George R.R. Martin: A Game of Thrones, la graphic novel e le traduzioni

Due puntate per volta, Sky sta trasmettendo Il trono di spade. Secondo me è una scelta sbagliata, si perde il ritmo dei climax, ma non sono io a decidere, altrimenti avrei fatto tante cose in modo diverso. Fra l’altro avrei preferito che avessero optato per una traduzione dei titolo originale del romanzo di George R.R. Martin e dell’omonima serie televisiva, da A Game of Thrones a Il gioco del trono. Sarebbe stata una scelta più corretta, maggiormente rispettosa delle intenzioni dell’autore, e secondo me migliore. Il trono di spade pone l’accento su un oggetto inanimato, realizzato con le lame delle spade dei nemici sconfitti da Aegon il conquistatore. Fa effetto, quel trono, ed è scomodo sedervicisi sopra, ma è comunque un oggetto inanimato. Il gioco del trono pone l’aspetto sul gioco, cioè sugli intrighi che motivano le azioni dei vari personaggi. Sono un titolo e un’impostazione più dinamici e incisivi ma, una volta di più, la traduzione italiana fa perdere sfumature di senso fondamentali. Come il titolo della serie, da noi tradotta come Le cronache del ghiaccio e del fuoco a partire dall’originale A Song of Ice and Fire. Cioè Un canto di ghiaccio e di fuoco.

Un canto, non una cronaca, quindi qualcosa di molto più evocativo. E l’articolo è indeterminativo, un e non il, non si tratta di una storia, di un freddo resoconto, ma di una leggenda, di un mito narrato per smuovere i sentimenti degli uomini. Anche solo da queste parole si perde molto, e si creano aspettative (o non-aspettative) sbagliate, come nel caso del commento postato su ibs il 28/10/2011 da Vale per commentare Il trono di spade. A volte leggo questi commenti per vedere che percezione hanno le persone di una determinata opera e Vale, che assegna all’opera un ottimo 4/5, scrive “Io,che non sono amante delle cronache,devo ricredermi questa volta…”

No, ribadisco, queste non sono cronache, questa è un’epopea, e le gesta narrate in queste pagine, anche se in prosa, sono più da poema che da cronaca. Un poema crudo, sanguigno, che non maschera gli orrori della guerra e i veleni del tradimento, ma che è ricco di magia (anche se all’inizio si fa un po’ fatica a vederla) e le cui atmosfere sono altamente suggestive.

 

Quello della traduzione non è un problema da poco. Il caso più eclatante è quello del cervo trasformato in unicorno nella versione italiana perché l’unicorno è più fantasy. Nel primo capitolo Bran e Robb Stark e Jon Snow trovano alcuni cuccioli di meta-lupo nella neve. La loro mamma è morta a causa della ferita alla gola provocatale dal corno di un animale, Un cervo in inglese, e il cervo è simbolo di Casa Baratheon, quella cui appartiene il sovrano dei Sette Regni, un unicorno in italiano, animale ormai estinto da tempo. E il meta-lupo è simbolo di casa Stark.

Tutti, tranne Ned che non crede nei presagi, vedono in questo un segno negativo, un pericolo forse mortale per Casa Stark legato in qualche modo a Casa Baratheon. L’immagine è rafforzata nei due successivi capitoli dedicati a Catelyn, quando lei associa nella sua mente l’immagine della meta-lupa morta a causa del corno di un unicorno (pardon, un cervo…) alla visita di Robert Baratheon a Grande Inverno.

Un altro problema di traduzione è legato a quello che in italiano è noto come il Primo cavaliere del re, carica che in inglese suona come the Hand of the king. Al di là del fatto che chi ricopre la carica non deve necessariamente essere un cavaliere, la traduzione fa perdere tutta la simbologia legata alla mano. Pensiamo alla collana simbolo della carica nei romanzi, o alla relativa spilla nella serie televisiva. Ma ci sono tante altre cose che non quadrano, Catelyn che ritorna a Grande Inverno alla fine della guerra contro i Targaryen quando in realtà non c’era mai stata prima e quindi in inglese va a Grande Inverno, o un cavaliere di qualche secolo prima diventato una cavaliere (cavaliera?) in traduzione. E ci sono infinite sfumature che si perdono. Tante, troppe modifiche, al punto che molti lettori italiani hanno iniziato a definire questi errori di traduzione “altierate” alterando deliberatamente il nome del traduttore, Sergio Altieri. Un ampio campionario di queste critiche si può trovare qui: http://www.labarriera.net/forum/index.php?showtopic=9200

 

Perché mi sono accanita a parlare di traduzioni? Perché ho appena letto A Game of Thrones N. 1, edito da Italycomics.

Martin è sempre stato un amante dei fumetti, e gli editori di fumetti sono sempre stati interessati alle sue opere. Fra l’altro hanno avuto un adattamento in forma di graphic novel il racconto Sandkings (Re della sabbia), il romanzo Fevre Dreams (Il battello del delirio) e la sceneggiatura Doorways, oltre ai primi due racconti dedicati a Dunk ed Egg, Il cavaliere errante e Spada giurata.

Visto che Italycomics ha tradotto questi ultimi due fumetti (per la verità è una casa editrice nata apposta per pubblicare Il cavaliere errante, e poi ha proseguito il suo cammino nel mondo editoriale) e che mi erano piaciuti, ho deciso di provare a leggere anche la serie tratta da A Game of Thrones, il romanzo meglio noto in Italia come Il trono di spade e Il grande inverno.

Le premesse erano positive. Lo sceneggiatore è Daniel Abraham, grande amico di Martin, scrittore (autore fra l’altro di La città dei poeti) e autore che già aveva collaborato a più riprese con George per la serie Wild Cards, per il romanzo Fuga impossibile e per alcune altre sceneggiature. Inoltre la sceneggiatura, tratta giustamente dal romanzo e non dalla serie televisiva, è approvata dallo stesso Martin, il quale in un’occasione ha fatto modificare una frase perché errata in rapporto a eventi noti per ora solo a lui.

Il primo numero di una serie che in futuro sarà racchiusa in volume unico è stato pubblicato negli Stati Uniti in settembre e in Italia in ottobre. Se siete interessati alle prime cinque pagine (in inglese) potete cliccare su questo link: http://www.dynamite.net/htmlfiles/viewProduct.html?PRO=C725130176431

Il testo è molto sintetico. È ovvio che non poteva essere lo stesso dei romanzi, visto che si tratta di due forme espressive diverse. Una comunica con le parole, l’altra prevalentemente con le immagini. E la presenza dei punti di vista sparisce, il punto di vista è esterno e impersonale, proprio come nel caso della serie televisiva. Però avrei voluto qualcosa in più.

Il prologo nel romanzo italiano è lungo dodici pagine, nella graphic novel solo sette. I tagli sono inferiori nel primo capitolo, che passa da nove pagine a otto. Si perde però davvero tanto, a partire dal rapporto che c’è fra Jon, premuroso nei confronti di Bran alla maturità del giovane Stark alla solennità di Ned. Si perdono i rapporti umani, appiattiti in un testo povero e in disegni deludenti.

Tyrion Lannister visto da Tommy Patterson

Quando avevo visto i primi schizzi realizzati da Tommy Patterson mi erano piaciuti. Qui invece trovo i disegni brutti, e non è un problema legato al fatto che io mi ero immaginata tutto in un altro modo. Non ho lo stesso problema con la serie televisiva come non l’ho avuta con Il cavaliere errante e con Spada giurata o, se è per questo, con l’adattamento di Lo Hobbit di J.R.R. Tolkien. Il problema è qui, in disegni goffi e poco espressivi, in volti che sembrano sempre contratti in una smorfia e in colori, opera di Ivan Nunes, che non rendono minimamente la profondità. I volti sembrano più quelli di statue di cera che di persone reali.

Bocciate le immagini e il testo, boccio anche la traduzione.

Paolo Accolti Gil ha cercato di rimanere fedele al testo di Martin. “La nostra edizione “ ha dichiarato la casa editrice “si differenzia dai libri e dalla serie televisiva italiana per la fedeltà assoluta ai termini e ai nomi originali ideati da George Martin, senza ingerenze e “personalismi” da parte del traduttore.”

Peccato che a volte anche non fare ingerenze sia un’ingerenza. Io ho letto i dubbi del traduttore, per esempio, sul termine direwolf, già tradotto con meta-lupo. Una prima ipotesi di traduzione era stata un orribile megalupo, poi l’opzione è stata quella di usare di volta in volta il termine originale o una traduzione di senso. Ma quando mai le persone parlano così? Ned dice direwolf, Jon traduce il termine in lupo gigante, e da quel momento usano tutti il termine tradotto. Un termine, uno solo, era più che sufficiente. E anche se meta-lupo non era corretto al 100%, era comunque suggestivo, ed era il termine noto a tutti. Nella fantasy siamo abituati ai nomi inventati, se si può parlare di lame di acciaio di Valyria non vedo perché non si possa parlare di meta-lupi.

Qualche pagina più avanti si parla di Riverrun e Winterfell. Cosa? Riverrun e Winterfell? E da quando? E soprattutto, perché?

Sì, so benissimo quali nomi usa Martin, grazie. Ho letto A Dance with Dragons in inglese, quindi sono ben consapevole di quali siano i nomi corretti delle varie località. Ma in italiano io parlo di Londra, o Parigi, o della Germania. Non dico London, o Paris, o Deutschland. I nomi noti da tempo in traduzione dovrebbero rimanere tradotti. E quindi dovremmo poter leggere Delta delle Acque e Grande Inverno. Oltretutto una grossa incongruenza c’è in the Eyrie, tradotto con Nido dell’Aquila come già era avvenuto nei romanzi. E m’importa poco il fatto che in questo caso la traduzione preesistente sia corretta, tradurre solo una parte dei nomi stona. Io avrei tradotto tutti i nomi già tradotti nei romanzi, correggendo solo gli errori e non le libere interpretazioni, ma se la scelta è quella di non tradurre allora non bisogna tradurre. Così, con cambiamenti parziali fatti a saga già nota, si peggiora solo la situazione.

Un problema simile si era già verificato con la saga di Harry Potter di J.K. Rowling. Cosa tradurre e come farlo? E in presenza di una prima traduzione errata, fino a che punto è lecito correggere? Dell’argomento si era occupata Maria Cristina Calabrese in un articolo per FantasyMagazine: http://www.fantasymagazine.it/libri/14548/harry-potter-e-la-pietra-filosofale-nuova-traduzi/, mentre Ilaria Katerinov ha addirittura dedicato un saggio, Lucchetti babbani e medaglioni magici, (http://www.fantasymagazine.it/notizie/8272/lucchetti-babbani-e-medaglioni-magici/) ai problemi posti da una qualsiasi traduzione, specie se il traduttore non sa quale elemento di una saga potrà diventare importante in futuro.

Il fumetto sta vendendo bene. Italycomics ha dichiarato che il primo numero, “uscito in anteprima a Lucca Comics, ha letteralmente infranto ogni nostra più rosea previsione, vendendo almeno cinque volte più di quanto avesse fatto in passato il nostro titolo di punta, Hedge Knight, dello stesso Martin.” Buon per loro, ma io sono rimasta delusa da questo fascicoletto di sole 36 pagine costato 3,50 €, e la mia delusione non è stata minimamente scalfita dal fatto che “l’edizione originale Dynamite è stato il fumetto “indipendente” più venduto del mese scorso e anche il numero 2, appena uscito in USA è andato esaurito ed è stato subito ristampato.”

Probabilmente quando uscirà il volume unico lo comprerò, da fan sono estremamente curiosa su tutto ciò che riguarda Martin e il suo mondo, ma anche se mi sono piaciuti Il cavaliere errante e Spada giurata non mi sento certo di consigliare questo prodotto.

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8 risposte a George R.R. Martin: A Game of Thrones, la graphic novel e le traduzioni

  1. Raffaello ha detto:

    Ciao Martina.
    Lascia sempre un pò di amaro in bocca il trattamento Mondadori del ciclo dello Zio Martin! Anche quest’edizione (i guerrieri del ghiaccio) mostra particolari imbarazzanti…ad esempio i nomi sulla cartina diversi da quelli nel libro. (ad esempio da Posatoio del Grifone a Pensatoio del Grifone).
    Purtroppo questo resta l’unico modo per goderci appieno Martin . La nostra lingua! Per quanto me la cavi discretamente in inglese…leggere un libro intero è lungo e complesso e inoltre…a volte non carpisci ogni particolare e sfumatura.

    Ho finito I guerrieri del ghiaccio questo weekend e ho iniziato oggi Presagi di tempesta 😀 chissà!!!

    PS:…ma questo 5stelle a The way of King di Sanderson? Varrà davvero 5 stelle o a Fm state diventando 1 pò larghi di manica 😛

    Ciao. Buona serata

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  2. Non solo, sulla cartina ci sono sia Riverrun che Delta delle Acque, suppongo siano due luoghi diversi e io non me ne sono mai accorta.
    Considerando quanti indizi Martin nasconde qua e là anch’io sicuramente in inglese perdo qualcosa, non per niente lo sto rileggendo in italiano. Ho letto A Dance with Dragons semplicemente perché leggo troppi siti inglesi, se non avessi letto il libro sarei stata sommersa dagli spoiler come accaduto per Jordan 11. Dopo quell’esperienza ho deciso di leggere Jordan e Martin in originale, e poi di rileggerli in italiano. Ci sono altierate, è vero, ma i libri si leggono comunque molto bene. Ho conosciuto le Cronache grazie alla traduzione di Altieri, quindi è ovvio che magrado gli errori non mi toglie il piacere della lettura.
    Se leggi discretamente l’inglese leggere un libro non è un problema, davvero. Servono un po’ di pagine per abituarsi al linguaggio dello scrittore, magari gli piace qualche termine un po’ insolito, o ci sono termini non di uso comune importanti per la storia, ma si imparano abbastanza in fretta. Io ormai uso il dizionario nelle prime 50-100 pagine del libro, poi leggo senza alcun aiuto. Fra l’altro il contesto ti aiuta a capire il senso delle frasi.
    Come avrai visto I guerrieri del ghiaccio mette in gioco alcuni punti di vista, ma la storia non va molto avanti. Uno di questi giorni scriverò un pezzo – senza grossi spoiler, prometto – su I guerrieri di Valyria.
    Presagi di tempesta è straordinario. Già nel volume precedente molti problemi che si erano trascinati per troppo tempo venivano risolti. Qui due trame importantissime hanno una svolta fondamentale. Harriet con Sanderson ha fatto un’ottima scelta, ma è la trama in sé che contiene alcunu eventi mozzafiato.
    Quanto a Sanderson e alle recensioni, spero che Andrea non sia stato troppo buono. Già tempo fa gli avevo chiesto com’era il libro, visto che ormai sono molto curiosa su tutto quanto riguarda Sanderson. Lui aveva definito il romanzo un capolavoro. Ora ha scritto questa recensione, e spero che il libro sia davvero così bello perchè il mese prossimo Fanucci lo pubblicherà e io lo leggerò certamente.
    Ho letto tutta la trilogia Mistborn, e se la costruzione del mondo mi era sembrata molto valida e originale, le scene d’azione erano spettacolari. In quei romanzi l’elemento magico è davvero insolito, ed è gestito benissimo. Io sono fiduciosa, sperando di non subire una delusione in un prossimo futuro.
    Quanto ai voti positivi, spero che non siamo diventati buoni e basta ma che le recensioni siano valide, e che stronchino quando devono stroncare. Giovedì ne uscirà una mia sul secondo romanzo di Pechov, al quale ho assegnato 2 stelle.
    Il fatto è che ciascuno di noi ha il suo metro di giudizio, al di là di fatti oggettivi come la solidità di un mondo o, al contrario, le incongruenze nella trama, la prevedibilità e ripetitività di una sotira o la sua capacità innovativa e così via, il gusto rimane comunque soggettivo, e non ci si può prescindere. Io non discuto le capacità di Erikson di costruire un mondo, ma dopo due romanzi mi sento di dire che il suo stile non mi piace, e che per me è pesante. Poi come capacità vale cinquanta volte Christopher Paolini, che secondo me era noioso e prevedibile ma almeno scorreva. Su anobii credo di aver dato due stelle a entrambi, e qualcosa mi dice che tu la pensi in modo diverso.
    Ti piacerà Sanderson? Non lo so. A me i due Jordan-Sanderson (sì, ho letto anche Towers of Midnight) sono piaciuti, come mi è piaciuta la trilogia Mistborn. La via dei re scoprirò se è davvero un così bel romanzo in un futuro non troppo lontano.
    Ciao
    Martina

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  3. Raffaello ha detto:

    Beh il Sanderson di MistBorn posso dire di conoscerlo già discretamente. Non ho ancora finito la saga, ma mi manca solo l’ultimo (che mi attende in coda sul comodino). I primi 2 li ho letti e apprezzati moltissimo! L’ultimo mi piacerà sicuramente. La particolarità della magia, i colpi di scena e la resa superlativa degli scontri…sicuramente sono punti notevoli a suo favore. Al momento ritengo Sanderson solo un poco carente nella creazione di un mondo complesso e sfaccettato…il mondo di Mistborn è relativamente piccolino e monotematico se paragonato al mondo Jordaniano…ma sono pronto a stupirmi e ricredermi già con The way of king. Per ora a Sanderson do 4 piuttosto ke 5 stelle!…ma nel futuro chissà!

    Paragonare Erikson a Paolini mi fa venire i grattini ;-D

    In inglese ho letto diverse cose. Ad esempio tutti i racconti di Dunk&Egg e L’occhio del Mondo di Jordan. Al momento (causa dimensione proibitiva del volume di jordan) stò leggendo in parallelo a Presagi di tempesta anche Night of Knives di I.C.Esselmont (scrittore creatore del mondo Eriksoniano insieme ad erikson stesso). Ovviamente è in inglese, ed anche un inglese complesso devo dire…molto più di Martin. In ogni caso mi limito a leggere i romanzi in inglese solo se non pubblicati in italiano. Riesco a capire tutto discretamente, ma non mi godo altrettanto i dettagli!

    Un caro saluto Martina. Attendo al più presto il tuo artucolo sulla seconda parte di ADWD. Un abbraccio. Raf

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  4. Sì, il mondo di Mistborn è poco sfaccettato rispetto alla Ruota del Tempo, ma stiamo facendo un confronto fra una trilogia e una saga in 14 volumi. Vedremo quanto sarà approfondito The Stormlight Archive, visto che conta di scrivere ben 10 romanzi Sanderson dovrebbe avere in testa qualcosa di molto complesso. L’alternativa è la ripetizione continua, stile Goodkind, e mi auguro di no. Anche per me al momento Sanderson è da 4 stelle e non 5, vedremo se in futuro la cosa cambierà.
    Ho assegnato 5 stelle a Presagi di tempesta, dove le parole sono di Sanderson, ma la storia è di Jordan. Le torri di mezzanotte uscirà in gennaio, e a quello conto di dare “solo” quattro stelle per un problema di cronologia gestito, secondo me, non tanto bene. Ovviamente non so cosa avrebbe potuto fare di diverso Jordan, ma nel romanzo c’è una vicenda che mi ha infastidita, e non per la trama. Lo capirai quando ci arriverai.
    I racconti di Dunk & Egg li ho comprati ma non li ho ancora letti. All’inizio anch’io pensavo di leggere solo ciò che non sarebbe stato tradotto, e quindi ho letto tutti i romanzi di Kay. Però ho subito davvero troppi spoiler di La lama dei sogni, e quindi per Martin e Jordan ho deciso di fare un’eccezione. Vedi anche tu quanti articoli scrivo, e per poterlo fare ho bisogno di leggere.
    Ho iniziato A Dance with Dragons quasi tre settimane dopo la sua pubblicazione, e ne ho impiegate due per leggerlo, in quel periodo è stata dura ignorare siti che frequento abitualmente.
    Capisco il discorso dei dettagli, se un personaggio passeggia in un bosco capisco che sta guardando gli alberi, ma mi infastidisce molto non capire se sono querce o pini senza usare un dizionario. Però man mano che leggo il problema è sempre più piccolo, perché il mio vocabolario si ingrandisce.

    Sapevo che l’accostamento Paolini-Erikson ti avrebbe fatto venire i brividi, e non di piacere. L’ho fatto apposta per dimostrarti che le stelle non indicano tutto ciò che c’è da sapere sui libri. Fra l’altro i miei voti su anobii a volte non coincidono con quelli che assegno su FantasyMagazine. Su anobii parlano i miei gusti personali, su FantasyMagazine cerco di far parlare la giornalista che è in me. Sapevo già chi sia Esselmont, anni fa gli avevo anche dedicato un articolo.
    Ciao
    Martina

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  5. stefano ha detto:

    ho letto il primo numero della trasposizione a fumetti della saga di Martin.Che dire?le aspettative erano moderatamente alte (the hedge knight mi era tutto sommato piaciuto),ma da vecchio (abbastanza anche per età)appassionato di fumetti devo dire che sono deluso.disegni pessimi,idem se non peggio i colori.sembra un fumetto marvel di seconda scelta (ma gli americani sanno disegnare?a parte qualche grande come corben o frazetta?)i disegni non comunicano nulla,se non un sapore plasticoso di “un tanto al Kg.”.peccato,una bella occasione persa.avrei visto bene il fumetto disegnato dall’autore di Dago;anche in bianco e nero avrebbe spaccato.di sicuro non comprerò i seguiti(che non costano poco,eh)visto che non sono riuscito a finire di leggere il primo.totalmente insignificanti.rimaniamo con i libri che è meglio. saluti e complimenti per le tue recensioni Stefano

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