magari non condivido le opinioni del mio interlocutore (o di chi ha scritto il testo). Il messaggio è datato 25 novembre 2013, è firmato da Glinda Izabel e lo potete trovare a questo link: http://www.atelierdeilibri.com/2013/11/odioleserieinterrotte.html. Dopo il brano che ho incollato seguono le loro proposte, di cui parlerò più avanti, e una lista, la cui lunghezza è impressionante, di saghe interrotte.
E poi c’è un articolo a doppia firma di cui avevo deliberatamente evitato di parlare perché condivido la seconda parte ma non la prima, e visto che la prima è stata scritta da una persona con cui ho avuto uno scambio di opinioni non proprio tranquillo in privato volevo evitare di parlarne. In fondo se due persone non vanno d’accordo non sono mica obbligate a frequentarsi, ci si può ignorare a vicenda, e io sono sempre stata un’amante del “vivi e lascia vivere”. Se in questo caso faccio un’eccezione è perché quello che ha scritto Emanuele Manco è importante, e non posso linkare lui e fare finta che le parole di Mirco Tondi non esistano. Non le commento, come detto ci si può ignorare a vicenda, e mi limito a dire che la penso in tutt’altro modo. L’articolo è questo: http://www.fantasymagazine.it/approfondimenti/20890/sui-prezzi-dei-libri-punti-di-vista-a-confronto/.

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Ricapitoliamo le opinioni dei lettori. Per V.F. “è una vergogna che in Italia si pensi solo al profitto e non a fidelizzare la clientela”. Io trovo molto più vergognose altre cose tipo gente che ammazza la gente a picconate per le vie della città e non gli si dà il massimo della pena perché al tizio viene riconosciuta l’incapacità di intendere e di volere, ragazzine stuprate a cui viene additata parte della responsabilità perché se lo dovevano aspettare che sarebbe potuta accadere una cosa del genere, politici che dichiarano che non sapevano che qualcuno gli aveva pagato la casa che riescono a farsi assolvere dai giudici, pirati della strada che passano col rosso e vengono scusati di un duplice omicidio dal giudice che sposa la tesi della difesa secondo cui erano convinti che non sarebbe accaduto nulla perché confidavano nelle loro notevoli capacità di guida, politici che si vantano dell’eliminazione di una tassa definita iniqua quando quella tassa è stata semplicemente sostituita con una ancor più gravosa, lo sbandieramento delle differenze culturali di ciascun popolo e del rispetto che meritano quando una donna di una cultura diversa dalla nostra viene abusata in nome del politicamente corretto. Potrei andare avanti per ore, ma credo che sia abbastanza chiaro cos’è che io reputo vergognoso. Va bene, in questo caso la casa editrice ha pensato al profitto e non a fidelizzare la clientela.

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Sapete chi è Neil Gaiman? Faccio la pigra e riprendo la definizione di Wikipedia, tanto per informazioni di questo tipo va bene anche lei. Neil Gaiman è uno scrittore, fumettista, giornalista e sceneggiatore televisivo e radiofonico britannico. Vi risparmio l’elenco delle sue opere e dei premi che ha ricevuto, ricordando solo che comprende tutti i più importanti della narrativa fantastica. Nel 2009 gli hanno chiesto un’opinione su George R.R. Martin e sul lungo intervallo di tempo che lo scrittore stava facendo trascorrere fra un volume e l’altro delle Cronache del ghiaccio e del fuoco. Ricordo che A Storm of Swords è del 2000, A Feast for Crows del 2005 e A Dance with Dragons del 2011, quindi in un caso sono trascorsi cinque anni e nell’altro sei. Il suo pezzo, Entitlement issues…, lo potete trovare qui: http://journal.neilgaiman.com/2009/05/entitlement-issues.html. La frase più famosa è George R.R. Martin is not your bitch. George R.R. Martin non è la vostra puttana.
In quel caso si trattava – di tratta ancora, perché dopo tre anni Martin non ha ancora pubblicato il seguito di A Dance with Dragons – di uno scrittore lento a scrivere. Gaiman ha spiegato perché non si può pretendere da uno scrittore che scriva a una certa velocità e mantenga anche alti standard di scrittura, discorso che esula da quello di cui sto parlando io, ma una frase è interessante anche per me:

You’re complaining about George doing other things than writing the books you want to read as if your buying the first book in the series was a contract with him: that you would pay over your ten dollars, and George for his part would spend every waking hour until the series was done, writing the rest of the books for you.

No such contract existed. You were paying your ten dollars for the book you were reading

 

87268-adwd2bukQuando l’editore pubblica un libro noi compriamo quel libro, non i seguiti. Certo, investiamo noi stessi, le nostre emozioni, ma l’editore non ci ha mai promesso che sarebbe andato avanti nella pubblicazione. Ha implicitamente sottointeso che avrebbe potuto farlo, ma non ha firmato nessun contratto. E se pensate che sia facile dire così, che non me ne importi nulla, vi ricordo che io sono fra i lettori che nel 1995 sono stati piantati in asso da Mondadori quando la casa editrice ha interrotto la pubblicazione della Ruota del Tempo di Robert Jordan al suo terzo romanzo. Una saga che, fin da quando l’ho scoperta e ancora adesso, reputo una delle cose più belle che abbia mai letto. Ho rischiato di non conoscerne mai la conclusione, per anni ho creduto che non l’avrei mai conosciuta, fino a quando non mi sono decisa a studiare inglese per leggere i libri di Jordan e quelli di Guy Gavriel Kay, autore del quale non avevo nessuna saga interrotta in ballo ma che mi aveva colpita così profondamente da lasciarmi il fortissimo desiderio di continuare a leggere libri suoi. Alla fine la pubblicazione di Jordan è stata ripresa da Fanucci e io ho dovuto aspettare “solo” nove anni per passare dal terzo al quarto romanzo della saga, e per parte di quegli anni ho creduto che non avrei mai conosciuto la fine della storia.
L’editore ci vende un libro, e uno solo. Non è obbligato ad andare avanti. Tehol ha scritto che “In un paese civile l’Armenia in questo momento sarebbe nel mezzo di un uragano mediatico da fine del mondo”, e io ribadisco che un paese civile si misura su altre cose e che gli scandali sono ben altri. Ma andiamo avanti, è inutile che mi ripeta.

Il testo si conclude con “loro quindi possono permettersi di fare ste porcate, di dividere tutto, di far pagare prezzi ridicoli e quant’altro perchè tanto quando finalmente si degneranno di tirar fuori l’ennesimo mezzo hardback maltradotto con due o tre anni di ritardo rispetto al resto del mondo i lettori italiani, non avendo alternative, lo compreranno
Ogni volta che qualcuno non può comprare un libro all’istante mi viene da chiedermi se è una medicina. Se uno sta male il dottore o le medicine gli servono subito, anche se sono le tre di notte, e non dopo due giorni.

(Edit: questo articolo ha generato al momento due serie di discussioni a mio giudizio assolutamente inutili e con le quali non sprecare dedicare altro tempo. Un solo punto della seconda discussione mi ha fatto notare che qui, colta sul vivo da un argomento che mi tocca da vicino, ho in po’ perso la mano, saltato qualche passaggio e reso il discorso poco comprensibile. Rivedo il passaggio senza alterare il significato). Allo stesso modo, per quanto si possa desiderare di leggere un libro, non è necessario leggerlo subito. Se l’editore lo traduce uno, due o anche dieci anni dopo la sua pubblicazione in lingua originale non fa nulla di così tremendo. L’ascesa dell’Ombra di Robert Jordan è arrivato in Italia nel 2004, anche se Robert Jordan ha pubblicato il romanzo nel 1993. Ho dovuto aspettare, come ho già detto io sono una lettrice di Jordan fin dal 1992, perciò quella traduzione l’ho dovuta aspettare davvero, ma al di là della scocciatura, e del dover rileggere tutti i libri perché li avevo dimenticati, non è successo nulla. Non sono stata male perché non potevo leggere i libri. Erano libri, non farmaci. Un po’ come quelli che vorrebbero i negozi aperti di notte perché non possono aspettare il giorno dopo per comprare un libro. Se sono le tre di notte e uno vuole leggere un libro può prenderne uno dagli scaffali di casa sua, non deve necessariamente rovinare la vita ai librai perché non sa che cosa fare e vuole comprarsi un libro in quel preciso momento. Non è una necessità.

Brandon Sanderson, Elantris. Pubblicazione americana: 2005. Traduzione italiana: 2013. E allora? Nessuno mi ha torturata mentre aspettavo la traduzione di questo libro, ho semplicemente letto altro.

Se un libro è stato pubblicato negli Stati Uniti tre anni fa e in Italia arriva solo ora la cosa non mi uccide. Impariamo a mettere le cose nella giusta prospettiva, e anche ad aspettare. Io avrei potuto iniziare a leggere Words of Radiance di Brandon Sanderson un mese fa, se solo lo avessi voluto. Ho letto in inglese una trentina abbondante di libri, che problemi avrei avuto a comprare quel romanzo lo scorso mese, quando è arrivato nel negozio in cui lavoro? Anche perché non ho mai fatto mistero di ritenere La via dei re uno dei libri più belli che ho letto in questi anni, e la saga potenzialmente una delle più interessanti di sempre. Invece ho scelto di aspettare il prossimo mese di novembre, quando arriverà la traduzione italiana. E sono sicura che il libro italiano costerà di più rispetto a quello in lingua originale. Io però non trattengo il fiato nell’attesa della pubblicazione di ogni libro che mi interessa, me ne interessano così tanti che penso a quel che posso leggere subito e ignoro quelli che ancora non ho, per quanto possano interessarmi. Prima o poi arriverà anche il loro momento.

Steven Erikson e io ai Delos Days del 2011

Steven Erikson e io ai Delos Days del 2011

Non solo. Nel 2011 Steven Erikson è venuto a Milano per i Delos Days. Io l’ho incontrato, come dimostra questa foto. Soprattutto l’ho sentito parlare, e anche se non amo i suoi romanzi mi è piaciuto lui come persona. Fra le altre cose gli hanno chiesto se fosse al corrente del fatto che a volte i suoi romanzi venivano pubblicati divisi un due parti. Lui ha risposto che è una cosa che viene fatta spesso con le traduzioni perché il mercato è piccolo e che anche se non ne è entusiasta capisce che ogni mercato ha le sue esigenze e ha fiducia che gli editori si comportino nel migliore dei modi. A volte la scelta è fra tradurre un libro spezzandolo in due parti o non tradurlo affatto, cosa che spiega anche George R.R. Martin nelle sue FAQ (http://www.georgerrmartin.com/for-fans/faq/) e che ho visto commentare più volte, senza alcuna animosità ma semplicemente come un dato di fatto, da Guy Gavriel Kay su Twitter. Ho provato anche a spiegarlo a Mirco Tondi, quando lui ha commentato una mia recensione (http://www.fantasymagazine.it/forum/viewtopic.php?t=17476) con alcune frasi che poi avrebbe fatto confluire nell’articolo che ho linkato più in su. In quel caso lui non mi ha capita, evidentemente parliamo due lingue diverse perché proprio questa impossibilità a capirci è ciò che ha originato il problema, alla fine mi ha accusata di andare OT e io ho bruscamente chiuso ogni contatto perché ero stanca di continuare a spiegare tutto nei minimi dettagli come se stessi parlando con mia figlia. Quella piccola, con la differenza che lei mi ascolta. Nel mio intervento avevo scritto che

un paio di anni fa avevo letto che Bantam aveva venduto 7 milioni di copie dei cinque volumi delle Cronache del ghiaccio e del fuoco di George R.R. Martin. Nello stesso periodo Mondadori aveva venduto circa 500.000 copie, ma con 12 volumi. Se anche Mondadori pubblicasse ogni singolo volume facendolo pagare cinque volte tanto quanto costano i libri negli Stati Uniti non arriverebbe a guadagnare quanto Bantam, perciò come è possibile paragonare i prezzi per dire che gli editori italiani stanno speculando sui lettori?

 

Suppongo che la frase successiva, sul fatto che l’arte del lamento sia molto diffusa, non sia una di quelle affermazioni che mi fa amare, ma lo penso davvero. Siamo tutti bravi a lamentarci, ma ci siamo mai fermati a riflettere sulla realtà delle cose? Io sono nata come lettrice, lavoro in libreria da 13 anni, scrivo su FantasyMagazine da 7 e mezzo, ho un mio blog da 3 e mezzo e più volte mi è capitato di parlare con scrittori, non solo italiani, e con editori, senza contare che leggo libri e articoli sull’editoria. Se pensate che mi stia vantando siete liberi di farlo, ma forse ho un’idea un po’ più chiara di come stanno le cose rispetto a molte altre persone. Le cifre che ho indicato più su sono reali, non inventate. Bantam ha guadagnato molto più di Mondadori, pur pubblicando un numero più basso di libri e facendoli pagare meno. Paragonare il prezzo italiano con quello americano senza fare altre considerazioni significa guardare la realtà in modo parziale. Correlato alle vendite c’è un altro dettaglio interessante su cui quasi nessuno si ferma a pensare.

Parlando della nostra editoria Alessandro Gazoia in Come finisce il libro, saggio molto interessante che sto leggendo in questi giorni e di cui vi parlerò in futuro, parlando della nostra editoria ha scritto che “il suo mercato è solo nazionale (al contrario di quanto accade per gli editori in lingua inglese, spagnola, francese, portoghese).” Il nostro lettore comunque non si è accontentato di lamentarsi, cosa tutto sommato legittima anche quando si scrivono sciocchezze, ma ha proseguito scrivendo “Una casa editrice che tratta in questo modo i propri lettori (come se la qualità delle loro pubblicazioni non fosse già un insulto di per se) MERITA il fallimento… il problema è che non essendoci competizione nel settore chi si vuol leggere Malazan/Dragonlance/altro in Italiano è costretto a rivolgersi a ‘sti buffoni (si, buffoni).

Armenia è sull’orlo del fallimento, ammesso che non sia già fallita, problema che la accomuna a molte altre case editrici. I primi nomi che mi vengono in mente sono Baldini & Castoldi (o Baldini Castoldi Dalai? visti i cambi di nome non sono sicura di quale sia quello corretto in questo momento) e Charta, ma sono tanti gli editori che hanno chiuso o hanno rischiato la chiusura e hanno dovuto ridimensionarsi in maniera drastica. Credo che ora tutte le ipotesi sul fallimento dell’editore non appaiano più tanto affascinanti a questo lettore. Il commento che mi ha fatto decidere che dovevo davvero scrivere quest’articolo è stato postato sul mio blog. A rischio di perdere un lettore mi trovo a dissentire con Ludus anche se capisco la sua delusione nel non poter più leggere una saga che gli piace così tanto:

Sai per caso quale casa editrice si prenderà la briga di completare la saga di Malazan (sempre se ce n’è una)? L’Armenia l’ha interrotta alla prima parte dell’ottavo volume. Inutile dire che se non li avesse spezzati in due parti a quest’ora l’avrebbe terminata da un pezzo. Ma criticare le politiche editoriali italiane è come sparare sulla Croce Rossa.
Tu che ci lavori dentro lo saprai meglio di me.

 

Il suo commento lo potete trovare qui: https://librolandia.wordpress.com/2014/05/31/brandon-sanderson-the-way-of-kings/. Vero, se Armenia non avesse spezzato alcuni libri in due anni, o se li avesse pubblicati a ritmo più ravvicinato, avrebbe già finito. Ma siamo sicuri che agli editori convenga farlo? Vi riporto un caso reale, anche se non vi dico a quali libri si riferisce. Come ho già scritto in un’altra occasione, i dati sono del negozio e non miei.
Un editore ha pubblicato lo stesso giorno i primi tre volumi di una nuova saga. Evidentemente voleva colpire i lettori, catturarli. Noi ne abbiamo ordinate 30 copie del primo volume e 20 ciascuno dei due successivi. Il primo volume di una saga vende sempre più dei seguiti perché ci saranno sempre lettori che non gradiscono quel che hanno letto e si fermano lì. Ho esposto i libri sul tavolo e li ho lasciati lì credo per un paio di mesi. Il primo volume ha venduto tre copie, i due successivi uno ciascuno. Ovvio che nel giro di due anni io abbia reso tutte le copie. Se quell’editore avesse pubblicato i libri a distanza di sei mesi l’uno dall’altro, probabilmente del secondo volume avremmo ordinato tre copie, e del terzo una o due. Facendo così invece l’editore ha stampato almeno 35 copie fra secondo e terzo volume che non hanno mai avuto alcuna possibilità di essere vendute. Spese per la stampa, la distribuzione, le rese e lo spazio ingombrato inutilmente in magazzino sono state ampliate a dismisura per una scelta editoriale errata. È brutto per l’editore aver ricevuto indietro le 27 copie non vendute del primo volume, quando le copie rese sono più di quelle vendute è sempre un problema, ma ogni novità è un rischio. Le 35 copie dei due volumi successivi però sono state uno spreco inutile. Dopo un’esperienza di questo tipo secondo voi quell’editore pubblicherà ancora più volumi di una saga sconosciuta contemporaneamente? Far aspettare i lettori significa tarare le copie stampate sul venduto reale, e buttare via meno soldi. D’altra parte se il libro consente ottimi incassi l’editore preferisce diluirli nel tempo. Vale la pena incassare tantissimo nel giro di tre mesi perché si pubblicano tutti i titoli di punta e poi avere un anno senza guadagni perché non si hanno più titoli importanti? E davvero si riesce a stare sempre dietro alle vendite alte?

C’è stato un periodo in cui Delos Books ha visto salire di molto il suo fatturato. Cos’era successo? In Italia era arrivata la serie televisiva True Blood, tratta dai romanzi del ciclo The Southern Vampire Mysteries di Charlaine Harris. Fazi editore aveva acquistato i diritti di seconda pubblicazione in versione tascabile, ma non poteva pubblicare i romanzi prima che fossero trascorsi due anni dalla loro versione Delos Books. L’influsso combinato della serie televisiva e della massiccia presenza in libreria dei primi volumi nell’edizione Fazi ha alzato notevolmente le vendite dei volumi successivi in edizione Delos. Peccato che la Delos non fosse abituata a quell’accresciuto ritmo di stampa, e che più di una volta si sia ritrovata a non poter inviare i libri a chi glie li chiedeva perché non ne aveva stampate abbastanza copie. Nel giro di qualche giorno rimediava, ma questo vi può far capire che un editore può essere in difficoltà anche quando vende tanto. Ora le difficoltà sono altre, tanto è vero che Delos Books, non pubblica quasi più nulla su carta, ma per ora lasciamo stare. Vero, Armenia avrebbe potuto terminare la pubblicazione della Caduta di Malazan anni fa, ma se ha fatto quella politica editoriale non era per perfidia o anche solo indifferenza verso i lettori. Stava semplicemente cercando di sopravvivere. Avrà certamente commesso errori, ma chi non ne commette? Quel che è certo è che le cose da considerare sono davvero tante e che nessuno è in grado di prevedere il futuro.

E che succede quando una serie non vende? Viene interrotta o sospesa a tempo indeterminato” ha scritto l’atelier dei libri. Oh, mamma mia. Che cosa terribile! C’è da disperarsi, molto più che per quei disoccupati che non riescono a trovare un nuovo lavoro e che non sanno come fare per comprare il cibo! Allora vi rimando all’articolo di Emanuele Manco. Dopo una breve spiegazione sul perché un editore deve essere considerato in primo luogo imprenditore e sui suoi doveri, Emanuele scrive che “Per evitare il fallimento l’imprenditore deve varare con continuità professionale progetti remunerativi, che non solo coprano i costi, ma producano anche quegli utili che possono essere sia il giusto compenso per il rischio d’impresa, sia reinvestiti in nuovi progetti.” Notate le parole progetti remunerativi? Se una saga non vende non può essere definita un progetto remunerativo.
Torniamo alla lista dell’atelier dei libri che vi ho citato più in su. Non riconosco tutte quelle saghe, e questo non è un buon segno. Tenete presente che leggo fantasy dal 1988, che mi occupo del settore fantasy della libreria dal 2003 e che in genere ho un’ottima memoria per i libri. Meno per i visi, perciò se mi incontrate non ditemi che ci siamo già visti in passato aspettandomi che vi riconosca, ditemi di cosa abbiamo parlato e allora mi ricorderò di voi. Ma se non ricordo un libro è probabile che non sia stato esattamente un bestsellers, anche perché stiamo parlando di libri del mio reparto. Su qualche saga invece sono un po’ in dubbio sulle cifre perciò non le includo in quest’elenco:

• Grace College Series – Krystyna Kuhn – Nord – 2 volume 2011
• Morganville Vampires Series – Rachel Caine – Fanucci – 4 volume 2011
• Alterra Series – Chattam Maxime – Fazi – 1 volume 2011
• Tempest Trilogy – Julie Cross – Fanucci – 1 volume 2011
• Codex Alera Series – Jim Butcher – Rizzoli – 1 volume 2010
• Chemical Garden Trilogy – Lauren DeStefano – Newton Compton – 1 volume 2011
• Mercedes Thompson Series – Patricia Briggs – Fanucci – 2 volume 2011
• Die Erben Der Natch Series – Ulrike Schweikert – Armenia – 3 volume 2011
• Fallen Angels Series – J. R. Ward – Rizzoli – 2 volume 2011
• Night of the Solstice Series – Lisa Jane Smith – Newton Compton – 1 volume 2010
• Dark Secrets Series – Chandler Elizabeth – Newton Compton – 2 volume 2011
• Wake Trilogy – McMann Lisa – Newton Compton – 2 volume 2011
• Chronicles of Nick Series – Sherrilyn Kenyon – Fanucci – 1 volume 2011
• Rachel Morgan Series – Kim Harrison – Fanucci – 5 volume 2012
• Cassie Palmer Series – Chance Karen – Fanucci – 4 volume 2011
• Il protettorato del parasole – Carriger Gail – Dalai Editore – 2 volume 2011
• Long Price Quartet – Daniel Abraham – Fanucci – 1 volume 2009
• Dustlands Series – Moira Young – Piemme – 1 volume 2011
• Numbers Series – Rachel Ward – Piemme – 1 volume 2010
• Heart of the World Series – Buchanan Col – Rizzoli – 1 volume 2010
• Legacy – Kluver Cayla – Sperling Kupfer – 2 volume 2011
• Drake Sisters – Christine Feehan – Leggereditore – 3 volume 2011
• Nightside – Simon R. Green – Fanucci – 3 volume 2011
• Angeli dell’apocalisse – Jackie Morse Kessler – Newton Compton – 1 volume 2011
• Zephyr Hollis – Alaya Johnson – Newton Compton – 1 volume 2011
• Charley Davidson series – Darynda Jones – Leggereditore – 2 volume 2012
• Love at Stake Series – Kerrelyn Sparks – Delos Books – 4 volumi 2012
• Vampire empire – Clay Griffith – Sonzogno – 2 volume 2012
• Never sky – Veronica Rossi – Sonzogno – 1 volume 2012
• La stirpe – Meljean Brook – Newton Compton – 1 volume 2012
• Lay Lines – Sophie Masson – Armenia – 2 volume 2010
• Iron Seas – Brook Meljean – Newton Compton – 1 volume 2012
• The Maze Runner series – James Dashner – Fanucci – 2 volume 2012
• Anna series – Kendare Blake – Newton Compton – 1 volume 2012
• Cheshire Red Reports – Cherie Priest – Tre60 – 1 volume 2012
• Personal Demons – Desrochers Lisa – Newton Compton – 2 volume 2012
• Vampire for Hire – J.R. Rain – Giunti – 2 volume 2012
• Blue Bloods – Melissa de la Cruz – Fanucci – 5 volume 2012
• Envy Chronicles – Joss Ware – Newton Compton – 2 volume 2011
• Riley Bloom – Alyson Noel – Fanucci – 1 volume 2011

Queste serie le ricordo tutte per averle avute in reparto a suo tempo. Lavoro in una delle librerie più grandi di Milano, il che significa che lavoro in una delle librerie più grandi d’Italia. Se non vendo un libro io, quante probabilità ci sono che quel libro lo venda una piccola libreria? Di ciascuno dei volumi di queste serie le copie vendute non superano le dita di una mano. E quando mi arrivavano i secondi o terzi volumi di alcune di queste serie il mio pensiero era “ma vanno avanti ancora a pubblicare ‘sta roba? Non gli è bastato il fisco del volume precedente?” Poi, siccome è il mio lavoro, esponevo comunque il libro al meglio, e invariabilmente non vendeva come non aveva venduto il precedente. Ma secondo voi davvero un editore può andare avanti a pubblicare libri che vendono così poco? Io so che quando ho potuto finalmente renderli ne sono stata felice. Quei libri toglievano spazio che invece preferivo dedicare a cose che vendevano.

Vi sto spezzando il cuore? In libreria non c’è posto per tutto, e le scelte le facciamo valutando in primo luogo l’aspetto economico perché anche la libreria è un’impresa commerciale e deve stare in piedi. O credete che sia molto più facile trovare l’ultimo libro di Fabio Volo piuttosto che Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde perché io preferisco Volo a Wilde? Mai letto nulla di Volo, perciò non mi permetto di giudicarlo. Però non mi attira per nulla, mentre il romanzo di Wilde è un capolavoro. Li tengo entrambi, anche se do’ più visibilità ai titoli che mi consentono di continuare ad avere un lavoro. Wilde sta sul tavolo dei classici, Volo è esposto in più punti. Certo, fra rendere all’editore un libro di un signor nessuno contemporaneo – fosse anche solo Daniel Abraham, cui appartiene l’unico volume che ho letto fra tutte le saghe elencate più in su – e rendere un’opera minore di un autore classico, a parità di venduto semi-inesistente è il libro contemporaneo che se ne va. Magari a malincuore, ho reso parecchi autori che mi piacciono nel corso degli anni, però l’ho fatto e continuerò a farlo.
Potete dire quanto volete che odiate le serie interrotte, le odio anch’io, ma la realtà va accettata per quella che è.
Visto che mi voglio far del male e perdere giorni e giorni per scrivere un unico articolo lunghissimo sono andata a leggermi anche parte dei commenti dei lettori dell’atelier dei libri. Questo è datato 27 novembre 2013 ed è firmato sorairo:

Io capisco che un editore se non guadagna debba rivedere pubblicazioni e costi ma non è giusto interrompere la lettura di saghe ai lettori. potrebbero pubblicare in ebook, stampare poche copie in piccolo formato, richiedere ordinazioni in anticipo e prepagate…Anche perchè se sai l inglese le prendi in lingua. Se non lo sai? Inizi mille libri e non continui le letture per colpa dell’editore che continua a pubblicare serie nuove per poi iterromperle?

 

Pubblicare un libro in ebook ha comunque un costo. Leggetevi l’articolo di Emanuele Manco, se anche trovate i calcoli noiosi ignorateli e concentratevi sul testo. Emanuele è un matematico, possiamo fidarci del fatto che lui i conti li sappia fare, A pagina 5 scrive:

Sulla produzione di un eBook gravano gli stessi costi fissi di un libro cartaceo: l’acquisto dei diritti sul testo nel caso di opera straniera e sull’immagine di copertina (quando non il pagamento di un grafico professionista per una cover ex-novo). Se è straniero il libro va tradotto e la traduzione va rivista ed editata. Se è italiano c’è comunque l’editing.
Non ultimi i costi di impaginazione. PDF, ePub o Mobi che sia, il libro elettronico è un progetto grafico, un file che va impaginato, non un banale file di testo come sono convinti in molti.

 

Chiaro il concetto? Perciò per piacere smettetela di pensare che all’editore l’ebook non costi nulla. E non fatemi ridere con le ordinazioni in anticipo e prepagate. Noi i libri li ordiniamo in anticipo, li paghiamo dopo tre-quattro mesi a seconda degli accordi raggiunti dai nostri uffici e da quelli degli editori, e abbiamo diritto di resa. Senza diritto di resa non prendiamo nulla. Il che significa che l’editore di quei tre romanzi che ho citato prima ci ha spedito 70 libri e nel giro di due anni se ne è visti restituire 65. Io non sapevo che farmene, lui suppongo che li abbia mandati al macero perché per la legge italiana gli editori pagano le tasse anche sui libri invenduti che ci sono in magazzino perché ritenuti fonte di possibili guadagni futuri. Bello, vero? Perché i nostri politici invece di riempirsi la bocca di tante belle parole non modificano questa legge se davvero vogliono aiutare la cultura? Far pagare le tasse su una perdita non mi sembra il modo migliore per aiutare gli editori a sopravvivere. E se anche l’editore ci ha mandato un libro dieci anni fa, se ancora non è fuori catalogo io lo posso rendere. Perciò raramente l’editore ha la certezza di aver guadagnato con un libro. Ce l’ha se io continuo a rifornirlo, è ovvio che rifornisco sistematicamente un libro solo se lo sto vendendo, ma se non faccio rifornimento non può essere sicuro che prima o poi non riceverà indietro le copie che mi ha spedito.

Quanto alle poche copie in piccolo formato anche qui dobbiamo rivedere il concetto. Non a tutti piace il piccolo formato, c’è anche chi ha problemi di vista, e se il formato di una collana cambia a metà saga siamo tutti pronti a lamentarci. Tutti, neppure io ho gradito quando Nord ha cambiato il formato fra il primo e il secondo libro della saga dei Maestri del sapere di Maggie Furey. E anche per le poche copie, o tiratura limitata come ho visto richiedere su Facebook da un mio fedele lettore, tutti i costi ci sono, ma se l’editore non stampa il libro è perché ritiene che ci sarà una perdita. Oltretutto è difficile sapere in anticipo dove il libro venderà.
Voi come vi comportate? Andate sempre allo stesso posto o cambiate libreria a seconda delle lune? La mia libreria è sempre la stessa, ed è ovvio: finito il turno mi fermo un minuto alla cassa e poi vado a casa. Quando però ho preso in edicola le due serie di DVD della Gazzetta dello Sport dedicate al tennis e quella dedicata al pattinaggio sono andata sempre alla stessa edicola, che non era neppure la più vicina a casa. L’edicolante sapeva che io compravo quei DVD e ha iniziato a tenermeli da parte, senza neanche bisogno che glie lo dicessi io. L’ultimo sul pattinaggio non lo ha venduto a una ragazza che si era presentata lì un paio d’ore prima di me perché era sicuro che io sarei andata, come poi ho fatto. Lui ha fidelizzato una cliente, mentre io sapevo di avere sempre quello che volevo. Se però voi andate una volta in una libreria e una volta in un’altra per i diversi volumi di un’unica serie, le librerie sono in difficoltà con gli ordini perché non sono in grado di prevedere quante copie venderanno di ciascun volume. In questo modo qualcuno ordina troppo e fa resi alti, e qualcuno perde le vendite, e non è detto che quella persona comprerà quel libro in un altro momento. A volte un lettore può avere così tante cose da leggere da non aver voglia di perdere tempo a cercare un libro e decidere piuttosto di passare ad altro.
Tornando ai vari commenti dei lettori, due messaggi dopo il commento di Tehol sulla saga di Erikson Unexist ha scritto

Nessun editore italiano vuole i diritti? Iniziamo una colletta e ce li accaparriamo noi
Seriamente, di quanti soldi stiamo parlando?

 

Non lo so, ma davvero siamo sicuri che sia fattibile? Leggetevi l’articolo di Emanuele. Da pagina 4:

Con 1500 €, che è un anticipo non eccessivo, ma ancora ragionevole per uno scrittore di nicchia, arriveremmo a 30 €.

 

 

robot71_digitalI calcoli sono fatti ipotizzando che il libro venderà meno di 1.000 copie, cosa vera per la quasi totalità dei libri pubblicati in Italia. È un po’ che non mi imbatto più in una “simpatica” statistica pubblicata da Messaggerie Libri, il più importante distributore italiano. Cito a memoria, ma secondo loro oltre l’85% dei libri pubblicati in Italia non raggiunge le 500 copie di vendita. E quindi, quali aspettative possono avere gli editori e quali anticipi possono permettersi di pagare? Tempo fa volevamo pubblicare un racconto di quattro pagine su Effemme. Anche in questo caso nomi e cifre ve li potete scordare anche se io li so. Abbiamo provato ad acquistare i diritti dagli eredi, visto che lo scrittore è morto, e gli eredi ci hanno rimandati all’agente. Il quale, per un racconto disponibile gratuitamente in inglese su internet, ci ha chiesto una cifra pari all’incasso totale della vendita della rivista. Secondo voi potevamo comprarlo? Ovviamente no, e quindi voi non lo leggete, anche se io che l’ho letto posso dirvi che è un bel racconto e che è alquanto improbabile che un qualsiasi altro editore italiano possa decidere di acquistarlo.
Molte persone, dopo essere rimaste “scottate” con una o più serie, hanno deciso di non rischiare più leggendo saghe di cui non è ancora stata pubblicata la fine. Ne ha parlato Silvio Sosio nell’editoriale del numero 71 della rivista Robot, editoriale che sottoscrivo parola per parola.

Email di una lettrice: “vi scrivo per chiedere se pubblicherete mai altri libri della serie [elenca due o tre serie di vampiri] e in caso contrario si potrebbe sapere la ragione in quanto ritengo parecchio spiacevole che si inizi una serie e non si pubblichi la continuazione. Sicuramente è uno dei motivi per cui al momento non compro vostre pubblicazioni”.
[…]
Alla lettrice che voleva i cicli completi ho dato una risposta molto netta: “il motivo per cui non finiremo quelle serie è che tu non compri le nostre pubblicazioni. Se le avessi comprate forse avrebbero venduto abbastanza da permettere alla casa editrice di sopravvivere.”
Non sto facendo ricatti emotivi, non mi sognerei mai di dire che il lettore debba sostenere i nobili eroi editori, che debba comprare a scatola chiusa per salvare l’azienda in difficoltà. Al netto di tutta la retorica l’editore fa un prodotto che deve presentarsi su un mercato e confrontarsi con esso.
È semplice logica: produrre libri costa, se i libri non vendono, non li si può produrre. Un editore potrà cercare di completare un ciclo anche se non vende abbastanza per tener fede all’obbligo morale verso il lettore, ma alla lunga non ci sarà più nulla con cui compensare, non ci saranno più i soldi per pagare i diritti, la carta, i resi che tornano invenduti in attesa che, dopo una dozzina di episodi, il ciclo sia concluso e la lettrice titubante possa acquistarlo con tranquillità.

 

La lettrice citata da Silvio, ormai diffidente, intende comprare solo saghe che siano già state pubblicate completamente perché non vuole rischiare di essere piantata a metà serie dall’editore. Quello che non capisce, e che non capiscono tutte le numerose persone che fanno la sua scelta, è che questo è il modo migliore per non leggere nessuna saga. Se i primi volumi non vendono, l’editore non pubblicherà i successivi per cercare di limitare i danni a due-tre libri e non magari a una dozzina.
Noi, lettori precari, siamo in balia delle decisioni delle Case Editrici, che fanno il bello e il cattivo tempo. Se da una parte sembrano volerci accontentare iniziando sempre nuove e interessanti saghe, dall’altra ci infliggono colpi bassi, interrompendo le serie a cui già ci eravamo affezionati!” scrive l’atelier dei libri, e a me viene spontaneo ribaltare i termini. Non vi fanno pena quei poveri editori precari in balia delle decisioni dei lettori che fanno il bello e il cattivo tempo, che da una parte sembrano volerli accontentare iniziando ad acquistare il primo, magari pure il secondo, volume di una saga e che poi, con un terribile colpo basso, interrompono inspiegabilmente gli acquisti bloccando quegli incassi a cui le case editrici erano tanto affezionate? Voi non sentite il dovere morale di comprare tutti i volumi di una serie, anche se i precedenti non vi sono piaciuti, perché chi lavora in casa editrice per vivere conta sui vostri soldi, soldi che voi con il primo acquisto gli avete fatto balenare davanti agli occhi per poi farli sparire?
Vi sembra ridicolo quello che ho scritto? Rileggetelo se volete, io ho solo ribaltato i termini. Provate a guardare le cose con gli occhi dell’editore – anche se in genere un editore ha le idee più chiare di voi riguardo a come funziona il mondo e non pensa davvero che gli avete mai promesso un solo centesimo in più rispetto a quello che gli avete già dato – per capire che le vostre richieste, la vostra “voce rabbiosa, che gronda delusione” in realtà vorrebbe l’impossibile.
L’atelier dei libri, che sto ampiamente citando, ha anche alcune proposte per gli editori. Vediamole:

• Pubblicare i numeri successivi a quelli già pubblicati esclusivamente in ebook ad un prezzo ragionevole tra i 2-4 euro

 

Secondo quali criteri sarebbe ragionevole il prezzo di 2-4 euro per un ebook? Abbiamo già detto che i costi di copertina, impaginazione, traduzione e via dicendo rimangono, indipendentemente dal supporto della pubblicazione. C’è l’IVA al 22%. C’è anche il discorso dei diritti d’autore. Siamo sicuri che gli autori accetterebbero la miseria che verrebbero a guadagnare a questo modo?

 

• Non investire in cover costose, perché non sono quelle che ci interessano.

Bell’idea, peccato che non regga. A volte i libri hanno già copertine orribili proprio perché sono state fatte in economia (al di là di quelle orribili perché chi le ha realizzate ha pessimo gusto, ma qui si entra in un campo troppo personale). Ne ho viste tante di lamentele per le copertine brutte, troppe per dire che ai lettori non interessano. E poi spesso i lettori sono attirati proprio da una copertina bella. Chi ama già l’autore comprerà il suo libro indipendentemente dall’immagine che si troverà davanti, ma una brutta copertina è un ottimo sistema per far scappare i potenziali nuovi lettori. Forse è un’idea suicida.

 

• Rinegoziare i diritti d’autore: Spiegando agli agenti degli autori la situazione.

Voi avete un lavoro. A un certo punto vi dicono che vi riducono lo stipendio. Come la prendete? Se potete permettervi di mandare a quel paese chi vuole ridurvi lo stipendio, non lo fate? E poi siete davvero sicuri che entrambe le parti abbiano voglia di perdere tempo ed energie per ridiscutere di una cosa che doveva essere già acquisita e che probabilmente porterà pochi vantaggi a tutti tranne che a quei pochi lettori che vogliono sapere come finisce la storia? Molto meglio chiudere il capitolo fallimentare e pensare ad altro, credetemi.

• Traduzione: fare una sorta di asta tra i traduttori: chi offre la migliore traduzione al prezzo più basso ottiene il lavoro.

Ottima proposta. Credevo che lo schiavismo fosse stato abolito, ma evidentemente ci stiamo ritornando. A parte che valutare quale sia la traduzione migliore non è facile. Cosa fai, fai tradurre una pagina? E poi sei sicuro che il resto sarà alla stessa altezza? Come fai a provare che il traduttore ti ha imbrogliato se secondo te non mantiene gli standard prefissati? Ma questi sono dettagli, il problema è un altro. Voi conoscete qualche traduttore? Io sì. Vivono con il loro lavoro. Vivono, non navigano nell’oro. Il mestiere di traduttore non è pagato poi così tanto, e spesso i tempi di consegna sono molto stretti e loro sono sempre con l’acqua alla gola.

A suo tempo mio padre ha scioperato per i diritti dei lavoratori, ha lottato perché tutti potessero ottenere un giusto salario capace di consentirgli di vivere dignitosamente. Quando vedo qualcuno proporre in nome di un proprio bene voluttuario – sì, per quanto io ami la lettura leggere una saga per me è un bene voluttuario se paragonato alle necessità della vita – di tartassare a livello economico gente che lavora per guadagnare i soldi necessari a condurre una vita normale mi viene rabbia. Attenzione a non santificare la libera concorrenza perché se davvero non c’è nessuna regola è un sistema che consente ai più forti di schiacciare i più deboli con una notevole facilità. Ma davvero non riusciamo a capire cosa è importante nella vita? Piantiamola con i capricci, con il volere tutto a costo di calpestare gli altri.

Volete che un editore pubblichi una saga che vi piace? Fate in modo che per lui sia un vantaggio pubblicarla, in modo che non si sogni di abbandonarne la pubblicazione. Una volta ero una grande frequentatrice della biblioteca, ora lo sono molto meno. Ora ho uno stipendio, non sono più una studentessa mantenuta ai genitori, e lavorando in una libreria inevitabilmente i libri della biblioteca li vedo vecchi. Ma c’è un altro motivo che mi spinge a comprare i libri che leggo. Se io do’ i miei soldi all’editore lui sa di avere un guadagno. Se siamo abbastanza a dargli i nostri soldi, noi continueremo a leggere quello che ci piace. Se un libro mi piace, mi piace davvero, non lo presto. Ne compro un’altra copia e la regalo. Invece di regalare una sciarpa, un braccialetto, un qualsiasi altro oggetto, regalo un libro che amo e che penso che possa piacere alla persona che lo riceverà. In questo modo aumento i guadagni dell’editore e di conseguenza le probabilità che l’editore pubblichi altri libri di quella serie, o di quell’autore.
Io poi ho un vantaggio, lavorando in una libreria posso dare consigli ai clienti, e se penso che un libro che amo gli possa piacere non mi faccio sfuggire l’occasione di proporglielo. Ovvio, devo pensare che gli possa piacere, altrimenti non ascolterà mai più i miei consigli. In passato ho consigliato abbondantemente George R.R. Martin, cosa che ora faccio solo per le sue opere minori perché Le cronache del ghiaccio e del fuoco vendono più che abbastanza già da sole. Ho consigliato anche Robert Jordan, anche se quello su cui mi sono impegnata di più è stato La rinascita di Shen Tai di Guy Gavriel Kay. Un terzo delle copie che ho venduto le ho vendute proprio perché io ho messo in mano il libro al cliente dicendogli di comprarlo. Tutti mi hanno ringraziata per il consiglio, con l’unica eccezione della mia amica Marzia. Certo, si tratta di uno scrittore difficile, e lui stesso ne è ben consapevole. I suoi sono fantasy, ma gli elementi magici sono così pochi che gli amanti di magie e creature magiche possono non esserne attratti. D’altro canto gli amanti dei romanzi storici spesso non gradiscono il fatto che un suo libro sia ambientato, per esempio, in Kitai invece che in Cina.
I consigli personali sono una delle strade che seguo. Io scrivo articoli, qui e su FantasyMagazine, che ha un numero di lettori molto più alto del mio piccolo blog. In occasione della pubblicazione della Rinascita di Shen Tai ho scritto tre articoli – la notizia di lancio, che facciamo per tutti i libri, e due approfondimenti, che invece facciamo solo sugli argomenti che interessano a noi – incentrati sul romanzo, più la recensione. Inoltre ho scritto un approfondimento più generico sulla nascita di un mondo fantastico che aveva il duplice scopo di pubblicizzare Kay e il quinto numero di Effemme, rivista secondo me interessante ma troppo poco letta, e ho chiesto all’editore la possibilità di pubblicare su FantasyMagazine il primo capitolo del romanzo. Non ho alcun problema nel dire che pubblicizzo questo scrittore, o la nostra rivista. Io sono entusiasta, poi sta a voi decidere se ascoltarmi e investire i vostri soldi e il vostro tempo in quel che piace a me. Non dimenticate che se scrivo un approfondimento è perché l’argomento interessa a me, ma che lo scrivo sempre usando tutta la mia professionalità e competenza. Lascio a voi il giudizio su quanto io sia dotata di queste caratteristiche, ma l’intenzione alla base è certamente seria.
Ma questo è solo l’aspetto più appariscente. Appena posso parlo di Kay anche in articoli che parlano d’altro. Senza cercare di proporvi i classici cavoli a merenda, se l’argomento non ha legami non ne ha, ma se ne ha… ho parlato di Kay in un articolo su George R.R. Martin, e pure in uno su Brandon Sanderson. Quando un suo romanzo è finalista a un premio letterario importante non mi faccio sfuggire la notizia. A suo tempo avevo recensito un suo romanzo in inglese e prossimamente ne recensirò un altro. Ho intervistato lo scrittore appena ne ho avuta la possibilità, ed era una cosa che avevo provato a fare, senza riuscirci, quasi due anni prima. Ho citato un paio di saggi suoi a colleghi che sapevo che stavano scrivendo approfondimenti argomenti sui quali Kay aveva fatto commenti interessanti, e loro a loro volta si sono serviti di quegli articoli per i loro testi citando lo scrittore. Parlo di Kay, in modo molto più continuativo che su FantasyMagazine, sul mio blog. Avevo piazzato stralci della mia recensione su tre negozi on line, anche se poi i miei testi sono spariti quando il libro è andato fuori catalogo. Ho aggiunto alcune informazioni alla relativa voce di Wikipedia, e probabilmente farò altre modifiche in futuro. Ho fatto il suo nome a quattro case editrici. Questo è fare qualcosa di concreto, non lamentarsi contro gli editori cattivi che ci spezzano il cuore o proporre di far fare la fame ai traduttori. Con i miei sforzi riuscirò a fare qualcosa di più che far tradurre un unico romanzo ormai fuori catalogo? Non lo so, ma questo per me non è un buon motivo per smettere, o per prendermela con gli editori cattivi. Se certi libri non vengono tradotti il motivo c’è, e dal loro punto di vista hanno perfettamente ragione. A un editore può anche far schifo pubblicare libri scritti male, il cui valore letterario è pari a zero ma il cui valore commerciale è altissimo, ma se i lettori con i loro soldi dimostrano di volere quelle cose, è normale che quello è ciò che pubblicherà l’editore. Se è un editore serio e non è con l’acqua alla gola userà i guadagni del bestsellers per pubblicare libri importanti anche se lievemente in perdita, se manca anche solo una delle due caratteristiche allora potete aspettarvi soltanto il tentativo d’inseguire la moda e le facili vendite, ammesso che riesca a trovarle, per sopravvivere. Si parla tanto di crisi, e vi assicuro che il mondo dell’editoria ne è colpito come tutti gli altri.

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41 risposte a Sulle saghe interrotte e i libri mai tradotti

  1. M.T. ha detto:

    Alcune precisazioni per rendere il quadro completo.

    L’articolo http://www.fantasymagazine.it/approfondimenti/20890/sui-prezzi-dei-libri-punti-di-vista-a-confronto/ è stata frutto della collaborazione tra Emanuele e me, nato da una proposta che ho fatto a seguito delle discussioni sorte a riguardo sul forum di FM. Mettendo a confronto le idee si è discusso di come realizzare il pezzo ed è venuto fuori di mettere a paragone due punti di vista differenti quali sono quelli del lettore e dell’editore; ognuno poi si è occupato di realizzare una parte, ci si è divisi i compiti. Avendo già portato avanti una parte del lavoro mi sono occupato della parte inerente i lettori, Emanuele ha svolto quella degli editori, ma entrambi abbiamo avuto una condivisione di punti di vista: essendo anche un lettore Emanuele è stato d’accordo con me sui certi prezzi (vedasi quello di La Via dei Re di Sanderson e la versione e-book L’Araldo della Tempesta di Richard Ford), come io non ho potuto che concordare in toto su quello che ha scritto sulla sua parte, dato che anch’io ho letto (grazie a lui) il libro da cui ha attinto i dati. Come è stato scritto alla fine del pezzo, è stato un modo per rendere consapevoli di come funziona un mercato con scelte spesso criticate e criticabili. Il sistema attuale ha delle pecche che non lo fanno funzionare proprio bene, tra le tante quella che tu citi a riguardo del tassare quello che non viene venduto e non crea profitto (e non aiuta la cultura). Per questo va ricordato che l’editore è un imprenditore e fa delle scelte atte a creare guadagno: se sono azzeccate va avanti, altrimenti chiude. E questo lo decide il lettore: se non è soddisfatto di un prodotto, non lo compra. Se sono in tanti a fare così, l’editore riflette sulla cosa, perché ha a che fare con una perdita di mercato e di conseguenza di guadagni, cosa che lo va a colpire direttamente.
    E’ giusto criticare se qualcosa non va (sono il primo a farlo), ma le vergogne sono altre come i tanti esempi che hai riportato (a cui aggiungo come vengono trattate le donne in India o cosa ha combinato il governo brasiliano per i mondiali contro le classi più povere e infelici: non sono solo vergogna, ma gridano che sia fatta giustizia).

    Non ci sono molte notizie in rete, ma da quel che so Armenia dovrebbe essere fallita.

    La chiusura dei rapporti non è dovuta al post che citi (http://www.fantasymagazine.it/forum/viewtopic.php?t=17476), ma affonda le radici in precedenza, ed esattamente al commento rivolto a un pezzo che ho scritto per Effemme ( https://librolandia.wordpress.com/2012/08/09/effemme-5/ ): non ci sarebbe nulla da dire sulle critiche (basta fatte nei toni adeguati) se non fosse stato per il fatto che sei che hai supervisionato il pezzo da me realizzato e hai detto che andava bene. Se c’era qualcosa che non andava, lo si diceva durante i lavori in corso, quando se ne aveva la possibilità, non dopo pubblicamente. Da quel punto i rapporti si sono incrinati, inasprendosi con le critiche sulla recensione di Venti di Morte – parte seconda (http://www.fantasymagazine.it/libri/15944/venti-di-morte-seconda-parte/ ) (non rivolte solo allo stile, ma al contenuto non ritenuto adeguato alla rivista) e la decisione senza motivo di non pubblicare la recensione già concordata di I Segugi dell’Ombra – parte prima (http://www.fantasymagazine.it/forum/viewtopic.php?t=17488 ), per poi arrivare a tue affermazioni che sono andate oltre l’ambito della rivista.
    Affermazioni del genere (che non colpiscono solo me, ma anche altri) “dovresti chiederti quali siano le tue reali capacità di usare la nostra lingua, perché per uno che ambisce a fare lo scrittore mi sembra un limite non da poco” e “chiaramente ti dico anche che i tuoi articoli sono indigesti. Terribilmente indigesti. Ho cominciato a rendermene davvero contro proprio con quell’articolo (quello su Effemme 5), ma a ripensarci la cosa accadeva anche prima. Li leggo e mi distraggo perché il tuo stile è noioso. Solo facendomi forza perché li devo leggere riesco ad arrivare in fondo. C’è gente che ti apprezza? Ti do’ una notizia: a me non importa un accidente di chi ti apprezza” (cambiamento nato in seguito all’aver ribattuto alle critiche, quando prima l’opinione era ben diversa https://librolandia.wordpress.com/2011/01/11/terry-brooks-la-fantasy-e-la-realta/ ), nate per aver ribattuto alle tue osservazioni e difeso il lavoro realizzato.
    E non si tratta di non saper accettare le critiche: con quelli con cui ho collaborato con la rivista non ci sono stati problemi sulla realizzazione e supervisione dei pezzi, tutte le volte che sono state pertinenti e adeguate le ho ascoltate tranquillamente, mettendomi a confronto e riflettendo con loro quando non ero d’accordo: su questi punti i toni sono sempre rimasti pacati. Con me i problemi sorgono quando si hanno certi comportamenti e si fanno certe affermazioni.

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    • Vedi perché non avevo mai citato quell’articolo di Emanuele? Perché non volevo tirare in ballo te, e in effetti in questo lungo articolo ti ho citato solo per dire che non avrei commentato quel che hai scritto tu, cosa che non ho fatto. Non ti volevo citare perché non volevo riaprire certe vecchie discussioni chiuse solo perché erano sterili e non portavano a niente. Dopo che non so quante volte ho cercato di spiegarti con calma il mio punto di vista, perdendo il mio tempo per dirti che dove tu ti eri offeso io non avevo avuto la minima intenzione di offenderti, mi sono stancata. Ogni mia spiegazione veniva fraintesa, fino a quando non mi hai fatto passare la pazienza e ho chiuso i rapporti con te. Speravo definitivamente, ma se vuoi posso anche raccontare in pubblico quello che davvero è successo. Non ne ho voglia, il mio tempo vale più di uno scambio di commenti con te, ma se insisti prima o poi potrei decidere di accontentarti. Un’ultima cosa: ho scritto deliberatamente il tuo nome, in caso tu avessi un google alert che ti dice quando viene scritto (per inciso io non ce l’ho). Non volevo che tu potessi pensare che sparlavo di te alle tue spalle.

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  2. M.T. ha detto:

    Bastava mettere il link e non ci sarebbero stati problemi: aggiungere quello che hai scritto è ricercare una reazione. A certe affermazioni rispondo, soprattutto se danno una visione parziale della cosa.
    Per questo ho voluto spiegare soprattutto sull’articolo dei prezzi, perché è stata l’unione di idee di due persone, una collaborazione che ha portato frutto, un lavoro d’equipe realizzato grazie all’unione di forze, dove il merito è di entrambe le persone che ci hanno lavorato sopra, che hanno arricchito l’articolo, contribuendolo a renderlo completo come si è: senza la cooperazione di uno dei due non ci sarebbe quello che si è potuto leggere, non è stata brava solo una persona.
    Cooperazione che inizialmente c’è stata anche con te, ma che poi s’è persa per certi modi di fare che hai avuto.

    Non ho nessun Google Alert. Sono arrivato qui perché con Google stavo facendo una ricerca inerente alle politiche editoriali e scorrendo il pezzo ho visto che ero chiamato in causa. Visto quanto scritto ho voluto precisare perché non mi piacciono modi di fare che tieni e che vogliono provocare. Te l’ho già scritto in privato, ribadendo quanto ho scritto qua per i punti sopra citati, ma anche riguardo alla questione bandi dei racconti che è stata poi quella che ha fatto scatenare reazioni: in redazione non è piaciuto questo, specie a te che eri parte in causa, e che ha portato a una mia sospensione per mesi dallo scrivere per la rivista, cosa che poi in seguito è ripreso. Non è piaciuto quello che ho scritto sul sito che gestisco, come a me non è piaciuto il modo in cui è stato trattato il mio lavoro, vedasi le tue affermazioni che ho riportato sopra, che sono offensive, mentre io non ho mai offeso, nessuno: difendo quello che faccio perché credo nella bontà di quello che faccio.
    Se non vuoi avere a che fare con me, non usare certe frasi, come hai fatto in questo caso: i modi per non creare polemica ci sono, basta volerlo.

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    • La visione parziale c’è perché tu continui ad accusarmi di averti insultato, mi minacci pure, e io non ti ho mai risposto. Hai anche pubblicato parti di una mail privata, togliendole dal contesto, e io non ho spiegato cosa ho scritto prima e dopo delle frasi citate da te, né perché sono arrivata a scrivere quelle frasi.
      E così ci risiamo, con io che ti dico che queste discussioni sono inutili e tu che continui a venire a lamentarti. Possiamo chiuderla qui? Nessuno dei due farà mai cambiare idea all’altro, ormai ne ho preso atto e non ho voglia di spenderci sopra altro tempo.
      Ti sei imbattuto nel mio articolo per caso? Ok, rimane comunque il fatto che l’articolo che ho linkato ha una doppia firma e che volevo far sapere ai miei lettori che ho ignorato le tue parole non perché le condivido ma perché non le voglio commentare. Se non lo avessi specificato qualcuno avrebbe potuto pensare che mi piace anche la tua parte dell’articolo, è tanto difficile da capire? Ti ho citato con cognome e nome, come detto, per aumentare le probabilità che tu leggessi il mio articolo in modo da non farti ritenere che stessi parlandoti alle spalle. Non cercavo polemiche, volevo rifarmi al discorso di Emanuele. Avrei voluto farlo già in passato ma avevo sempre lasciato perdere, fino a quando non mi sono detta che era assurdo che mi lasciassi condizionare dal fatto che in quell’articolo c’è anche il tuo nome. Tu non hai alcun diritto di influenzare la mia vita neppure involontariamente, impedendomi di citare testi seri scritti da altri, perciò alla fine ho inserito quel link ma prendendo le distanze da te.
      Tu ed Emanuele avete elaborato insieme quell’articolo? A me pare che ci siano due parti ben distinte, una con un nome e una con l’altro. La prima rispecchia il tuo pensiero, come lo avevi già espresso in altri punti, la seconda deriva da un lavoro fatto da Emanuele su un libro, I mestieri del libro di Oliviero Ponte di Pino, che lui non conosceva e che io gli ho prestato quando lui mi ha parlato di un articolo che aveva intenzione di scrivere.
      E, non so se ci hai fatto caso, ma da oltre un anno questa è stata l’unica volta che io ti ho coinvolto, e solo perché eri parte in causa di una cosa su cui volevo scrivere e in cui tu entravi solo marginalmente. Non ti ho coinvolto per te, ti ho coinvolto solo per dire che non volevo parlare di te. Tutte le altre volte sei stato tu a venire a commentare testi miei, e io mi sono limitata a risponderti, almeno fino a quando non mi sono stancata. Sei sempre stato tu ad avere l’ultima parola, per il semplice fatto che io odio queste discussioni, faccio del mio meglio per evitarle e quando mi rendo conto che si è arrivati a un punto morto non rispondo più. Prova a chiederti se questo da’ una qualche indicazione riguardo a chi fra noi due sia più litigioso.

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  3. M.T. ha detto:

    Non ti minaccio: in niente di quanto ho scritto c’è minaccia. Questo è chiaro da quanto ho scritto.
    Come non c’è nessun atto mio che influenza la tua vita.
    Abbiamo punti di vista che in alcuni casi coincidono, che in altri invece sono all’opposto, non c’è incontro e ognuno rimane nelle sue posizioni. Sei libera di scrivere quello che vuoi e gli altri possono essere d’accordo o non essere d’accordo con te: nel secondo caso si può anche ribattere se non si è d’accordo. E con le frasi che hai scritto nei miei riguardi non lo sono.

    Se avessi scritto “riporto il link di un articolo scritto da Emanuele Manco e Mirco Tondi sulla questione: da leggere la parte di Emanuele perché spiega il processo editoriale sulla scelta dei prezzi e mostra fattori che spesso non si conoscono perché non visibili al lettore” non ci sarebbe stato nulla da dire: avresti scritto come stanno le cose (il pezzo a doppia firma), ponendo l’attenzione su quanto era di tuo interesse parlare.
    Invece sei voluta andare oltre, tirando in ballo questioni che non c’entravano con il pezzo, parlando di cose avvenute in privato. A questo punto è venuto fuori il motivo d’attrito che c’è stato tra noi, che non avrei citato se ti fossi limitata a puntare l’attenzione sul fulcro dell’articolo invece di andare oltre.
    Cosa che hai fatto anche nel passo successivo in cui mi citi di nuovo.
    Sei libera di scrivere quello che vuoi, non sono io che ti condiziono o censuro; ma io posso ribattere se non mi stanno bene certe affermazioni.

    “Tu ed Emanuele avete elaborato insieme quell’articolo?”
    Esatto. Come ti ho già scritto. Poi ognuno ha sviluppato una parte, ma si è discusso insieme dell’idea: entrambi i lavori sono seri, non solo uno, perché anche in quello che ho scritto io c’è realtà, perché è il pensiero di tanti, le critiche che molti fanno alle ce. E’ un resoconto di un parere condiviso da diversi, non solo mio: un pensiero esistente, consolidato, ma anche limitato che manca di una conoscenza a 360° e per il quale è stato scritta la seconda parte per completare la visione d’insieme.
    Poi puoi continuare a scrivere che quanto detto da Emanuele è l’unica cosa meritevole e quanto faccio io no (vedasi la frase “citare testi seri scritti da altri”), scelta tua: altri sono liberi di pensarla diversamente. Io dico solamente che ho dato un contributo per realizzare un pezzo che aiuti ad avere maggiore comprensione.

    “continui ad accusarmi di averti insultato”
    Le frasi che mi hai rivolto riportate nel primo commento sono offensive. Accetto le critiche, anche severe, ma non frasi del genere. Oltretutto, oltre a me, hai mancato di rispetto anche ai lettori e a chi ha supervisionato il mio lavoro, fregandotene di loro.

    Non sono litigioso, ma non lascio passare le cose. E ribadisco che c’era il modo per evitare tutto ciò (ricito “Se avessi scritto “riporto il link di un articolo scritto da Emanuele Manco e Mirco Tondi sulla questione: da leggere la parte di Emanuele perché spiega il processo editoriale sulla scelta dei prezzi e mostra fattori che spesso non si conoscono perché non visibili al lettore” non ci sarebbe stato nulla da dire”)

    “non so se ci hai fatto caso, ma da oltre un anno questa è stata l’unica volta che io ti ho coinvolto”
    Non l’ho fatto perché non passo sul tuo sito da quando lasciando un commento ben chiaro su una questione infame e tremenda come gli stupri sulle donne mi sono preso che li giustificavo, cosa che non ho mai fatto e che ho sempre condannato duramente.

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    • Non mi hai minacciata in quest’occasione, mi riferivo a episodi del passato ma evidentemente non sono stata abbastanza chiara. Quanto all’influenza sulla mia vita, non so se ti sei accorto che ho scritto che era una cosa involontaria. Non ho dubbi sul fatto che tu abbia scritto l’articolo perché volevi scriverlo e che non stessi minimamente pensando a me. L’articolo è, giustamente, un testo tuo. Hai scritto quello che ritenevi importante ed è giusto così, anche se io ho opinioni diverse dalle tue. Quello che mi ha messa in difficoltà è stato che io potevo tranquillamente ignorare le tue parole ma che reputavo importanti quelle di Emanuele, e purtroppo si trovano nello stesso posto. Un caso, circostanze non premeditate da nessuno, ma il fatto che io volessi citare quell’articolo fin da quando è stato pubblicato, oltre un mese fa, e che non lo abbia fatto fino a ieri, indica due cose. La prima è che, anche se non erano queste le tue intenzioni, la presenza delle tue parole ha influenzato un mio articolo ritardandone la scrittura per un certo periodo di tempo. La seconda è che io non mi diverto a provocare, mi faccio degli scrupoli, e se alla fine ho scritto è stato perché mi sono imbattuta in troppi commenti che secondo me avevano bisogno di una spiegazione. Soprattutto il commento sul mio blog ne aveva bisogno, perché quella era una domanda direttamente rivolta a me, ma spesso per necessità di chiarezza il discorso va allargato e si citano altre cose.
      Certo, avrei potuto scrivere di leggere semplicemente la parte firmata da Emanuele, ma non sarebbe stato onesto. Le tue parole ci sono, non scrivere nulla per me sarebbe stato come avvallare la tua posizione, cosa che non intendo fare. Ho anche spiegato che non ne avrei commentato le tue parole non perché non ne sarei stata in grado ma per problemi di natura personale. Siamo esseri umani, nessuno va d’accordo con tutti. Questo non è un discorso di chi è più bravo o intelligente ma semplicemente di incompatibilità di caratteri. E comunque quello che ha pubblicato uno stralcio di una mail privata sei stato tu.
      Più sotto ho scritto che parliamo due lingue diverse. Ne sono convinta davvero. In apparenza parliamo tutti e due italiano, e le parole dovrebbero avere lo stesso significato per entrambi, ma visto che tu ti sei offeso più volte per commenti che io non reputavo affatto offensivi ne devo dedurre che diamo alle parole significati diversi. Una volta ti sei offeso perché ho scritto che eri stato ingenuo. Ne ho preso atto, anche se a casa mia la parola ingenuo non è offensiva. Per esempio io e una persona che parla in tedesco non abbiamo modo di capirci, parliamo due lingue diverse. Io e te evidentemente parliamo due lingue diverse. L’ipotetico tedesco non si offende per una frase del genere. Tu come la prendi? Attento, non ho detto che io parlo meglio di te, ho usato la parola “diverse”. Poi sono fatti che tu mi hai accusata di andare OT, come può vedere chiunque abbia voglia di andare a leggere ciò che c’è scritto a quel link, e che io abbia chiuso bruscamente la conversazione perché mi ero stancata di perdere tempo a scrivere vedendo continuamente fraintese le mie parole. Se vuoi offenderti fai pure, ormai ci sono abituata. La mia frase si può leggere nel senso che tu non capisci nulla, che io mi sono espressa male o che noi due parliamo due lingue diverse. Scegli l’opzione che preferisci, ho sempre detto che ciascuno è libero di avere le sue opinioni, anche di dissentire da me, e non intendo cambiare idea ora.
      Ti ho paragonato a mia figlia? Va bene, ho fatto un errore, le mie bimbe sono la mia vita e tu no, perciò i paragoni non sono veramente possibili. Però mi sono ritrovata più volte a cercare di spiegarti le cose come le spiego a lei, fino a quando non mi sono rassegnata all’evidenza delle due lingue diverse. Magari sbaglio, ma la mia percezione è questa.
      Non vedo frasi offensive nemmeno nel mio primo commento. Dal mio punto di vista ho cercato di spiegarti come la pensavo, tu mi hai fraintesa (i motivi possono essere tre, vedi sopra) e la discussione è proseguita fino a quando io non mi sono stancata. Cosa che sta avvenendo ora per l’ennesima volta. Avrei modi molto migliori per trascorrere il tempo piuttosto che rimanere qui a scrivere queste cose, e sono convinta che li abbia anche tu perciò per me possiamo chiudere la conversazione e tornare ognuno alle rispettive vite.
      Ho definito il pezzo di Emanuele un testo serio, sul tuo non mi sono espressa. L’unica cosa che ho scritto sul tuo pezzo è che non condivido quello che hai scritto. Non dico che tu non ti sia impegnato nello scrivere quell’articolo, ma a mio parere contiene numerose ingenuità. Questo però avevo scelto di non scriverlo perché abbiamo già notato che quel termine per te è offensivo. Mi ero limitata a valorizzate un testo ben documentato e interessante, anche se nell’articolo ho definito noiosi i calcoli. Notare che Emanuele non si è offeso per l’uso della parola noioso. Secondo te si può usare una parola del genere o è offensiva? Forse è meglio se non mi rispondi, come detto prima chiudiamo la discussione e meglio è. Ricordati però che non sei al centro del mio mondo, se parlo di altro non è detto che dietro ci siano sottointesi nascosti. Se parlo d’altro e non di te, sto veramente parlando d’altro e non di te.
      Non mi pare proprio di aver mancato di rispetto ai lettori e a chi ha supervisionato il lavoro. I lettori possono dissentire da me, su questo come su tutto il resto. Quanto a chi ha supervisionato il lavoro… pensi che io condivida il giudizio di tutte le recensioni che pubblichiamo? Spesso i libri non li ho letti e quindi non sono in grado di esprimere un giudizio, e anche quando il mio giudizio è diverso da quello del recensore in coda all’articolo c’è una firma. Il giudizio è il suo, non il mio. Come ben sai mentre le notizie sono informative, riportano dei fatti, recensioni e approfondimenti sviscerano un tema inserendo anche opinioni personali, e le opinioni possono non essere condivise. Se mi fossi lamentata per la bassa qualità dell’articolo – cosa che non ho fatto e che non sto facendo neppure ora, questo è un discorso ipotetico – allora avrei mancato di rispetto a chi ne ha decisa la pubblicazione. A mio giudizio sono cose ben diverse, ma tu sei libero di pensarla in un altro modo.
      Un paio di note che non avevo fatto prima. Non ti ho mai detto che la recensione di Venti di morte non era adeguata alla rivista, solo che l’impostazione che gli avevi dato era più da approfondimento, e che avresti dovuto riflettere, quando scrivevi qualcosa, su quale fosse la destinazione del pezzo. La decisione di non pubblicare la recensione dei Segugi dell’ombra è stata concordata con la redazione, anche se poi sono stata io a darti la notizia. Quanto alla mia prima impressione su di te, evidentemente ho fatto un errore di valutazione per cui ti chiedo scusa. Suppongo che la cosa ti abbia infastidito visto che non è la prima volta che mi rinfacci quella frase (“un nuovo collaboratore molto bravo”), perciò ho rimosso l’intero articolo. Il mio blog sta in piedi benissimo anche così, e tu dovresti avere un motivo di irritazione in meno.
      Un’ultima cosa, il discorso sugli stupri. Tu ti riferisci ai commenti in coda a quest’articolo: https://librolandia.wordpress.com/2013/10/22/robin-hobb-franca-rame-e-lo-stupro-di-modena/. Io l’ho scritto per un motivo ben preciso: parlare di un unico tema perché quando si parla di troppe cose, anche se gravi, poi si finisce per non parlare di niente. Volevo parlare di una cosa, e una soltanto, e lo avevo detto. Tu hai tirato fuori i cavoli a merenda o, per dirla come un moderatore, sei andato OT. Io ho ribadito che andare OT era una delle cose che non mi stava bene, per i motivi già spiegati più su, e tu ti sei offeso. Ero stata ironica, certo. In quel caso mi aveva infastidito un commento che ho reputato fuori luogo, ma dal risponderti in modo ironico all’accusarti di essere favorevole agli stupri, come invece tu hai capito, ce ne corre. Evidentemente parliamo due lingue diverse. Viste queste difficoltà, cosa ne diresti di smettere di parlarci?

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      • M.T. ha detto:

        “Non mi hai minacciata in quest’occasione”
        Non ho minacciato né in questa occasione, né in nessun altra: ho sempre detto quello che pensavo, nulla di più.

        “Hai scritto quello che ritenevi importante ed è giusto così, anche se io ho opinioni diverse dalle tue”
        Ho riportato il pensiero di una buona parte dei lettori che critica le ce: questo è riportare i fatti, non è ingenuità come dici tu. Ho già spiegato come ha funzionato l’articolo, come è stato pensato perché il pensiero che hanno i lettori non è completo di tutte le informazioni sull’editoria. Ribadisco non è ingenuo: riporta i fatti, il pensiero dei lettori che hanno delle mancanze di dati e che per questo viene completato da quanto scritto poi da Emanuele per dare consapevolezza di cosa c’è dietro.

        “la presenza delle tue parole ha influenzato un mio articolo ritardandone la scrittura per un certo periodo di tempo.”
        La scelta è stata tua. In nessuna maniera, diretta o indiretta, io ho avuto influenza sulle tue decisioni.

        “Questo non è un discorso di chi è più bravo o intelligente ma semplicemente di incompatibilità di caratteri. E comunque quello che ha pubblicato uno stralcio di una mail privata sei stato tu.”
        Sei stata tu a tirar fuori il discorso nell’articolo senza avere ragione di farlo: non ce n’era bisogno, non era per nulla funzionale all’argomento. Non ci fosse stata, non ci sarebbe stato nessun seguito da parte mia.

        “In apparenza parliamo tutti e due italiano, e le parole dovrebbero avere lo stesso significato per entrambi”
        Senza apparenza: parliamo entrambi italiano. Ma diamo peso differente alle frasi. Tu ritieni che frasi del genere (cito di nuovo) “dovresti chiederti quali siano le tue reali capacità di usare la nostra lingua, perché per uno che ambisce a fare lo scrittore mi sembra un limite non da poco” e “chiaramente ti dico anche che i tuoi articoli sono indigesti. Terribilmente indigesti. Ho cominciato a rendermene davvero contro proprio con quell’articolo (quello su Effemme 5), ma a ripensarci la cosa accadeva anche prima. Li leggo e mi distraggo perché il tuo stile è noioso. Solo facendomi forza perché li devo leggere riesco ad arrivare in fondo. C’è gente che ti apprezza? Ti do’ una notizia: a me non importa un accidente di chi ti apprezza” vadano bene, mentre invece sono offensive e mancano di rispetto.

        “Poi sono fatti che tu mi hai accusata di andare OT”
        Certo. Infatti ho scritto questo: “Ho parlato nello specifico per restare it (e si prega di fare altrettanto) e non divagare con autori ed editori che non c’entrano nulla con l’argomento: per altri esempi e allargare la discussione ci saranno altri sedi, non questa, dato che è stato realizzato un articolo su tale questione che è in attesa di pubblicazione.”
        Nel pezzo la questione era incentrata su Elantris di Sanderson, parlare di altri autori è fuori argomento. Infatti ho scritto a seguire che ci sarebbero state altre sedi, quali appunto quella del pezzo che hai citato in questo tuo post. Per tua ammissione parli di autori che ti piacciono anche quando non c’entrano nulla: compito del moderatore far rimanere l’attenzione sull’argomento centrale. L’ho fatto con te come l’ho fatto con tanti altri.

        “Ti ho paragonato a mia figlia? Va bene, ho fatto un errore, le mie bimbe sono la mia vita e tu no, perciò i paragoni non sono veramente possibili. Però mi sono ritrovata più volte a cercare di spiegarti le cose come le spiego a lei, fino a quando non mi sono rassegnata all’evidenza delle due lingue diverse.”
        Ancora con le due lingue. Il discorso semplicemente è che abbiamo punti di vista diversi e che nessuno dei due li cambia e pertanto ci si scontra perché non conciliabili. Con la differenza che tu hai offeso e per via dell’esprimere un punto di vista diverso dal tuo e avendo un ruolo l’hai fatto pesare.
        Con I segugi dell’Ombra conosco un’altra versione: la decisione è stata solo tua perché non si è voluto interferire con il ruolo che hai come responsabile delle recensioni. Parole tue negli scambi avuti prima del confronto con la redazione che non l’avresti mai recensita.

        “Avrei modi molto migliori per trascorrere il tempo piuttosto che rimanere qui a scrivere queste cose, e sono convinta che li abbia anche tu”
        Certo. Ma non lascio correre certe frasi e per questo ribatto.

        “Questo però avevo scelto di non scriverlo perché abbiamo già notato che quel termine per te è offensivo. Mi ero limitata a valorizzate un testo ben documentato e interessante, anche se nell’articolo ho definito noiosi i calcoli. Notare che Emanuele non si è offeso per l’uso della parola noioso.”
        A meno che non si sia appassionati di matematica, i numeri non sono molto interessanti di norma, ma sono utili come in questo caso, dato che servono a dare comprensione.
        La parola non è offensiva. Come non è offensivo ingenuo. Cambia il modo in cui lo usi e nel caso dell’articolo è atto a sminuire il suo essere, perché non si tratta solo del mio pensiero come dici tu, ma fare una sorta di reportage su come la pensa una fetta non trascurabile di lettori.

        “Non mi pare proprio di aver mancato di rispetto ai lettori e a chi ha supervisionato il lavoro.”
        Sì, dici solo che il loro giudizio non conta nulla, ma solo il tuo.

        “Quanto a chi ha supervisionato il lavoro… pensi che io condivida il giudizio di tutte le recensioni che pubblichiamo? Spesso i libri non li ho letti e quindi non sono in grado di esprimere un giudizio, e anche quando il mio giudizio è diverso da quello del recensore in coda all’articolo c’è una firma.”
        Non si tratta di condividere l’opinione su un giudizio, quanto su come è strutturato e approfondito il lavoro, con quanta cura, professionalità e attenzione è stato realizzato. E in quello che scrivo io negli approfondimenti pubblicati è sempre la massima: invece con le tue parole lo hai denigrato. Non c’entra il mio modo di scrivere, c’entrano le divergenze avute: ti ha dato fastidio la diversità d’opinione e questo ha pesato.

        “Quanto alla mia prima impressione su di te, evidentemente ho fatto un errore di valutazione per cui ti chiedo scusa. Suppongo che la cosa ti abbia infastidito visto che non è la prima volta che mi rinfacci quella frase (“un nuovo collaboratore molto bravo”), perciò ho rimosso l’intero articolo.”
        Questo dimostra che chi non è in sintonia con te subisce un giudizio negativo. Le mie osservazioni hanno fatto sì che t’indispettissi e ti mettessi di traverso. Se uno è valido, lo è a prescindere da che si vada d’accordo o meno; il tuo modo di fare dimostra il contrario.
        Che non andiamo d’accordo è evidente, ma questo non inficia il riconoscere il valore altrui. Cosa che io ho fatto: http://zweilawyer.com/2012/05/10/fantamestizia/ (leggere nei miei interventi “Se resto sul generale è perché non mi va di fare liste; ma se vuoi dei nomi, ti faccio quelli di Martina Frammartino, Bruno Bacelli e Chiara Crosignani” sulla qualità e professionalità del lavoro realizzato)
        Facendo come hai fatto tu ora e in passato, hai dimostrato il contrario (non mi dava fastidio il tuo commento sul “molto barvo”, ma per il volta faccia tuo per i contrasti avvenuti: ero valido prima, e lo sono anche dopo i contrasti, che non cambiano il mio valore). Avrai tolto il pezzo, ma questo tuo cambiamento di giudizio dopo quanto avvenuto rimane: http://www.lestradedeimondi.com/immagini/giudizionuovocollaboratore.jpg .A dimostrazione che quando qualcuno la pensa diversamente si cerca di eliminare le cose positive, cercando di far passare cose invece negative.

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        • Stavo per non risponderti, e probabilmente non risponderò in futuro quando tu ti sentirai in dovere di spiegare il tuo punto di vista. Io ho cose migliori da fare che andare avanti in una discussione che non porta a niente, e tu?
          Tu hai sempre detto quello che pensavi, nulla di più. Prendo atto dell’affermazione e non la commento perché, anche se avrei molte cose da ridire, questo significherebbe alimentare una discussione che io invece voglio chiudere. Non condivido la tua affermazione ma ciascuno ha le sue opinioni e io ho smesso da tempo di credere di essere in grado di farti vedere le cose (non spingerti a cambiare idea, cosa ben diversa, solo farti vedere le cose) dal mio punto di vista.
          Vuoi sapere dove sta l’ingenuità nel tuo articolo? Ne riporto un passo:
          “La Via dei Re, sempre dello stesso autore e sempre pubblicato da Fanucci, fu contestato quando uscì per lo stesso prezzo, ma si cercò di trovare giustificazione nel fatto che aveva mantenuto la copertina originale, aveva le mappe a colori e disegni al suo interno, senza contare la lunghezza di 1152 pagine, a cui andavano aggiunti i costi di traduzione che potevano renderlo più caro rispetto all’America (venduto a circa 20 $), ma non da far arrivare a una cifra del genere. Ragionamenti e giustificazioni che però sono crollati quando l’editore ha proposto l’edizione economica di La Via dei Re, che, salvo un paio di mappe da colori passate in bianco e nero e della copertina passata da rigida a morbida, è praticamente uguale a quella più costosa, solo che viene proposta a 14.90 €.”
          In pratica stai dicendo che visto che Fanucci ha potuto permettersi di pubblicare il libro a 14,90 € avrebbe dovuto pubblicarlo fin da subito a quel prezzo e non a 30,00 € come ha fatto con la prima edizione. Ti sei accorto che la maggior parte degli editori medio-grandi pubblica i libri prima in edizione rilegata e poi, dopo circa un anno, in edizione tascabile con copertina morbida e a un prezzo che è circa la metà di quello di partenza? La prassi è molto diffusa nell’editoria, troppo diffusa perché un lettore abituale possa non notarla. Questa è ingenuità, pensare che Fanucci abbia fatto chissà quale cosa terribile quando si è semplicemente adeguato alla norma. Che poi tu non potessi conoscere tutti i retroscena è normale, non lavori nell’editoria, ma alcune cose le può vedere anche un semplice lettore.
          Capitolo chiuso, puoi continuare a mandare a Fanucci (e pure a me se è per questo, la cosa non mi fa né caldo né freddo) tutte le maledizioni che vuoi, ma quel commento a me sembra molto ingenuo.
          In nessuna maniera, indiretta o indiretta, hai influenzato le mie decisioni? Tu hai scritto l’articolo per i tuoi motivi, e io non li ho mai messi in discussione. Volevi scriverlo, Emanuele ha discusso con te e ha concordato sul fatto che fosse interessante, e l’articolo è stato pubblicato. Tutto normale. Però quello è un articolo doppio, con due parti ben distinte fra loro, e una delle due parti per me era molto interessante. Volevo citarla, e se non l’ho fatto per oltre un mese è stato proprio perché non volevo iniziare una discussione come questa. A me questo sembra un influsso indiretto. Involontario, imprevisto, non ti sto accusando di nulla, ma l’influsso c’è stato, almeno fino a quando non mi sono detta che non aveva senso che io non citassi una cosa per me importante semplicemente perché tu esisti. Ora che abbiamo chiarito il punto possiamo continuare a esistere indipendentemente l’uno dall’altra? Tu per i fatti tuoi e io per i fatti miei.
          Sono due cose ben diverse citare un articolo pubblico senza commentarlo, che non potevo non citare proprio perché altrimenti avrei dovuto ignorare le parole di Emanuele, e pubblicare stralci di mail che in teoria avrebbero dovuto essere private. Certo, potevo evitare di dire che tu non mi ascolti, ma tutto questo scambio di commenti mi sembra proprio la dimostrazione del fatto che tu non mi ascolti. Tu la pensi in modo diverso? Va bene, pensala in modo diverso. Se qualcuno avrà voglia di perdere il suo tempo per leggere questi commenti sarà libero di farsi la sua opinione, magari la penserà come te. Si tratta di opinioni personali, e io non ho l’abitudine di discuterle. La mia opinione è che tu non mi ascolti, della tua su di me ne ho un’impressione abbastanza chiara e posso sopravvivere tranquillamente a quel che pensi, vorrei solo smettere di discutere. Torniamo alla mail che citi, a quelle frasi. Sono pesanti? Sì, certo che lo sono. Ma quando te le ho scritte? Te le ho scritte dopo che tu mi hai logorato il sistema nervoso per un buon mese offendendoti in continuazione, anche se le mie intenzioni erano sempre state concilianti. Avevo scritto che un tuo commento era astato ingenuo e tu ti sei offeso dicendo che conosci bene la lingua, e visto che quel commento non era stato tanto carino nei confronti della redazione di FantasyMagazione (non te l’eri presa con me ma con tutta la redazione) la cosa mi ha irritata. Tu hai parlato male di noi e non hai accettato la scusante dell’ingenuità. Secondo te cosa ne potevo pensare io? E quando hai esagerato ho scritto una mail, una sola, per farti vedere la differenza fra un testo conciliante e uno che non lo era. Se pensi che tutte le mie mail abbiano lo stesso tono di quella che hai citato allora fra noi c’è qualche problema di comprensione. Parliamo davvero la stessa lingua?
          Sai che una sola volta sono stata accusata da un moderatore di andare OT? Indovina quando è successo? Per mia ammissione salto di palo in frasca sul mio blog. Questo non è un giornale perciò scrivo di quello che mi pare. I miei articoli su FantasyMagazine sono quanto di più professionale riesco a scrivere nel tempo che ho a disposizione per scrivere quell’articolo. E sul forum entro non in veste di utente qualsiasi ma in veste di redattore di FantasyMagazine. Qui non lo sono, anche se a volte riporto articoli di FantasyMagazine, lì invece sì. Il mio discorso non era affatto campato in aria, voleva spiegare le diverse dimensioni del mercato di un libro italiano rispetto a uno americano, e l’ho fatto usando i dati pubblici che conoscevo. Se li avessi conosciuti per Elantris – incidentalmente anch’io penso che quel libro sia troppo caro – avrei usato quelli, ma non li avevo. Ho fatto un esempio che mi è sembrato pertinente e comprensibile, anche perché la questione dei prezzi era già saltata fuori. Comunque se io ho tirato in ballo Martin tu hai tirato in ballo Jordan, perciò avresti dovuto bacchettarti da solo. Poi arrivi a parlare della “situazione globale italiana”. Chi è che è andato più OT fra noi? Non solo, hai scritto un commento inferocito – e ti ho detto che concordo sul fatto che il prezzo sia troppo alto – per spiegare come non fosse possibile recensire quel libro perché non era possibile leggerlo. Non voglio farti cambiare idea, accetto la tua opinione. Però è una tua opinione, non mia, e quando tu hai scritto che “l’unica recensione che merita un prodotto come Elantris è quanto ho scritto” mi sembra tanto un non voler accettare nulla di diverso dalle tue parole. Questa per me è una chiusura notevole.
          Ci scontriamo perché i nostri punti di vista non sono conciliabili. Magari non te ne sei accorto, ma per parecchio tempo ho cercato di capire il tuo punto di vista, di spiegare meglio le mie parole. Quando tu ti arrabbiavi il mio primo pensiero era stato che non ero stata abbastanza chiara. Ho dato la colpa a fraintendimenti, a testi miei non troppo chiari, almeno fino a quando non mi sono stancata e ho deciso che non valeva la pena perdere tempo ed energie mentali per cose così. Tu non lasci correre certe frasi e per questo ribatti, ma non hai idea di quante frasi invece io abbia lasciato e continui a lasciar correre. Se l’ultima parola l’hai sempre avuta tu è perché a un certo punto io lascio correre, non perché non avrei gli argomenti per ribattere. E spesso quando ribatto ignoro per scelta un bel po’ di frasi e ribatto solo ad alcune delle cose che hai scritto. Se ci pensi le discussioni sono quasi sempre nate da testi miei che non c’entravano nulla con te che tu hai commentato – quindi sei stato tu a venire a cercarmi – e mai da testi tuoi commentati da me. Ci sono state tre eccezioni. Un articolo mio che non ti è piaciuto. Sapevo che lo avresti letto e pensavo che mi avresti chiesto spiegazioni. Quando non lo hai fatto ho creduto che lo avessi ritenuto poco importante, come lo avevo ritenuto poco importante io. Ho fatto un errore di valutazione, tu hai preferito inserirlo in una lunghissima lista di torti subiti (compresi torti che ti avrebbero fatto persone con cui non sapevo neppure che avessi mai parlato) e rinfacciarmi tutto più avanti. Poi c’è stato quel commento tuo, che io ho visto solo perché altri me lo hanno segnalato. Non leggo il tuo blog. Non leggo nessun blog italiano, non ne ho il tempo. A volte leggo un singolo articolo in cui sono finita facendo una ricerca per un mio articolo, o un articolo che qualcuno mi ha segnalato, ma io leggo regolarmente solo una manciata di blog americani e canadesi. Abbiamo iniziato a parlarne e in seguito la discussione è degenerata. Per me le cose sarebbero dovute finire qui. E poi c’è stato questo articolo, in cui tu sei stato chiamato in causa solo per dire che non ti volevo chiamare in causa. Va bene, abbiamo capito che abbiamo punti di vista diversi e che secondo te io sono una gran provocatrice. Opinione tua, su cui non conto di farti cambiare idea. Non mi interessa neppure farlo.
          Sui Segugi dell’ombra puoi conoscere tutte le versioni che ti pare, ma quando la redazione dopo uno scambio di mail lunghissimo ha deciso di non pubblicare articoli tuoi è ovvio che anche quella recensione è entrata fra gli articoli che non abbiamo pubblicato. Poi le cose sono cambiate, ma secondo te in quel momento io potevo fare un’eccezione per la recensione?
          Accetto senza problemi opinioni diverse dalla mia. Quante volte qualcuno mi ha detto di non sopportare Martin? Giudizio suo, su cui non conto di fargli cambiare idea. O qualcuno ha detto che avrebbe smesso di leggermi perché a me non piace qualche autore che piace a lui? Fa bene a non leggermi, se quello che cerca sono consigli di lettura e abbiamo gusti diversi è solo giusto che vada a cercare un blog tenuto da persone che hanno i gusti più vicini ai suoi. Il fatto che io abbia tolto quel commento non è un voltafaccia dovuto a contrasti fra noi. Come ti ho scritto in quella mail che hai citato, gradualmente mi sono resa conto che i tuoi articoli non mi interessavano così tanto. A me non interessavano, e non interessano, ma se gli altri li vogliono leggere e li apprezzano sono liberi di farlo. Se ho scritto che a me non interessano i tuoi lettori è stato solo per dirti che le loro opinioni sono, appunto, le loro, non la mia. C’è gente che apprezza i tuoi articoli? Benissimo, discuti con loro. Ci sono talmente tante persone con cui parlare che non c’è bisogno che noi perdiamo tempo a parlare fra di noi. L’opinione l’ho cambiata per una serie di motivi legati anche agli articoli stessi. L’ho cambiata. Tu la pensi esattamente su tutto così come la pensavi due anni fa? E cinque anni fa? E dieci anni fa? Siamo esseri umani, le opinioni si cambiano. Ho riportato nel precedente commento quelle parole, “un nuovo collaboratore molto bravo” perché non nego di averle scritte, ma qui sto spiegando che non lo penso più. Tu non sei cambiato, io all’epoca avevo fatto un errore di valutazione. Non è il primo e suppongo che non sarà neppure l’ultimo, sono un essere umano e so di commettere errori. Qui le ripeto spiegando che ho cambiato idea. Se qualcuno si fosse imbattuto in quell’articolo avrebbe potuto credere che io la pensassi ancora così, e ho voluto evitare di ingannare qualcuno. E non mi interessa se lo hai ripreso sul tuo blog. Non sono venuta a controllare, non sono stata io a venire dal mio blog al tuo. Tienitelo pure quel commento se ti fa sentire bene riportare una frase su cui chi l’ha scritta ha cambiato opinione. Io non voglio far passare cose negative, ma mi sento libera di rivedere il mio giudizio in ogni momento se le circostanze mi spingeranno a farlo. Sono un essere umano, non ho la pretesa di essere la più brava, di sapere sempre tutto, di non fare mai errori e non fingo di non cambiare mai idea. Non ti piaccio? Ok. Questo lo abbiamo chiarito, perciò possiamo proseguire ciascuno per la propria strada.

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  4. francesco ha detto:

    grazie ancora una volta Martina per questo tuo approfondito e denso articolo! io ormai mi lamento tra me e me se una serie non viene più portata avanti (ad esempio la serie di Scott Lynch) ma capisco bene che questo è preferibile al veder fallire del tutto una casa editrice per scarse vendite!grazie di cuore da un attento lettore del tuo blog, da tre anni, per la fatica, la passione e l’impegno che metti in goni tuo pezzo!

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    • Grazie. Giusto ieri ho ordinato su Amazon gli inganni di Locke Lamora, me ne hanno parlato troppo bene per ignorarlo. A differenza di altri io ho il vantaggio che se una serie non finisce in italiano posso proseguire la lettura in inglese, cosa che ho già fatto, anche se questo vantaggio me lo spono procurato studiando inglese proprio per poter leggere i libri che non traducevano.
      Io capisco la delusione e la rabbia, ho semplicemente cercato di far capire che dietro alle decisioni degli editori non ci sono cattiveria o menefreghismo ma semplici necessità economiche. è brutto pensare a quanto le necessità economiche condizionino la nostra vita ma negare la realtà non serve a niente e magari qualche spiegazione a chi non conosce le dinamiche editoriali può far sbollire un po’ la rabbia.
      Grazie per la tua presenza.

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  5. Carlo Solari ha detto:

    Ho letto tutto l’articolo, molto interessante.
    Su alcuni punti però non sono molto d’accordo:

    1) spezzare le saghe. Va bene tutto, ma la politica di Mondadori di spezzare ad esempio, i libri di Martin è una cosa che puoi fare in Italia, dove il pubblico pagante è quello che è. Perchè magari il lettore occasionale vede un malloppone da 1000 pagine e ci sta alla larga, mentre invece se ne vede uno alto il doppio magari un’occhiata ce la dà. E’ politica editoriale, e sicuramente Mondadori ha guadagnato di più che venderli come gli originali. La mia è solo un’ipotesi, quindi buona come qualunque altra, ma se io vendo due libri da 500 pagine l’uno a 10 € l’uno (ad esempio) è chiaro che ci qguadagno di più che non vendendone uno solo di 1000 pagine a 15 €
    Perchè ovviamente al raddoppio del numero di pagine non raddoppia anche il prezzo, non è così.
    Ad esempio, la tanto bistrattata Armenia fece uscire i volumi della saga di “Lupo Solitario” (non i libri-game, intendo i romanzi fantasy che Joe Dever scrisse dopo) in 5 bei volumoni.

    2) saghe “monche”: prendiamo l’esempio di Locke Lamora. A detta di pubblico e critica, una serie molto bella. Possibile che solo da noi non venda? Si, è possibile, ma cominciamo anche ad andare a vedere se per caso la casa editrice ha fatto un lavoro “coi piedi”, rispetto a marketing o pubblicità… a volte lo stesso prodotto, collocato in modo diverso (target dei compratori, formato, canali di distribuzione…) vende di più o vende di meno.

    3) le versioni elettroniche dei libri: Sulla produzione di un eBook gravano gli stessi costi fissi di un libro cartaceo…. ho capito, ma spariscono i costi delle tipografie che devono stampare il libro, dei camion che devono trasportare il libro in libreria, e delle librerie che devono esporlo. Siamo proprio sicuri che questi ultimi fattori non incidano sul prezzo finale?
    E poi Non ultimi i costi di impaginazione. PDF, ePub o Mobi che sia, il libro elettronico è un progetto grafico… ok, ma non è mica una roba da ingegneri, sapete? Ci sono ragazzini che con Photoshop fanno miracoli, e li fanno in un pomeriggio. E poi alcuni software sono opensource, quindi non c’è nemmeno bisogno di pagare per lavorarci. Morale: secondo me la versione elettronica costa meno di quella cartacea, lo dimostra il fatto che tutti gli ebook, in media, costano meno della controparte cartacea.

    4) case editrici: le case editrici piccole (Elara, Delos, Gargoyle, la neonata Zona42…) hanno dimostrato e continuano a dimostrare che si può fare un lavoro dignitoso (confezionamento, traduzione, lettering senza refusi…), facendo pagare al lettore un prezzo non esorbitante. Avendo inoltre il vantaggio di un rapporto un pochino più trasparente con il lettore.

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    • Mondadori è un grosso editore e ha meno problemi di sopravvivenza dei piccoli, quindi se volesse potrebbe molto più facilmente rispetto ai piccoli editori pubblicare i libri interi invece che spezzandoli.
      La pubblicazione delle Cronache del ghiaccio e del fuoco da noi è iniziata nel 1999, il che significa che tutte le decisioni sono state prese un anno prima, quando Martin aveva pubblicato solo il primo volume, volume che era stato quasi ignorato. Nessuno in quel momento avrebbe potuto prevedere il successivo successo (scusa il bisticcio di parole). Capisco la divisione in due, anche se quando sono arrivati al terzo romanzo sapevano che la saga era stata un buon investimento commerciale e non un fiasco, e quindi avrebbero potuto dividere A Storm of Swords in due parti (come è stato fatto per l’edizione paperback inglese e per la versione Urania) e non in tre come invece hanno scelto in casa editrice. Io infatti critico la divisione in tre, mentre capisco anche se non amo quella in due.
      Certo che Mondadori suddividendo i libri ha guadagnato di più, è per quello che lo ha fatto, ma ha comunque guadagnato di meno rispetto all’editore americano. Per questo dico che i prezzi non sono paragonabili.
      Ora sono disponibili i primi quattro romanzi in una versione corrispondente a quella originale, quattro romanzi per quattro volumi, e in commercio c’è ancora la versione a 12 volumetti corrispondenti ai cinque romanzi. Le vendite sono molto simili, parecchie persone pur potendo spendere meno (62,00 euro per quattro romanzi nella collana grandi bestsellers contro i 90,00 euro dei corrispondenti 9 volumetti nella collana bestsellers) scelgono ancora l’opzione più costosa perché i libri più piccoli sono più comodi e leggeri da portare in viaggio o da leggere a letto.
      Libri giganti in commercio in Italia ne abbiamo molti, purtroppo (per me è purtroppo, ma viste le vendite recenti di Martin a molte persone la cosa non importa) in tomi giganti Mondadori sta pubblicando solo cose non fantasy, tipo i romanzi storici di Ken Follett, al di là di successive ristampe in volumi che comprendono saghe intere.
      Comunque ciascun editore ha un suo criterio diverso di libro lungo, a me fa effetto leggere i commenti di Kay quando afferma senza problemi che in molto paesi il suo Il paese delle due lune è stato diviso in due parti, e stiamo parlando di un romanzo che in Italia è lungo 506 pagine. Quella suddivisione a me sembra eccessiva, ma evidentemente non tutti la pensano così.

      Ho appena ordinato Gli inganni di Locke Lamora quindi prossimamente me ne farò un’idea di persona comunque sì, ha venduto relativamente poco. Da quando Nord è stata acquistata da Mauri Spagnol la casa editrice è stata indirizzata verso il thriller, il fantastico per loro è sempre meno importante ed evidentemente non vi investono. Per me è un peccato, ma loro hanno fatto le loro scelte. Una banalità sulle vendite: nella libreria in cui lavoro io abbiamo delle targhette, con scritto sopra “consigliato”, che noi mettiamo a nostra discrezione sui libri. Diverse persone mi hanno detto di aver acquistato un determinato libro proprio perché c’era quella targhetta. Sono poche copie, ma si tratta di un solo negozio e di una pubblicità fatta senza spendere nulla. Ovvio che se gli investimenti ci fossero le cose sarebbero ben diverse. A te spiace che la serie di Locke Lamora sia stata interrotta, io mi sto battendo per la traduzione di Kay. Continuiamo a parlarne, coinvolgiamo i nostri amici, magari prima o poi riusciremo a far cambiare le cose. Non dimentichiamo che Fanucci, per sua stessa ammissione, ha pubblicato Robert Jordan perché glie lo chiedevano i lettori, e in più di un’occasione ho letto messaggi di Fazi o Newton Compton in cui spiegavano che avevano pubblicato una determinata saga su richiesta dei lettori.

      Sull’ebook non ci sono le spese relative a stampa, spedizione e resi, per questo costa meno. In genere sull’ebook oltre alle tasse sono più alti i diritti d’autore. Le tasse perché evidentemente i nostri governanti sono più interessati ad altre cose, i diritti d’autore perché sono più basse le altre spese, il risultato comunque è che all’editore spesso resta in tasca ben poco.

      Elara non ha una distribuzione nazionale, stanno facendo del loro meglio ma vivacchiano, Delos è quasi uscita dal mercato della carta proprio per i costi insostenibili, Gargoyle sta pubblicando libri molto belli ma che vendono poco, spero di sbagliarmi ma io ho brutti presentimenti per loro. Zona42 non la conosco.

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  6. Carlo Solari ha detto:

    Errata corrige. Invece di scrivere: “Perchè magari il lettore occasionale vede un malloppone da 1000 pagine e ci sta alla larga, mentre invece se ne vede uno alto il doppio magari un’occhiata ce la dà” …. volevo scrivere “invece se ne vede uno alto la metà magari un’occhiata ce la dà”
    Scusate. 😛

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  7. Dany ha detto:

    A causa di varie problematiche ho letto solo le prime righe dell’articolo e, forse in maniera inopportuna, ho deciso di utilizzare questi 5 minuti di pausa per commentare quelle poche righe invece che proseguire nella lettura. Ho letto il commento dell’utente che che, in riferimento alla casa editrice Nord dice: “Colgo l’occasione per dire che è una vergogna che in Italia si pensi solo al profitto e non a fidelizzare la clientela.” . Mi chiedo … avrei troppe cose da chiedere, ma provo a riassumerle così: qualcuno pensa forse che le case editrici siano associazioni no profit? Qualcuno pensa forse che gli stipendi e tutte le spese che gravitano nell’amministrazione di una società si pagano con “l’entusiasmo” di 10 persone che si sono affezionati ad un brand? Invece di criticare l’azienda che decide di non spendere e rimettere soldi, visto l’interesse del lettore in questione, si mettesse le mani in tasca: bastano e avanzano un migliaio di euro, al massimo 2, per farsi tradurre un libro da una delle tante persone capaci che sono disoccupate in questo periodo. Perchè quei soldi (anzi , mooolti di più) ce li dovrebbe rimettere un altro o la casa editrice stessa? … Ci sarebbero milioni di cose da dire in merito e mi piacerebbe anche parlarne, ma purtroppo non ho nemmeno il tempo di finire di leggere l’articolo 😦 …

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    • A volte io scrivo pezzi decisamente lunghi, quindi capisco la difficoltà nel leggerli per intero. Quel commento, altri che ho riportato e altri ancora in cui mi ero imbattuta in passato non ricordo più dove, dimostrano che molte persone pensano davvero che gli editori non dovrebbero pensare al guadagno, dimenticando che senza guadagno l’editore non può esistere. Ho scritto il mio lunghissimo articolo proprio per dire questo: anche a me spiace quando una serie che amo viene interrotta, ma prima di farlo l’editore ci pensa sempre sopra e smette di pubblicare solo se ritiene che andare avanti a pubblicare quei libri gli creerebbe un danno.
      La tua idea di farsi tradurre il libro da qualcuno mi ha fatta ridere, è una soluzione originale al problema e farebbe felice qualche traduttore. Viste però le continue lamentele sui prezzi troppo alti dei libri dubito che qualcuno la considererà mai seriamente.

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  8. Dany ha detto:

    … Ho riletto solo ora il mio commento che ho scritto di getto ed in tutta fretta. Mi scuso per gli errori ma l’impulso è stato quello di postare senza nemmeno rileggere. Non avevo tempo e se non avessi postato subito, non l’avrei più fatto (come spesso è accaduto) . Oltre alle varie ripetizioni dei “che”, mi ha fatto un pò venire i brividi la frase ” l’entusiasmo” di 10 persone che si sono affezionat…I ” 😮 … sorry

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    • Capisco quello che provi, anche a me è capitato di postare senza avere il tempo di rileggere e di ritrovarmi poi a rabbrividire nel vedere quali refusi (o concordanze errate perché avevo cambiato idea a metà frase) ero riuscita a scrivere. Quando noto questi errori li correggo sempre, è più forte di me: lasciarli lì mi farebbe vedere solo gli errori e non il senso del testo. Comunque sono cose che capitano a tutti, non preoccuparti.

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  9. M.T. ha detto:

    “In pratica stai dicendo che visto che Fanucci ha potuto permettersi di pubblicare il libro a 14,90 € avrebbe dovuto pubblicarlo fin da subito a quel prezzo e non a 30,00 € come ha fatto con la prima edizione.”
    Sto dicendo che non essendo cambiato quasi niente tra le due edizioni, se non un paio di dettagli, 30 E è elevato; sui 24 E sarebbe stato più adeguato.

    “Capitolo chiuso, puoi continuare a mandare a Fanucci (e pure a me se è per questo, la cosa non mi fa né caldo né freddo) tutte le maledizioni che vuoi”
    Non ne ho bisogno, c’è un metodo più efficace: il prodotto non mi va bene, non compro, come fatto con Elantris. La Via dei Re l’ho perché mi è stata regalata.

    “A me questo sembra un influsso indiretto”
    No, è stata solo una tua decisione.

    “Certo, potevo evitare di dire che tu non mi ascolti”
    Rileggi quanto ho già scritto. Citare il pezzo a doppia firma con i due nomi e poi focalizzare l’attenzione su ciò che condividi era sufficiente ed evitava quanto seguito dopo.

    “La mia opinione è che tu non mi ascolti”
    Per il modo in cui ti poni, ovvero un gradino sopra, non alla pari.

    “Torniamo alla mail che citi, a quelle frasi. Sono pesanti? Sì, certo che lo sono.”
    Nei commenti precedenti non erano pesanti, ora sì.
    La differenza è che se ci sono punti d’attrito, divergenze, io non arrivo ad offendere.

    “quel commento non era stato tanto carino nei confronti della redazione di FantasyMagazione”
    La questione racconti. Ho letto quelli che sono stati scelti per la pubblicazioni e non li ritengo adeguati, soprattutto dopo aver scoperto le motivazioni che li hanno portati a vincere perché vanno considerati non solo i gusti personali ma anche lo stile, lo sviluppo della trama e la caratterizzazione dei personaggi.

    “Se pensi che tutte le mie mail abbiano lo stesso tono di quella che hai citato”
    Di offensiva e lesiva c’è stata quella, ma basta e avanza.

    “I miei articoli su FantasyMagazine sono quanto di più professionale riesco a scrivere”
    Infatti ho riconosciuto i tuoi meriti.

    “Comunque se io ho tirato in ballo Martin tu hai tirato in ballo Jordan”
    Jordan in quel caso è legato a Sanderson e Fanucci.

    “Non solo, hai scritto un commento inferocito”
    La critica che Fanucci merita per il modo di fare che ha avuto.

    “Un articolo mio che non ti è piaciuto. Sapevo che lo avresti letto e pensavo che mi avresti chiesto spiegazioni.”
    Un errore. Avrei dovuto dire subito quello che ho detto dopo.

    “Non leggo il tuo blog.”
    Falso. La notizia della nuova traduzione di La Ruota del Tempo l’hai appresa leggendo il mio sito.
    Idem per la lettura di pezzi che ho scritto su Kay.

    “E poi c’è stato questo articolo, in cui tu sei stato chiamato in causa solo per dire che non ti volevo chiamare in causa”
    Una lunga aggiunta che potevi evitare.

    “Sui Segugi dell’ombra puoi conoscere tutte le versioni che ti pare, ma quando la redazione dopo uno scambio di mail lunghissimo ha deciso di non pubblicare articoli tuoi è ovvio che anche quella recensione è entrata fra gli articoli che non abbiamo pubblicato”
    Era già concordata. Ma chi mi ha chiarito la cosa è stato chiaro.

    “Poi le cose sono cambiate, ma secondo te in quel momento io potevo fare un’eccezione per la recensione?”
    Essendo le cose cambiate, ed essendo stata concordata, poteva essere pubblicata a quel punto. Invece c’è stato il voler perpetrare in questa cosa.

    “Come ti ho scritto in quella mail che hai citato, gradualmente mi sono resa conto che i tuoi articoli non mi interessavano così tanto.”
    Dopo che ho ribattuto alle tue critiche.

    “Qui le ripeto spiegando che ho cambiato idea.”
    Perché non ho fatto come volevi tu. Fossi sempre stato zitto e accettato di tutto, il giudizio sarebbe stato quello di allora.

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    • Sorvolo su quelli che io ritengo imprecisioni o punti di vista diversi, ma mi hai appena dato della bugiarda tre volte. Notevole per uno che ritiene di essere sempre stato insultato e/o aggredito senza motivo.

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      • M.T. ha detto:

        Ho scritto quello che hai fatto.
        Il mio blog l’hai letto in più di un’occasione e questo è un fatto.
        Come è un fatto che ho ripreso a scrivere per la rivista e a quel punto la recensione poteva essere pubblicata, non c’erano più limitazioni. La mia “sospensione” riguardava sui pezzi futuri, non su quelli concordati: fosse stato come hai detto tu, ci sarebbe dovuto essere su tutti i miei pezzi in attesa di pubblicazione, ma già concordati, come quelli su Berserk (che sono stati pubblicati come d’accordo): la decisione di non pubblicare la recensione è spettata solo a te. Ma già prima che fosse presa la decisione in redazione, tu mi avevi già fatto sapere che tu non l’avresti mai pubblicata.
        E non è coincidenza che il giudizio è cambiato perché ho espresso delle critiche.

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        • Notevole, davvero. Sei convinto di conoscere meglio di me una conversazione a cui io ho partecipato e tu no, e con questa convinzione ti senti di attribuirmi parole che io nego di aver ma pronunciato.
          Ma forse non dovrei stupirmi visti che quando hai affermato che quello che avevo scritto io era falso, dandomi così della bugiarda, lo hai fatto perché non hai letto attentamente quello che avevo scritto io. Poi ritieniti provocato se dico che non mi ascolti, ma la mia impressione è questa.
          Credi davvero che questa conversazione possa portare a qualcosa?

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  10. M.T. ha detto:

    Ti riporto quanto mi è stato riferito. E posso credere più a questo, invece a chi, per aver ribattuto alle critiche fatte, ha mutato un giudizio positivo in uno totalmente negativo: giudizi che sono stati positivi non solo espressi sul pezzo che hai tolto dal tuo sito che riguardava Brooks, ma anche ad altri lavori avvenuti prima di ribattere alle tue critiche, vedasi l’approfondimento sulla trilogia di Fionavar di Guy Gavriel Kay, che è stato più che positivo.
    In ogni modo cerchi di voler aver ragione, anche di fronte all’evidenza delle parole: prima neghi che le frasi offensive fossero tali, poi dopo affermi che lo erano e pure pesanti, ma cerchi di giustificarti che così è stato perché ho mantenuto le mie posizioni come se fosse una cosa logica e accettabile. Così non è e ciò dimostra il motivo del mio ribattere: quando s’insulta, non si ha ragione.

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    • Mai provato a giustificarmi, non ne ho bisogno. Ho provato a parlare, e a quanto pare avrei potuto farne a meno visto che tu non hai mai avuto l’intenzione di leggere quel che scrivevo con un minimo di obiettività. Attribuiscimi tutti i pensieri che ti pare, tanto a quanto pare sai con certezza di me cose che io non ho mai detto e comportamenti che non ho mai avuto e nulla potrà mai farti cambiare idea. Vai pure avanti a fare la vittima visto che ti riesce tanto bene. E usa pure questa frase per sottolineare quanto io sia cattiva a insultarti senza motivo se la cosa ti fa sentire meglio, poi per piacere vai altrove perché ho modi molto più piacevoli per trascorrere il tempo che non stare qui a leggere quello che scrivi.

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  11. M.T. ha detto:

    Non è fare la vittima mostrare offese fatte, ne attribuisco pensieri inesistenti, ma ribatto a quanto è stato. E sono un fatto quanto hai scritto: dimostrano da sole che cosa sono.
    Non sarei passato di qui, come non ci sarebbe stato nulla in precedenza, se tu avessi avuto l’accortezza di scrivere in altro modo. Come ho già scritto nei commenti più volte, non sarei intervenuto se tu non avessi fatto tutto quel discorso nell’articolo su di me che non c’entrava nulla e che era totalmente superfluo, se non cercare di trovare da dire, perché se si vuole evitare questo, si agisce in maniera diversa. Se eviti di fare certe uscite e commenti, con me non hai a che fare.

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  12. Pino Morsolo ha detto:

    Fate i bravi o lo dico alla maestra.

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  13. Anna ha detto:

    Evito di leggere i commenti che mi sembrano meno pertinenti all’argomento, quindi spero di non dire niente che sia già stato detto.

    Leggendo l’articolo mi sono fatta un’idea più chiara di come un editore decida di investire o meno e mi rendo conto che nelle mie lamentele con gli amici non mi era mai capitato di pensare che una serie che trovavamo appassionante potesse in realtà non esserlo per tutti.
    Vorrei solo esternare una convinzione personale, e cioè che i futuri lettori vadano educati alla lettura.

    Se c’è una cosa che trovo davvero sgradevole è vedere nella mia libreria di fiducia (una libreria Mondadori che frequento da quando ho iniziato a leggere a 9-10 anni), nello scaffale dei libri più venduti, ai primi posti, i soliti due autori contemporanei (che non nominerò, ma di uno si è già parlato nell’articolo per lo stesso motivo) e un libro di un famoso programma di cucina.
    Se anche questi libri fossero veramente i più venduti, se fossi il responsabile di quello scaffale, mi prenderei le mie responsabilità e metterei dei libri, che magari non sono i più venduti, ma che sono apprezzabili dai più, anche se sconosciuti.

    Ricordo che alle superiori cambiammo insegnante di italiano in quarta e volle sapere quali erano gli ultimi tre libri che ognuno di noi aveva letto.
    Fu per me un’esperienza traumatica. La maggior parte delle persone aveva letto il libro richiesto dalla precedente insegnante (due anni prima) e l’ultimo successo di Moccia.
    Io avevo scritto gli ultimi 3 libri che avevo apprezzato, ed era anche stato difficile scegliere.
    Gli altri non avevano nemmeno avuto la scelta, a quanto pare, perchè avevano messo in quella brevissima lista un libro letto per “costrizione” anni prima.

    Credo che far leggere un libro solo perchè molto venduto non sia il modo migliore per invitare alla lettura. Se io avessi iniziato a leggere a 13 anni, invece che a 9, e avessi letto come primo libro uno di quelli “in voga” al momento, invece che un libro consigliatomi da un cugino, cioè Harry Potter (ancora sconosciuto all’epoca), mi sarei trovara in mano Moccia. E stavolta lo nomino, perchè non vedo differenza in ciò che scrive sui bigliettini dei cioccolatini, rispetto a ciò che si trova nei suoi libri.
    E dopo aver letto quel libro magari avrei voluto leggere anche il seguito. Poi mi sarei accorta che gli altri libri parlavano sempre della stessa cosa, trita e ritrita e mi sarei stancata di leggere. Questo, almeno, è quello che hanno fatto le mie compagne di classe.
    Una affermò a lezione che secondo lei le persone che leggevano erano noiose.
    Non credo ci sia bisogno che io spieghi quale libro aveva citato fra gli ultimi 3 letti.

    Un fattore che ho trovato fondamentale per la mia lettura e la mia crescita è stato proprio l’accettare i consigli di altri che avevano già letto libri a me sconosciuti.
    In primis devo ringraziare la ragazza (donna ormai) che da sempre si occupa del settore fantasy nella mia libreria. E’ stata lei a consigliarmi libri che potevano piacermi, spesso anticipando i tempi per quanto riguarda saghe che sono diventate famosissime.
    E sto parlando anche di saghe passate sotto silenzio ai più, che ancora oggi leggo con piacere, nonostante siano classificate come “libri per ragazzi”
    Io stessa mi rendo conto che libri che ho adorato possono piacere anche a persone che avrei ritenuto insospettabili.

    Sperando di non essere andata OT (dato che è stata una lunga giornata e sono abbastanza stanca) e di essermi spiegata, concludo dicendo che la mia non vuole essere una critica a questo articolo, ma vuole essere una proposta per provare a risolvere almeno in parte il problema.

    Quindi, in risposta ai commenti dei lettori che si sono visti chiudere le saghe in faccia: ci sono saghe di cui avrei pagato non so cosa per vedere il finale, libri che sono costretta a leggere in lingua originale, sempre con i limiti imposti dalla mia conoscenza poco più che accademica dell’inglese.
    Mi sono arrangiata e ho aspettato (ho iniziato a leggere Martin quando uscì il 5° libro, quindi di attese ne ho già vissute) e mi rendo conto che a volte non ci siano altre soluzioni, proprio a causa dei problemi economici, ma se i lettori avranno voglia di invitare altre persone a leggere le loro saghe preferite allora saranno già a metà dell’opera per vedere pubblicare i seguiti tanto attesi.

    Mi scuso di eventuali errori o frasi sconnesse, ma stasera non ho davvero la voglia di rileggere ciò che ho scritto.

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    • Hai fatto bene a saltare quei commenti, non dicono nulla di interessante. Io stessa avrei fatto meglio a non rispondere fin dall’inizio risparmiando così un sacco di tempo.

      Sul fatto che i lettori vadano educati alla lettura sono pienamente d’accordo. C’è chi, come è avvenuto per me, che appena ha imparato a leggere sente un bisogno assoluto di farlo e non può concepire una vita senza lettura, ma per molti è un semplice obbligo ed è a loro che bisogna far scoprire il piacere della lettura. Come? Proponendo libri che possano interessare a loro. Quando vedo che a scuola sono assegnati certi libri mi vengono i brividi, e non parlo di qualità del libro stesso. L’Ivanhoe di Walter Scott può essere un libro meraviglioso letto all’età giusta, ma se viene imposto a ragazzini delle scuole medie può spaventarli semplicemente per le sue dimensioni. Verga in prima superiore significa voler allontanare i propri studenti dalla lettura. E una mamma che diceva al figlio di 10 anni che Il diario di una schiappa non era davvero un libro perché c’erano le figure e che lui avrebbe dovuto leggere libri veri stava facendo del suo meglio per far passare al figlio la voglia di leggere. A 10 anni Il diario di una schiappa va benissimo, ai classici potrà arrivare più avanti, quando si sentirà pronto lui, e magari iniziando con quelli d’avventura. Un’altra mamma ha imposto Dostoevskij alla figlia quattordicenne. Davvero pensa che le piacerà?
      Ne vedo davvero di tutti i tipi, alcuni insegnanti (o parenti) cercano di dare libri che possano piacere ai ragazzi sapendo che per prima cosa è importante che capiscano che leggere è bello, altri sono convinti che esistano solo i classici e da lì non si schiodano.

      Io lavoro in una libreria Mondadori, e la classifica non la facciamo noi. Viene stilata da una persona che lavora nei nostri uffici mettendo insieme i dati di vendita di tutta la catena e poi ci viene spedita via mail ogni lunedì. La direttiva aziendale è di esporre quella classifica in tutti i negozi, non è una cosa su cui possiamo prendere iniziative. Così come non possiamo prendere iniziative sugli sconti. Quello che possiamo gestire è il resto dell’esposizione, posso scegliere quale libro mettere in modo più visibile, dandogli spazio sui pilastri o sulle testate dei mobili, cosa mettere di costa e cosa di faccia, anche se nella scelta espositiva oltre alle mie considerazioni sul valore del libro ci sono quelle sull’ipotesi di vendita e sulla giacenza effettiva che ho in negozio. Ogni decisione è basaa sulla valutazione di questi tre fattori. Sono pienamente libera invece nei consigli, anche se non è semplice. Posso conoscere un libro per averlo letto, è il caso migliore, o conoscerlo in modo indiretto, tramite una recensione o il commento di qualche collega o cliente, conoscere semplicemente di fama l’autore o non conoscere nulla di quel libro, anche perché con 60.000 nuovi libri l’anno sfido chiunque a conoscerne anche solo un centesimo. In base a quello che so devo cercare di consigliare un libro che possa piacere al mio interlocutore, indipendentemente dal fatto che a me piaccia oppure no. Ho consigliato libri che non mi sono piaciuti perché ho ritenuto che potesero piacere a chi li doveva leggere, e molte volte ho avuto ragione. Non sempre, avere sempre ragione è impossibile.

      A volte i bestsellers spingono la gente alla lettura. Provano un libro che vende molto, si divertono e poi vanno avanti. A volte si fermano lì. Non si può mai sapere in anticipo. Io le classifiche di vendita le leggo da quasi trent’anni, e mi è capitato anche di leggere qualche bel bestsellers, ma in genere preferisco affidarmi ad altre cose, il risvolto di copertina, una recensione, il consiglio di qualcuno di cui mi fido. Certo per un non lettore è più facile incappare in un bestsellers che in un altro libro, serve qualcuno che lo conosce e che aiuti nelle scelte.

      La mia prima esperienza di saga incompiuta è piuttosto datata. Fra il 1992 e il 1993 ho letto i primi tre romanzi della Ruota del Tempo prendendoli in prestito in biblioteca, il che significa che non avevo speso una lira. La saga è stata interrotta, solo in anni recenti ho scoperto che c’era stato un tentativo fallito di rilanciare un marchio editoriale e che la saga di Jordan era stata fra quelle che avevano pagato le spese della sparizione di Leonardo editore. Dopo un bel po’ di anni ho iniziato a studiare la lingua inglese principalmente per leggere Jordan e un paio di altri autori che non traduceva più nessuno. Ora se qualche editore italiano mi piantasse in asso non avrei più problemi, il che non significa che io non abbia imparato la lezione. L’editore pubblica per guadagnare, se io voglio che continui a pubblicare quel che mi piace lo dovo incoraggiare facendo in modo che da quel libro abbia un guadagno. Perciò compro i libri che mi incuriosiscono, e se mi piacciono davvero ne compro una seconda, e magari anche una terza copia, e li regalo a persone che penso che li possano amare come me. Natale e i compleanni sono ottime occasioni per mandare il mio messaggio agli editori e aiutare amici e parenti a scoprire libri affascinanti.

      Il mio articolo è nato dal desiderio di rispondere ai lettori che non capivano il perchè dell’interruzione di determinate saghe e di far capire perchè è importante comprare i libri quando sono disponibili (ammesso che le finanze personali di ciascuno lo consentano, ovviamente) piuttosto che aspettare e lamentarsi dopo per la loro sparizione. E mi ha fatto piacere leggere il tuo intervento, è questo il genere di commenti che vorrei leggere sempre.

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  14. Fabio ha detto:

    “Onestamente mi prudono le dita dal desiderio di correggere gli accenti e togliere il refuso, ma se cito qualcuno mi sento in dovere di citare il testo così come l’ha scritto, e questo vale anche per i commenti successivi.”
    Questo sarà ovviamente uno di quei commenti che tu non ritieni offensivi, o meglio che vuoi far credere non siano offensivi, ma che invece lo sono. Prendere commenti di altri utenti, scritti su dei blog o sulle recensione di uno store online, e riportarli in questo modo non è solo un modo di spiegare ai lettori il perché vedranno certi errori nel tuo articolo, ma è un modo di denigrare chi stai citando. Salvo poi essere carina e gentile coi commenti che vengono fatti nel tuo di blog, perché sono cose che possono capitare. Se sei in grado di comprendere certi errori, e anzi tu stessa ne commetti, sarai anche in grado di non farti “prudere le dita”. Certo, potresti anche essere mossa (onestamente ci crederei poco) da un semplice ed eccessivo fastidio per gli errori, ma anche in questo caso citare qualcuno che difficilmente avrà modo di risponderti e commentare in questo modo è decisamente poco educato. Sono sicuro che comprendi benissimo da sola come una frase simile possa suonare a un lettore, e di conseguenza comprendi benissimo come, indipendentemente dalle tue intenzioni, quella frase risulti in un offesa in tutto e per tutto.

    “Io trovo molto più vergognose altre cose tipo…”… e quindi?!? Anche qui, dovrebbe esserti chiaro come la parola “vergogna” possa esprimere concetti diversi a seconda del contesto (e se non lo fosse ci sarebbe da chiedersi a cosa serve tutto quel leggere, ma sono sicuro che non è questo il caso). Se dovessimo avere una parola per ogni grado di vergogna che può essere espresso non ce la caveremmo più. Prendere un commento, anzi una parola, decontestualizzarla e portarla anzi in tutt’altro contesto è un tentativo, magari anche involontario, abbastanza patetico di screditare nuovamente l’opinione altrui senza entrarne nemmeno nel merito. Tanto in questo caso, di nuovo, l’altrui non ha nemmeno possibilità di replica. La conclusione infatti appare di una stupidità inaudita, come se qualcuno (che stia usando la propria testa) potesse davvero credere che per l’utente citato questa sia una vergogna al pari di un omicidio. Il punto è che la decontestualizzazione fa il suo lavoro, e la maggior parte dei lettori, senza nemmeno rendersene conto, a quel punto ha già posto tale V.F. su un livello più basso di te e di loro stessi, ancor prima di essere entrata minimamente nel merito della discussione. Hai scritto ben 15 righe in cui non fai che elencare cosa tu reputi vergognoso, questo già è palesemente sintomatico del voler screditare l’utente che citi. 15 righe di inutilità totale ai fini dell’articolo.

    Questi sono già due esempi in cui si vede venire a mancare quello che è il senso di responsabilità verso i propri lettori… oh ma certo, che sbadato, è proprio di questo che parla l’articolo!! Ora è tutto più chiaro. Eppure leggere dicono che apra la mente… questo non mi sembra proprio il modo di iniziare una discussione aperta, perché fino adesso la discussione non è nemmeno cominciata nel tuo articolo, e già il povero (o la povera) V.F. viene dipinta come una persona di poco valore.

    “Gaiman ha spiegato perché non si può pretendere da uno scrittore che scriva a una certa velocità e mantenga anche alti standard di scrittura, discorso che esula da quello di cui sto parlando io, ma una frase è interessante anche per me:
    You’re complaining about George doing other things than writing the books you want to read as if your buying the first book in the series was a contract with him: that you would pay over your ten dollars, and George for his part would spend every waking hour until the series was done, writing the rest of the books for you.”
    Ehm… no!! Gaiman ha spiegato una cosa… il discorso esula da quello che fai tu… c’è una frase interessante anche per te… e questa frase ripete la stessa cosa in più righe?? Non ci siamo.

    “Quando l’editore pubblica un libro noi compriamo quel libro, non i seguiti. Certo, investiamo noi stessi, le nostre emozioni, ma l’editore non ci ha mai promesso che sarebbe andato avanti nella pubblicazione. Ha implicitamente sottointeso che avrebbe potuto farlo, ma non ha firmato nessun contratto.”
    Ecco qui! Quella frase è interessante solo perché sostituisci un soggetto e vale lo stesso?!? No!
    Uno scrittore produce qualcosa di nuovo, crea qualcosa. E’ un lavoro artistico, cerebrale, chiamatelo come volete. Non ci può essere in nessun modo alcuna certezza che il lavoro sia portato a termine, che rimanga di qualità, che sia fatto velocemente e via dicendo. L’editore non deve produrre nulla, deve prendere quello che già c’è e sistemarlo per il nostro mercato. Certo non firma alcun contratto con noi, ma pur nella correttezza si può essere più o meno corretti verso la propria clientela, e questa è una delle cose che fa la differenza. Per l’editore il portare avanti una saga o meno è solo una questione di scegliere, nulla di più. E quindi un editore che interrompe la pubblicazione di una saga ha deliberatamente scelto di scontentare i propri clienti.

    “L’editore ci vende un libro, e uno solo. Non è obbligato ad andare avanti.”. La scusa del “non obbligo” a far le cose è una di quelle che in Italia permette a tante aziende di fare quello che vogliono lucrando sui propri clienti, usato per lo più per far vincere la volontà di fregare il prossimo rispetto al buon senso. Un atteggiamento che quando sarà estirpato sarà sempre troppo tardi.

    “Ogni volta che qualcuno non può comprare un libro all’istante mi viene da chiedermi se è una medicina. Se uno sta male il dottore o le medicine gli servono subito, anche se sono le tre di notte, e non dopo due giorni. Se sono le tre di notte e uno vuole leggere un libro può prenderne uno dagli scaffali di casa sua, non deve necessariamente rovinare la vita ai librai perché non sa che cosa fare e vuole comprarsi un libro in quel preciso momento. Non è una necessità.”
    Non credo proprio che il desiderare un libro il prima possibile sia un rovinare la vita ai librai, che anzi dovrebbero semplicemente goderne. Si chiama passione, ci rende penosa l’attesa, ci rende propensi all’acquisto. Ci sono aziende che hanno fatto la loro fortuna solo su questa, e stiamo pure a criticare chi la mette nel mondo della lettura?!? Sono proprio questi i clienti che i librai dovrebbero volere sempre in maggior numero, altro che rovinare la vita!

    “A rischio di perdere un lettore mi trovo a dissentire con Ludus anche se capisco la sua delusione nel non poter più leggere una saga che gli piace così tanto:”. incredibile la differenza dei commenti che accompagnano citazioni da altre fonti e citazioni dal tuo blog. V.F è dipinto/a come un utente dai valori un po’ sballati che commette orrori nello scrivere, Tehol mi sembra di aver capito che dovrebbe sentirsi in colpa per il fallimento delle case editrici che citi e dell’Armenia, mentre pur non essendo d’accordo con Ludus, tuo lettore, capisci la sua delusione che l’accompagna. Curioso anche come, quando vuoi mettere in cattiva luce qualcuno, perché a questo punto pare ovvio, sposti sempre il discorso su un piano morale e mai entri nel merito dell’argomento.

    “Un editore ha pubblicato lo stesso giorno i primi tre volumi di una nuova saga. Evidentemente voleva colpire i lettori, catturarli. Noi ne abbiamo ordinate 30 copie del primo volume e 20 ciascuno dei due successivi….”. E qui ci sono due considerazioni da fare. La prima è che un editore che fa una cosa simile evidentemente il fallimento lo merita per incapacità manageriale! C’è ben poco da piagnucolare sulle condizioni in cui poverini devono lavorare. La seconda è che ok dare a una libreria la possibilità di restituire parte della merce, ma forse forse c’è da discutere sia sulla quantità di questa merce sia sul tempo per restituirla. Ma no certo, perché se fosse così anche le librerie dovrebbero aumentare la qualità del proprio lavoro, perché inevitabilmente il successo di una libreria dipenderebbe molto di più da ciò che sceglie di prendere, e per carità mai pensare a un sistema che premi i meritevoli e non anche gli incapaci! Quindi come l’editore che manda 70 di 3 saghe per venderne nemmeno 5 è un poverino, le librerie poverine devono poter restituire tutto anche anni dopo, mica possiamo pretendere che si impegnino a scegliere meglio o, perché no, a portare avanti iniziative volte ad avvicinarsi sempre più al cliente.

    “Vero, Armenia avrebbe potuto terminare la pubblicazione della Caduta di Malazan anni fa, ma se ha fatto quella politica editoriale non era per perfidia o anche solo indifferenza verso i lettori. Stava semplicemente cercando di sopravvivere. Avrà certamente commesso errori, ma chi non ne commette?” E gli errori, se sono molti, comportano il meritato fallimento. In nessun commento che riporti si parla di perfidia delle case editrici, ma sono tutti esplicativi dello scontento e dell’odio verso queste situazioni di incompiutezza, che sia per incapacità o per scelta.

    “Oh, mamma mia. Che cosa terribile! C’è da disperarsi, molto più che per quei disoccupati che non riescono a trovare un nuovo lavoro e che non sanno come fare per comprare il cibo! “. ironia spicciola dello stesso basso livello dei commenti fatti per screditare gli utenti già citati.

    ” Ma secondo voi davvero un editore può andare avanti a pubblicare libri che vendono così poco?”. Qui alla fine sta l’ago della bilancia, e quello che dovrebbe far la differenza tra i più bravi e i meno bravi. Portare avanti libri che vendono poco ti fa guadagnare in affidabilità, e quindi ti mette sotto una certa luce col cliente. Dall’altra hai delle difficoltà con questa saga, cosa che devi anche poterti permettere se nel resto hai lavorato bene. Fa parte dei rischi che devi calcolare e assumerti, e hai comunque il ritorno d’immagine. Se sbagli i calcoli e non te li puoi più assumere, e se ti succede spesso, allora di nuovo il fallimento lo meriti!! Il punto è che piuttosto che pensare che si debba provare ad attivare un po’ l’ingegno fa più comodo piagnucolare sulle difficili condizioni di lavoro.

    “Ma la realtà va accettata per quella che è.”. E pensa che ci fu un idiota evidentemente che disse “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”… poverino che credeva di poter fare…

    “Con 1500 €, che è un anticipo non eccessivo, ma ancora ragionevole per uno scrittore di nicchia, arriveremmo a 30 €.”. Questo secondo me è il punto più importante di tutta la questione. Il sistema dei diritti è un sistema truffaldino volto a far guadagnare molto ai primi lasciando i rischi agli ultimi nella catena che va dal produttore al consumatore. Tu scrivi un romanzo, crei un “prodotto”, è assurdo e stupido che qualcuno possa pagare il diritto di pubblicarlo in esclusiva! Serve solo a far arrivare più soldi a chi l’ha prodotto, anche se questo poi si rivela magari scadente! E gli effetti collaterali sono che manca la concorrenza sul prodotto finale che va al consumatore, che le aziende fanno di tutto per prendersi i diritti più redditizi e per rientrare poi si rifanno sui clienti. Non c’è la corsa a fare il prodotto migliore ma ad averne i diritti in esclusiva. Questo è un discorso molto più vasto, che comprende tutti i mondi e non solo quello della lettura. Comunque se la catena fosse: 1) scrittore scrive il libro e vende i diritti di pubblicarlo a un prezzo molto più basso dell’attuale e a chiunque voglia acquistarlo; 2) più case editrici acquistano il prodotto e ognuna realizza il proprio prodotto, diverso da quello degli altri; 3) le librerie acquistano i prodotti che pensano essere i migliori; 4) gli utenti finali scelgono le librerie che propongono i prodotti migliori. In questo modo ogni anello della catena DEVE lavorare pensando all’utente finale, senza mezzucci per guadagnare di più e più facilmente a suo discapito. E il successo di ognuno dipenderebbe principalmente dal proprio lavoro.

    “Non vi fanno pena quei poveri editori precari in balia delle decisioni dei lettori che fanno il bello e il cattivo tempo, che da una parte sembrano volerli accontentare iniziando ad acquistare il primo, magari pure il secondo, volume di una saga e che poi, con un terribile colpo basso, interrompono inspiegabilmente gli acquisti bloccando quegli incassi a cui le case editrici erano tanto affezionate?”. Paragone privo di senso. Chi offre un servizio o un prodotto deve fare in modo che la gente sia disposta a sborsare soldi per questo servizio o prodotto. Il ragionamento inverso è una storpiatura a cui le aziende hanno deciso di educarci, perché è più facile rubare soldi a polli che ragionano in questo modo. Ma l’unica regola del mercato è che io vedo cosa offri, e se sono disposto pago per averla, in quest’ordine temporale che è fondamentale sia rispettato se vogliamo prodotti di qualità, Purtroppo nel mondo di oggi questo basilare quanto semplice concetto va sempre di più perdendosi, e guarda caso la ricchezza invece che distribuirsi si stratifica, e grazie un gioco che anche noi portiamo avanti, anche con articoli come questo.

    “L’ultimo sul pattinaggio non lo ha venduto a una ragazza che si era presentata lì un paio d’ore prima di me perché era sicuro che io sarei andata, come poi ho fatto. Lui ha fidelizzato una cliente, mentre io sapevo di avere sempre quello che volevo. “. Curioso come a seconda di quanto fa più comodo nel discorso la fidelizzazione sia una cosa vista positivamente o meno.

    “Lui ha fidelizzato una cliente, mentre io sapevo di avere sempre quello che volevo. Se però voi andate una volta in una libreria e una volta in un’altra per i diversi volumi di un’unica serie, le librerie sono in difficoltà con gli ordini perché non sono in grado di prevedere quante copie venderanno di ciascun volume. ” Ed ecco per l’appunto i concetti di mercato ribaltati per una questione di comodità. Prima dicevi bene, è stato l’edicolante a fidelizzarti tenendoti da parte i DVD… ora invece sono i clienti che devono fidelizzarsi una libreria. Certo, tu sei andata di nuovo in quell’edicola, ma è un contesto diverso. Lavori in una grande libreria di Milano, uno ci può pure tornare varie volte che difficilmente ci fareste caso, se vuoi fidelizzare qualcuno devi inventarti tu (libreria) qualcosa (come l’edicolante ha fatto con te, certo era una situazione molto più semplice la sua). Inoltre se la libreria non potesse restituire tutto il non venduto in tranquillità, e si trovasse quindi a dover scegliere meglio, forse non tutte le librerie sarebbero uguali e forse si fidelizzerebbe molta più gente. Piace a tutti la vita facile, e siamo arrivati al punto di andare a dire ai clienti cosa dovrebbero fare, come dovrebbero impegnarsi loro… cioè IO devo impegnarmi a trovare un modo per darti i miei soldi?? Questa è l’assurdità del mercato di oggi, si sono spostate le richieste su chi aveva e dovrebbe avere solo domande!

    “Vi sembra ridicolo quello che ho scritto? Rileggetelo se volete, io ho solo ribaltato i termini. Provate a guardare le cose con gli occhi dell’editore.” Per l’appunto, ribaltare i termini ribalta tutto, anche il fatto che da un ragionamento serio si passi a un ragionamento ridicolo. Provate a guardare con gli occhi dell’editore?? Ma mai e poi mai!! Io sono l’utente finale, non devo guardare con gli occhi di nessuno!! Pago per un prodotto o servizio, e se non mi piace mi lamento!! Se tu hai i tuoi problemi sarà un tuo dovere farli presenti a chi di dovere, non certo a me!

    “Rinegoziare i diritti d’autore: Spiegando agli agenti degli autori la situazione.
    Voi avete un lavoro. A un certo punto vi dicono che vi riducono lo stipendio. Come la prendete? Se potete permettervi di mandare a quel paese chi vuole ridurvi lo stipendio, non lo fate? E poi siete davvero sicuri che entrambe le parti abbiano voglia di perdere tempo ed energie per ridiscutere di una cosa che doveva essere già acquisita e che probabilmente porterà pochi vantaggi a tutti tranne che a quei pochi lettori che vogliono sapere come finisce la storia? Molto meglio chiudere il capitolo fallimentare e pensare ad altro, credetemi.”.
    No, non lo mando a priori a quel paese chi mi vuole ridurre lo stipendio. Valuto quello che è stato il mio lavoro, e se ritengo che la riduzione dello stipendio sia giusta la prendo e me ne sto zitto. E soprattutto, IMPARO, così da meritare uno stipendio più alto la volta successiva. E sì, ho la voglia di ridiscutere e DEVO avere il tempo, perché io, come tutti, lavoro per l’utente finale e nessun’altro (o almeno così dovrebbe essere). Chiudere il capitolo fallimentare non è meglio, è più semplice!! Il risultato è che perdi clienti e non impari un tubo!

    “A suo tempo mio padre ha scioperato per i diritti dei lavoratori, ha lottato perché tutti potessero ottenere un giusto salario capace di consentirgli di vivere dignitosamente. Quando vedo qualcuno proporre in nome di un proprio bene voluttuario – sì, per quanto io ami la lettura leggere una saga per me è un bene voluttuario se paragonato alle necessità della vita – di tartassare a livello economico gente che lavora per guadagnare i soldi necessari a condurre una vita normale mi viene rabbia.”. Appare quanto meno ridicolo sentire di tuo padre che ha lottato contro chi imponeva certe condizioni di lavoro e tu che lotti contro l’utente finale!! Ancora una volta poi evocando situazioni che hanno ben poco a che fare col discorso, lo spostano su un piano morale cercando di toccare la parte irrazionale dei lettori, perché appunto in quanto ad argomentazioni razionali non c’è poi molto. Addirittura ti poni come la prima a sacrificare la sua passione a tale nobile e prestigioso fine, perché alla fine trattasi di un bene voluttuario. Giusto se ancora non si fosse capito come in tutto l’articolo non fai che cercare di porti su un piano più alto di tutti quelli che citi, senza ovviamente alcuna possibilità di replica. Già la tipologia di articolo, una serie di citazioni contestate senza che i citati siano minimamente interpellati, la dice lunga sul modo di fare.

    “Se è un editore serio e non è con l’acqua alla gola userà i guadagni del bestsellers per pubblicare libri importanti anche se lievemente in perdita”. Ed ecco, per concludere, la frase che rende inutile tutto il tuo articolo. Se un editore è serio il problema non ci sarà. Se un editore ha l’acqua alla gola ed è serio probabilmente cercherà di evitare certi dispiaceri ai suoi lettori, non intraprenderà saghe su saghe per poi interromperle (perché a quel punto non sei né serio né capace, e qui lo aggiungo io). Quindi alla fine tutto il lungo discorso, nato dal fatto che numerose saghe vengono interrotte, porta alla conclusione che ciò accade quando c’è poca serietà, per cui le lamentele di tutti quelli che hai citato non solo sono più che legittime, sono DOVEROSE!!

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    • Il primo pensiero, quando ho visto il tuo commento, è stato “ma quanto ha scritto questa persona?” A volte io mi dilungo, ma in questo caso tu mi superi di gran lunga. Poi, quando ho iniziato a leggerti, sono seguiti l’incredulità e il fastidio. Quello che hai fatto è stato travisare completamente il significato di quanto ho scritto io, attribuendomi pensieri che non ho mai avuto, modificando il senso delle frasi, e liquidando come sciocchezze il risultato dei tuoi travisamenti.
      In un primo momento avevo pensato di risponderti spiegandoti il significato delle mie parole, poi ho deciso di non farlo. Non ho voglia di perdere il mio tempo con una persona che fin dall’inizio si dimostra prevenuta nei miei confronti con frasi come “tu non ritieni offensivi, o meglio che vuoi far credere non siano offensivi, ma che invece lo sono” e “potresti anche essere mossa (onestamente ci crederei poco) da un semplice ed eccessivo fastidio per gli errori”.
      Io non ho avuto intenzione di essere offensiva, e il fatto che tu invece affermi senza alcun dubbio che la mia è solo una facciata mi offende e molto. Subito dopo affermi di non credere alle mie parole. E allora cosa discutiamo a fare? Lungi da me volerti far cambiare idea, vivo benissimo anche senza la tua approvazione.
      Buona giornata.

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      • Fabio ha detto:

        Come ho spiegato, quello che ritengo in realtà conta anche poco. Il punto è che sono comunque frasi che nei lettori possono suscitare facilmente certi pensieri, e quindi già per questo molto discutibili.

        Oltretutto a volte dovremmo capire che l’offesa va la di là dell’intenzione, e si può risultare offensivi anche senza volerlo. Se volete scrivere, su un blog come su un giornale o altro, secondo me avete una responsabilità verso i vostri lettori, e non si è legittimati a scrivere qualsiasi cosa passi per la testa giustificandola poi con un “non era mia intenzione”.

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        • Io non mi sento affatto responsabile per i pensieri che le mie frasi possono suscitare se sono qualcosa che mi è totalmente estraneo. Ogni frase può essere fraintesa in talmente tanti modi che è impossibile prevedere come gli altri la potranno percepire. Scrivo quello che penso e se voglio insultare lo faccio in modo diretto e senza lasciare dubbi.

          Lavoro nel mondo del libro da un bel po’ di anni e la mia intenzione era semplicemente spiegare perché certe convinzioni dei lettori sono sbagliate non perché i lettori sono stupidi ma perché non conoscono certi meccanismi o non vi hanno mai riflettuto sopra. Quelle stesse persone sono sicuramente molto più esperte di me nei loro rispettivi campi, qualunque essi siano. Se parlassimo del loro campo sicuramente sarei io a non sapere un bel po’ di cose che magari per loro sono banali. Partire da loro è stato un modo per partire da percezioni reali e non fare un discorso nel vuoto. Poi se tu vuoi vedere le mie parole come un insulto sei libero di continuare a farlo, non era mia intenzione ma non è neppure mia intenzione convincere tutte le persone che mi leggono a pensarla come me.

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  15. Roberto Menardo ha detto:

    Fa sempre piacere imbattersi in articoli scritti non solo da chi sta dalla parte del cliente/lettore. In certi casi poi sono una vera sorpresa, fai una ricerca su Google per reperire se c’è stata qualche novità sulla ripresa della pubblicazione della serie di Malazan e finisci su un blog con un articolo che parla in maniera esaustiva e approfondita non solo di libri ma anche dei problemi attraversati dagli autori, dei rischi e azzardi degli editori e delle difficili scelte editoriali spesso intraprese sia dagli editori che dalle librerie (tra l’altro in questi anni con la concorrenza online, Amazon e IBS in primis, è quasi un miracolo che ce ne siano ancora così tante aperte… forse lo sconto limite del 15% imposto nel 2011 è stata una delle poche cose intelligenti mai fatte negli interessi dell’editoria… certo forse ha svantaggiato qualche cliente che magari avrebbe potuto bere 3 o 4 caffè in più 😛 ). Ed è stato un doppio piacere leggere quasi tutto d’un fiato questo articolo.
    Non che sia felice di leggere un libro diviso in due parti, nè di apprendere che una saga a cui ero affezionato è stata interrotta. Ma si sa che la letteratura fantasy in Italia è un settore particolare, e di casi come Harry Potter o Il Trono di Spade ne appaiono uno ogni dieci anni (anche se io non le ho proprio lette perchè non erano di mio gusto, mia moglie ha letto Harry Potter e lo ha trovato, troppo infantile; e di Martin ha letto solo il primo volume e non le è minimamente piaciuto)
    Non mi vergogno affatto a dire che se sapessi in quale libreria lavori, verrei apposta per farmi consigliare qualche nuova saga fantasy da te (ti chiedo perdono se mi prendo la libertà di darti del TU). Gli ultimi presi sono stati Il Battesimo del Fuoco di Sapkowski, Il Fuoco di Sangue di Brooks, I segugi dell’Ombra di Erikson e La Rinascita di Shen Tai… Solo 4 libri in tutto il 2014! Una vergogna per noi che abbiamo più di 2000 libri!!! E a proposito di quest’ultimo concludo dicendo che mi hai fatto sorridere quando hai scritto: “quello su cui mi sono impegnata di più è stato La rinascita di Shen Tai di Guy Gavriel Kay. Un terzo delle copie che ho venduto le ho vendute proprio perché io ho messo in mano il libro al cliente dicendogli di comprarlo”… Io quel libro l’ho comprato senza leggere nessuna recensione, nessun commento, senza aiuti o consigli, ho solo letto il piccolo sunto di copertina… Poche volte mi è capitato che un libro mi “chiamasse” a quel modo, ed è stato subito amore.
    Concludo (stavolta davvero!) dicendo che questo blog è finito immediatamente sui segnalibri, non so quanto riuscirò a commentare ancora in futuro, ma se tutti i tuoi articoli sono sullo stesso livello sarà un gran piacere leggerti ancora!
    Ps: auguri di un felice Anno Nuovo!!!!!

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    • Il fatto è che siamo tutti clienti, e quindi è facile lamentarsi quando, da clienti, si trova qualcosa che non si gradisce.
      Anch’io preferirei avere i romanzi pubblicati in un unico volume, e preferirei che i libri costassero un po’ meno, e capisco perfettamente le lamentele dei clienti. Però il mio lavoro mi porta a vedere le cose anche dall’altro lato, e a parlare con persone che investono in prima persona nella pubblicazione dei libri, perciò riesco a vedere le cose anche dal loro punto di vista. Per questo motivo ho scritto quest’articolo, volevo spiegare alcune cose a chi non ha informazioni di prima mano perché si occupa d’altro.

      Sullo sconto pensa che i piccoli editori chiedevano da anni il 10%. Parecchi anni fa, mi pare verso il 2002 o 2003, un decreto legge aveva fissato per un anno lo sconto massimo al 15%, poi il decreto è scaduto e non se n’è fatto più niente fino all’arrivo di Amazon.

      Su Malazan sono pessimista, a occhio non vende abbastanza perché un altro editore possa essere interessato a riprendere la pubblicazione. Si tratta però di una mia ipotesi, non di qualcosa che so con certezza.

      I libri fantastici che vendono di più sono quelli legati a film o serie televisive. Harry Potter, Le cronache del ghiaccio e del fuoco, Hunger Games, Lo Hobbit, Il signore degli anelli (questo vende sempre, ma in occasione dei film anche le sue vendite hanno avuto un’impennata), Divergent e via dicendo. Anche per gli altri generi cinema e televisione sono importanti, ma la narrativa fantastica al di là di una manciata di libri è davvero una nicchia. Rosa e thriller vendono decisamente di più.

      Lavoro alla Mondadori di via Marghera 28 a Milano. Dopo la seconda figlia però ho chiesto il part time quindi incontrarmi non è proprio facilissimo.

      Sapkowski mi piaceva di più all’inizio, ora mi sta un po’ stancando, anche se rimane un buon autore. Con Erikson mi sono persa alla grande (a mia discolpa però devo dire che ho letto il primo nel periodo in cui ho conosciuto mio marito, perciò la mia testa doveva essere altrove), ma non amo neppure il suo stile. Brooks l’ho abbandonato da anni. Ora sono soprattutto su George R.R Martin, Robert Jordan, Brandon Sanderson, Guy Gavriel Kay e Silvana De Mari, ma sono molti altri gli autori che leggo e che apprezzo, se leggi il blog lo vedi perché non mi faccio nessun problema a dire la mia opinione.

      Sono contenta che La rinascita di Shen Tai ti sia piaciuto. Ora Kay sta scrivendo un nuovo romanzo, e io devo trovare qualche altro modo per pubblicizzarlo.
      Quattro libri in un anno però sono davvero pochi, nel 2015 devi rimediare… 😉

      Questo articolo è uno dei più lunghi, ma come puoi notare a volte quando mi metto a scrivere fatico a fermarmi e smetto solo quando proprio non ho più tempo. Sulla qualità dei miei testi lascio a te il giudizio, io certo non posso essere imparziale.

      Grazie per gli auguri e buon anno anche a te e alla tua famiglia

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      • Roberto Menardo ha detto:

        Allora mi sa che sarà estremamente difficile venire proprio nel tuo punto vendita. Io vivo in un piccolo paesino al confine col Piemonte ma lavoro a Milano in Piazza Trento, quindi siete trooooppo fuori mano per riuscire a passare nelle pause pranzo o prima di tornare a casa! Vuol dire che per ora ti seguirò dal blog per i consigli (chissà, mai dire mai, un giorno potrei pure riuscire a passare) 😛
        Quattro libri sono pochi si (vero che non si legge solo fantasy, a casa nostra le nostre librerie spaziano dai classici greci e latini come Omero, Ovidio, Socrate a mostri sacri della letteratura come Tolstoj, Dostoesvky, Preust oltre a poeti come Gibran, Neruda e altri… il fantasy è comunque dominante per almeno metà della nostra collezione) però quest’anno proprio abbiamo trovato ben poco che valesse la pena prendere. Curiosità, quale sarebbe la prossima opera di Kay di cui parlavi? So che c’è stato un seguito di La rinascita di Shen Tai per ora non ancora pervenuta in Italia, è forse quello?
        Grazie a te per gli auguri, a presto.

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        • Io fuori mano? Ma se lavori sotto casa mia! Comunque da qui per andare al lavoro io impiego mezz’ora se vado in bici (quando riesco a sistemarla, fra i miei regali di Natale c’è stata anche una bella foratura), tre quarti d’ora se uso i mezzi pubblici, il che implica che in pausa pranzo la cosa non è fattibile.
          Però ti meriti una tirata d’orecchie, passi per i soli quattro fantasy ma non puoi scrivermi che in libreria hai Socrate, a meno di non riferirti a testi su di lui, perché Socrate non ha lasciato niente di scritto. Platone comunque ha la sua sezione anche da me, mi piace parecchio anche se nel blog credo di non averlo mai citato. Quello che molta gente non capisce quando snobba i lettori di fantasy perché reputa che leggiamo solo robaccia è che in genere il lettore di fantasy è un lettore forte, e molti di noi spaziano parecchio.
          Il seguito di La rinascita di Shen Tai, ambientato qualche centinaio di anni dopo quel primo romanzo, è River of Stars. La rinascita di Shen Tai è del 2010 ed è stato tradotto nel 2012 (nel 2011 lo avevo segnalato all’ufficio stampa Fanucci), River of Stars è del 2013 e ormai dubito che verrà tradotto. No, so che Kay ha iniziato a scrivere un nuovo romanzo, ma non so altro. Lui è molto restio a parlare dei libri su cui sta ancora lavorando, e questo lo deve aver iniziato da poco. Ormai sono arrivata a sperare che dai suoi libri traggano qualche film di successo (diversi sono stati opzionati, ma il tempo passa e non arrivano novità), in caso contrario dubito che Kay avrà la fama che meriterebbe.

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  16. Roberto Menardo ha detto:

    Ma dai? Peccato che il carro attrezzi non te lo posso mandare per una bici, ma così hai capito dove lavoro ;-). Fuori mano si, tu hai 45 minuti di mezzi da casa tua al lavoro. io avrei 45 min di mezzi per arrivare, 20 per tornare a Porta Genova e poi un’ora e mezza di treno per tornare a casa… Arriverei a casa se va bene per le 21.30. Ma una volta ci vengo comunque.
    Le orecchie me le tirerà la mogliettina quando le dirò che ho detto una castroneria su Socrate… la specialista in classici greci e latini è lei. E a tal proposito, poichè hai detto che molti ritengono che i lettori fantasy leggano solo storie per bambini (ricordo ancora in occasione dell’uscita del primo film del Signore degli Anelli, che una giornalista parlava del film citando che esso conteneva tutti gli ingredienti del genere come elfi, nani e FATE… famosissime fate del LOTR!!!) durante una lezione universitaria mia moglie si confrontò con la sua insegnante d’inglese sul tema del fantasy e una ragazza sua compagna di corso giudicò il genere e i lettori infantili affermando che lei aveva letto un libro molto più serio come Guerra e Pace. L’adorabile risposta di mia moglie, che pose fine alla discussione lasciando la compagna senza possibilità di ribattere fu: “E allora? Anche io ho letto Guerra e Pace. 20 volte!”. Questo per confermare quando affermi che molti lettori di fantasy (non tutti, questo è vero) in realtà spaziano moltissimo.
    Peccato per River of Stars, vuol dire che aspetterò news su nuove opere. Il nuovo anno è iniziato, speriamo porti tante buone pubblicazioni 🙂

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    • Avevo immaginato dove lavori nel momento il cui ho letto il nome della piazza. Magari ci siamo anche incrociati qualche volta, se hai visto una mamma correre dietro a una bimba in bici o a due sui roller probabilmente ero io.
      La libreria per te sarà anche fuori mano, ma se parliamo dei nostri orari via mail magari riusciamo a incrociarci per un caffè.
      Ogni tanto scrivo articoli seri in cui cerco di far vedere la profondità che può avere il fantasy, ma ovviamente fino a quando a leggermi saranno solo gli appassionati di fantasy la mentalità generale non cambierà. Poi non tutti i fantasy sono profondi e non tutti i lettori di fantasy spaziano fra i libri, ma questo si può dire parlando di qualsiasi genere.
      Di Kay sono stati tradotti nei primi anni ’90 quattro romanzi, Il paese delle due lune e la Trilogia di Fionavar, magari puoi cercarli in biblioteca o fra i libri usati. Io so che continuerò nella mia campagna per farlo conoscere, magari prima o poi qualche editore riprende a tradurlo.

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  17. luzka98 ha detto:

    Ciao! Trovo il tuo articolo interessante, mi hai permesso di non cadere nella falla di quei lettori che declamano “La casa editrice ci ha traditi!”. Ci sono molti punti interessanti, citarli tutti è difficile ma mi hai colpito per la tua conoscenza e esperienza.
    Leggo assiduamente da quando ho tredici anni, mi piace da sempre scrivere eppure ancora non sono una scrittrice. Fin da piccola mi sono detta “Prima devo leggere, scrivere e crearmi un bagaglio culturale. Poi proverò”. Inutile dire che aspettare crea ansia, le mie prime scritture erano veri orrori eppure ho continuato. Quando hai citato “George R.R. Martin” mi hai messo l’anima in pace, in effetti per scrivere non si può mettere fretta, ognuno ha i suoi tempi e rispettarli è il minimo. Per scrivere bene bisogna conoscere il genere ed essere originali.
    Anche io come molti pensavo che l’ebook non avesse costi, desideravo iniziare a pubblicare così proprio perché è più reperibile eppure esiste la nicchia “Lettori fissi cartaceo”. Leggo raramente cartaceo, se un libro però lo compro in questo formato è perché vale la sua stampa.
    Anche a me scoccia come a tanti non trovare i seguiti, mi vedo delusa ma come hai detto te non abbiamo un contratto con l’editore. Io ho la fortuna di avere iniziato due anni fa a leggere in inglese, spesso ormai i seguiti li leggo così per meno problematiche di tempistiche eppure mi manca le capacità espressive dell’italiano. Mi trovo a ribattere che preferisco l’italiano, sarà perché è una delle mie lingue madri ma qui sono i traduttori i veri artisti.
    Mi sembra molto spesso di notare che i traduttori vengano considerati poco, ammetto che anche io non ricerco gli altri tradotti da loro ma so chi evitare. Capita di trovare chi è incapace, capita però anche che qualche traduttore mi abbia colpito. Così quando ho letto “Tradotto da” ho respirato per davvero.
    Gli editori come ci scrivi te scommettono sulle possibili vendite, hanno basse percentuale di riuscire se guardo i tuoi calcoli, eppure ci sono ancora libri. Mi resta solo da sperare che smettano di rifiutare fantasy italiani, non va bene basarsi sull’America, anche noi abbiamo dei veri talenti.
    Su questo combatto da sempre, sostenere i veri scrittori italiani è importante, emancipiamoci dalle letture straniere e innoviamoci. Un vero editore dovrebbe scommettere sul suo paese, non scommettere solo sulla traduzione del 1 volume forse sicura.
    Non conoscevo la legge italiana sulle stampe, molto ingiusta e assurda. Avete mai visto vendere un libro nuovo in nero? Io no, forse per questo ma se tutti questi libri sono restituiti è assurdo.
    Scusa, ora devo andare, ma quando finalmente deciderò un nome per il mio blog e dove aprirlo riprenderò il mio discorso.
    Buona serata e un saluto da Lucia

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    • Grazie. Ci sono cose di cui io mi sono resa conto solo dopo aver iniziato a lavorare in libreria, aver toccato con mano determinate cifre e parlato con vari addetti ai lavori. I miei commenti nascono da questo, perché la maggior parte dei lettori a livello professionale si occupa di altro e non può conoscere certi meccanismi dell’editoria. La mia idea è spiegare determinate situazioni, ma diverse volte ho visto persone che si arrabbiavano e che non volevano ascoltare nessun tipo di spiegazione, limitandosi a lamentarsi per l’interruzione di una determinata serie. Penso che un’interruzione non piaccia a nessuno, editore compreso che sperava di avere un guadagno e scopre di non averlo affatto. Quando qualcuno come te capisce il senso del mio messaggio mi fa sempre piacere.
      Anch’io ho risolto il problema leggendo in inglese le cose che davvero mi interessano e che non vengono tradotte, ma appena possibile opto per l’italiano sia perché fatico meno sia perché voglio sostenere gli editori italiani. Se non fosse stato per loro non sarei mai diventata una lettrice e non avrei mai scoperto determinati autori, perciò quando lavorano bene è giusto che abbiano un guadagno.
      Che l’ebook non costi nulla è un’idea che hanno in molti, e anche qui è bene fare chiarezza perché non è possibile pensare di trovare ebook – al di là di brevi promozioni – al prezzo di uno o due euro. Le spese ci sono, non quelle di stampa e distribuzione ma tutte le altre, e con un prezzo così basso quanto resta in tasca all’editore?
      Conosco un paio di traduttrici e mi dicono che la situazione è sempre più difficile, tariffe basse e poco tempo per lavorare, poi per forza ci sono gli strafalcioni.
      In bocca al lupo per la scrittura, non è una cosa facile ed è difficile guadagnarsi da vivere così ma se è quello che ti piace fare è giusto che vai avanti senza scoraggiarti e senza metterti fretta. Solo non devi mollare, perché poi è più difficile rimetterti a scrivere.
      Autori italiani ce ne sono, io adoro Silvana De Mari, ma ho letto anche due libri di Francesco Falconi che non sono male. A volte qualcuno riesce ad approdare anche a un grosso editore ma non è facile. Però per quanto gli editori possano dire di non essere interessati a sconosciuti italiani non è vero, nessun editore può campare sempre e solo di autori stranieri già affermati perché prima o poi quei libri finiscono. Se hai prodotto qualcosa che ti sembra valido fallo leggere a qualcuno, ascolta vari pareri e poi inizia a spedire. Basta non fare cavolate e mandare un romanzo a un editore di saggistica o cose di questo tipo, se il manoscritto ha la fortuna di finire sulla scrivania giusta al momento giusto magari la pubblicazione arriva.

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