Cercando fra le novità

– Sto cercando un libro, è una novità

– Cosa sta cercando?

– Lessico famigliare

– Se sta cercando il libro della Ginzburg non è una novità (precisazione fatta mentre iniziavo una ricerca a computer perché è abbastanza frequente imbattersi in libri diversi aventi il medesimo titolo. In genere facendo il nome degli autori il cliente ne riconosce uno e noi gli diamo il libro di quell’autore)

– Ecco, è questo (e mi fa vedere la foto della copertina sul cellulare).

Una novità. Capito perché tendiamo a dubitare di tutto quello che ci dite? Io qui ho abbreviato un po’ la conversazione, ma nelle poche frasi che ci siamo scambiati il cliente ha specificato una seconda volta che si trattava di una novità. Lessico famigliare di Natalia Ginzburg è più vecchio di me visto che la prima edizione è del 1963, e nemmeno la ristampa è tanto nuova visto che l’ultima edizione è del 2014. In un mercato editoriale che sforna oltre 60.000 libri l’anno, cioè di media oltre 164 libri al giorno tutti i giorni, Natale compreso, un libro non viene ritenuto più una novità dopo qualche mese, e dopo due anni è vecchio. Magari vende ancora bene e quindi continua a essere esposto bene, ma nessuno lo definisce una novità.

La sinossi del romanzo di Natalia Ginzburg:

“Lessico famigliare” è il libro di Natalia Ginzburg che ha avuto maggiori e più duraturi riflessi nella critica e nei lettori. La chiave di questo romanzo è delineata già nel titolo. Famigliare, perché racconta la storia di una famiglia ebraica e antifascista, i Levi, a Torino tra gli anni Trenta e i Cinquanta del Novecento. E Lessico perché le strade della memoria passano attraverso il ricordo di frasi, modi di dire, espressioni gergali. Scrive la Ginzburg: “Noi siamo cinque fratelli. Abitiamo in città diverse, alcuni di noi stanno all’estero: e non ci scriviamo spesso. Quando c’incontriamo, possiamo essere, l’uno con l’altro, indifferenti, o distratti. Ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una frase, una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte, nel tempo della nostra infanzia. Ci basta dire ‘Non siamo venuti a Bergamo per fare campagna’ o ‘De cosa spussa l’acido cloridrico’, per ritrovare a un tratto i nostri antichi rapporti, e la nostra infanzia e giovinezza, legata indissolubilmente a quelle frasi, a quelle parole”.

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